Capitolo 57.

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"Andiamo a pranzo insieme? Senza andare troppo lontano, andiamo in caffetteria."
Mi chiede Daniel alla fine del laboratorio di arte, per oggi abbiamo finito le lezioni, si sono concentrate tutte questa mattina, dalle otto alle due con una piccola pausa in mezzo.

"Devo pranzare con Oliver."
Rispondo anche se non è vero. Voglio semplicemente andare a casa perché oggi è il 12 Gennaio. E' l'anniversario dell'incidente. Non avrei nemmeno voluto uscire ma non volevo invadere i suoi spazi o il suo bisogno di stare solo. Ma non voglio stare troppo lontana da casa, ha avuto tutta la mattina, e ormai è primo pomeriggio. Sinceramente, poi, non sono proprio dell'umore per stare in giro.

"Non preoccuparti, ci vediamo domani."
Mi lascia il solito bacio sulla guancia, sorrido per cortesia e senza dire altro mi volto per tornare nel dormitorio.

Affondo il viso nella sciarpa per colpa dell'aria pungente che mi colpisce il viso, fa davvero freddo e sinceramente non vedo l'ora di rifugiarmi nel calore dell'appartamento e in un tè caldo anche se non so come sarà la situazione in casa.

Oliver ha momenti di alti e bassi in questi giorni, a volte sta ore senza parlarmi poi dal nulla mi viene ad abbracciare, a volte vuole fare l'amore, altre vuole solamente essere coccolato, altre ancora accoccolarsi alle mie gambe mentre gli canto qualcosa. Lily dice che è normale faccia così in questo periodo, si tratta solo dei giorni intorno al dodici, poi torna ad essere lui. Come se si concedesse di far uscire il dolore solo intorno a questo periodo.

E io faccio ciò che gli serve, cerco di far ciò che posso e mi permette di fare.
Non so se lo stia facendo nel modo giusto ma sinceramente non so bene nemmeno io come comportarmi. Dopo la nostra discussione di tre giorni fa pare non abbia più toccato alcol o, se l'ha fatto, non mentre c'ero io in casa.

Cerco le mie chiavi nella tasca, apro il portone principale e poi, senza una vera ragione, preferisco prendere le scale. Non so nemmeno io perché o forse voglio ritardare il momento in cui entrerò in casa perché inutile mentire, ho paura. Paura dello stato in cui vedrò Oliver, di quello che può dire o fare.

Mi appoggio un attimo alla parete, riprendo fiato dato che arrivare all'ultimo piano non è proprio un'impresa facilissima, soprattutto per una fuori allenamento come me. Un respiro profondo e poi infilo le chiavi nella toppa, giro piano la chiave per fargli capire che sto rientrando.

Non è in salotto e, sinceramente, sono sollevata nel non doverlo affrontare subito rientrata in casa. Mi tolgo giacca, cappello e sciarpa appendendoli all'attaccapanni accanto alla porta, poggio le chiavi sul mobiletto e lascio un secondo la borsa sul divano. Se non è arrivato in salotto significa che non ha nemmeno tutta sta voglia di vedermi e preferisce continuare a stare solo, io rispetto il suo volere. Non è sicuramente uscito perché le chiavi della macchina sono ancora sul mobiletto del salotto e la sua giacca appesa.

Vado in cucina, non ho molta fame quindi mi scaldo solo l'acqua per farmi un tè e scaldarmi un pochino, quando è tutto pronto mi stendo sul divano con una coperta addosso e prendo degli appunti da ripassare che mi porto sempre dietro.

Settimana prossima iniziano i test ed io non posso lamentarmi della mia preparazione, sono in linea con la mia tabella di marcia, nonostante tutti i problemi avuti ultimamente.

Non so quanto tempo passi a studiare prima che senta la porta della camera aprirsi, non gli vado in contro, ne lo guardo perché soprattutto oggi non voglio stargli addosso, qualsiasi cosa si sentirà di fare me lo farò capire.

D'istinto però mi giro di botto quando sento qualcosa cadere e frantumarsi. Balzo in piedi per paura che Oliver si sia fatto male, lo trovo appoggiato a un mobile del salotto, prova a tirarsi in piedi ma in realtà non riesce e perdo dieci anni di vita quando barcolla e quasi cade sui vetri della bottiglia di whiskey che si è disintegrata a terra.

"Stai fermo cazzo, sei pure a piedi nudi."
Lo riprendo cercando di spostare i cocci più grossi prima di andare a prendere scopa e paletta per pulire.

"Faccio io."
Biascica, a malapena capisco ciò che dice.

"Non devi toccare niente, non vedi che nemmeno stai in piedi."
Barcolla ancora e io lascio perdere quello che stavo facendo per paura che mi cada sui vetri. Lo prendo per un braccio facendolo sedere su una sedia li vicino.

"Devi stare fermo Oliver, fermo."
Lo riprendo seria, poi raccolgo i cocci più grossi, mi spavento quando lo sento cadere dalla sedia, nel girarmi di scatto mi taglio.

"Cazzo."
Vado velocemente in bagno per non sporcare troppo in giro, metto la mano sotto l'acqua cercando una benda con cui tamponare.

"Ti sei fatta male."

"Perspicace Oliver, davvero."
Rispondo cercando di non essere troppo cattiva. Quando ho detto che gli avrei fatto affrontare questa giornata come meglio sentisse di fare non pensavo che l'avrei trovato completamente ubriaco nel primo pomeriggio.

"Non te la prendere con me, non ti ho di certo chiesto io di pulire!"

"Ma parli seriamente?"
Mi giro alzando un sopracciglio.

"Sei tu che vuoi sempre arrivare dappertutto quando nessuno te lo chiede."

"Okay, sei ubriaco e fingerò di non aver ascoltato le ultime parole uscite dalla tua bocca. Torna a chiuderti in camera ora."

"Questa è casa mia, l'ospite sei tu e forse te ne dovresti anche andare."

"Come scusa?"

"Si Isla Ariel, hai sentito bene, te ne dovresti andare."

"Tu mi ha chiesto di rimanere con te."

"E non so nemmeno perché l'abbia fatto dato che da giorni non fai altro che rompermi i coglioni."
Questa ha fatto male, so che è la giornata più dura per lui, so che è ubriaco e non lo pensa davvero. So che non lo direbbe mai e so che mi ama più di qualsiasi altra persona al mondo ma questa ha fatto male, male veramente.

"E' quello che vuoi davvero?"
Chiedo facendo qualche passo verso di lui e guardandolo fisso negli occhi.

"Si Isla Ariel, è quello che voglio davvero, te ne devi andare, non ti voglio intorno. Sparisci."
Raccolgo tutta la forza che ho per non scoppiare a piangere davanti a lui, raccolgo velocemente le mie cose, probabilmente nemmeno le ho prese tutte. Quando esco dalla camera le lacrime mi stanno ancora rigando il viso, é seduto sul divano, mi giro a guardarlo, lui mi sta già guardando. Anche da ubriaco mi trova sempre e comunque per primo.

So che avevo promesso che mi avrebbe trovato sempre qua ma è lui che mi ha praticamente cacciato e io non posso reggere oltre, pensavo di essere più forte ma, evidentemente, non lo sono.

"Essere ubriaco fradicio alle quattro del pomeriggio non cancellerà il dolore. Appena la sbornia passerà sarà di nuovo lì, pronto a farti male. E quando la tua cazzo di sbornia sarà passata ti ricorderai anche quanto sei stato stronzo con me. E che non meritavo minimamente di essere trattata così."
Non gli do tempo di replica, esco, sbatto la porta.

Corro velocemente nella mia auto e solo quando mi chiudo qua dentro, lontano da tutto, mi concedo di crollare.

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