Capitolo 7.

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Sapevo che il campus mettesse a disposizione degli appartamenti per chi non volesse vivere nei dormitori ma penso anche che una delle parti più belle del college sia condividere la stanza con qualcuno, avere una nuova compagna che può anche far da guida e qualcuno da cui ricevere il buongiorno e la buonanotte, insomma, si va da soli, lontano da casa, probabilmente per la prima volta nella vita e chi vuole rimanere completamente in solitudine?

Anche se va beh, stiamo parlando di Oliver ed una cosa che ho capito in così poco tempo è che Oliver è diverso da qualsiasi altra persona io abbia mai conosciuto. Non sono ancora capace di definirlo, di descriverlo, di attribuirgli qualche parola del vocabolario a mia conoscenza.
Oliver è semplicemente Oliver, credo sia questa la definizione perfetta per lui.

 Siamo andati in segreteria a ritirare tutti i documenti che ancora mi servivano, molti più di quel che pensassi, ora li porto sottobraccio mentre Oliver mi precede di qualche passo verso casa sua.
Sembra bellissimo anche di spalle.

"Eccoci qua."
Esclama Oliver quando arriviamo in una serie di edifici tutti uguali appena dietro il campus.
Prende un mazzo di chiavi, apre il portone e lo tiene aperto anche a me quando passo, lo ringrazio.
Prendiamo l'ascensore che ci porta all'ultimo piano, usciamo sul pianerottolo e l'unica porta presente è sul fondo del corridoio, cosa che non mi stupisce per niente.

Oliver continua a precedermi, con le chiavi apre anche la porta di quella che, a questo punto, credo sia casa sua e ovviamente entra prima di me.

"Permesso."
Chiedo abituata.

"Vieni, tranquilla."
Mi dice e mi guardo intorno timida, l'arredamento ha sfumature solo di bianco e nero,  nessun'altro colore.
Il salotto è diviso dalla cucina da un semplice muretto in marmo con un'entrata ad arco ma senza porta.

"Metti pure le tue cose sulla poltrona."
Mi dice appoggiando il capellino Adidas sull'attaccapanni appeso alla parete, faccio come mi dice e poi lo seguo in cucina.

"Okay apri quello che vuoi e guarda cosa possiamo cucinare, o meglio, cosa tu possa cucinare."
Rido e comincio a destreggiarmi nella cucina di Oliver quasi come fosse la mia, apro il frigorifero e mi guardo intorno.

"Posso preparare sicuramente un'insalata con tutta questa roba ma siccome non mi sembri un tipo a cui basterà dell'insalata, posso preparare anche queste bistecche con delle patate?"
Chiedo accovacciata davanti al frigorifero e girandomi verso di lui.

"Si, decisamente carne."
Risponde ridacchiando leggermente.

"Dove posso trovare le pentole, delle ciotole e il tagliere?"
Chiedo poi una volta che ho tirato fuori dal frigo tutto l'occorrente.

"E' tutto nello scaffale in alto a sinistra sopra il frigorifero, almeno, l'ultima volta che ho controllato era tutto li."
Mi fa ridere.

"Non hai mai cucinato qua?"

"No, non sono un'amante della cucina, non ho mai imparato in realtà, questa parte della casa credo l'abbia usata solo mia madre le poche volte che è venuta a trovarmi."
Scuoto il capo ma non aggiungo altro, prendo quello che mi serve dal mobiletto, per trovare i coltelli vado ad intuito ed azzecco subito al primo colpo.

"Posso apparecchiare fuori se ti va."
Mi dice poi cercando di rendersi utile e solo ora mi rendo conto che c'è una porta finestra che da su un terrazzo.

"Mi piacerebbe."
Rispondo prendendo la verdura ed andando a lavarla.

Ci dividiamo perfettamente i compiti, Oliver mi aiuta persino a preparare l'insalata.
E' una situazione che mi piace.
E che mi fa stranamente sentire a mio agio, non mi sono mai trovata in questa situazione con ragazzi diversi da Rhys o da Jake e, soprattutto da più di un anno, non mi rapportavo con nessun essere umano di sesso maschile che non fosse Jake, mio padre, mio fratello o mio nipote.
E mi sembra assurdo trovarmi così bene, così a mio agio, con un ragazzo quasi del tutto sconosciuto e all'apparenza così diverso da me.
Oserei dire l'opposto.

"Okay, passami quei piatti e ci siamo."
Esclamo quando spengo il fornello della carne, Oliver mi passa i piatti dove già ho messo dell'insalata e le patate ed ora metto anche la carte.

"Bene chef, direi che possiamo sederci a mangiare."
Mi dice uscendo dalla cucina e andando sul terrazzo.

"Prendi tu quella più grossa."
Esclamo prima che la dia a me, ridacchia, fa come gli chiedo.

Mi perdo un attimo a guardare la vista mozzafiato che c'è da questa terrazza da cui si può quasi vedere San Francisco.

"E' uno dei motivi per cui ho scelto proprio questo appartamento."
Mi dice quando vede che mi sono persa a guardare il panorama.

"E gli altri motivi?"
Chiedo sedendomi davanti a lui.

Voglio conoscerlo, voglio che mi racconti qualcosa di sè.

"Dovrei raccontarti qualcosa di me, non lo faccio mai."
Mi dice con un sorriso strano.

"Non voglio obbligarti a dirmi qualcosa che non vuoi."

"E' proprio questo il problema Isla Ariel."
Dice e, per la prima volta nei miei soli diciannove anni di vita, il mio nome completo detto da qualcuno non mi fa arrabbiare, anzi, quasi mi piace.
Taglia la carne, ne magia un pezzo.
Faccio lo stesso.

"Quale?"

"Una parte di me vorrebbe raccontarti qualcosa."
Il mio cuore fa una capriola.
Allora non sono solo io a sentirmi in questo modo, non sono solo io a sentire uno strano legame con lui.
"Non lo so perché, non me lo chiedere, sembro pazzo?"

"No Oliver, per niente."
Dico sorridendo, abbasso lo sguardo, prendo un po' di insalata.

Cala di nuovo il nostro silenzio.

"Possiamo fare così."
Esclamo, bevo un sorso d'acqua.
"Puoi dirmi per quali motivi hai preso questo appartamento ed io ti dirò qualcosa di me, qualsiasi cosa tu voglia sapere di me, così ci scambieremo una parte l'uno dell'altra e non sarai solo tu a sentir di aver confidato qualcosa."

Lo vedo sorridere anche se non alza lo sguardo, continua a mangiare.
Non ho fretta, può prendersi il tempo che gli serve.

Non risponde per un po', poi finalmente alza lo sguardo e mi fissa.

"Si, direi che si può fare, è un'idea che mi piace."

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