Capitolo 1.

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"Sei sicura che non vuoi che venga con te?"
Mi chiede mia madre guardandomi commossa mentre seduta per terra, in giardino, tengo i miei amati nipoti fra le braccia.
Non vedere loro sarà sicuramente la cosa che mi mancherà di più al mondo, nonostante sarò solo a un'oretta da casa e potrò tornare spesso o potranno venire loro.

"No mamma, mi accompagna Jake e ci vediamo fra due settimane."
Rispondo alzando lo sguardo verso mia madre che è particolarmente commossa, cosa che non capita spesso in realtà.

"E' solo che sei la mia bambina ed in un attimo sei diventata così grande."
Le scappa un leggero singhiozzo, credo che complice sia anche la menopausa, oppure non riesco davvero a spiegarmi una tale reazione, anche se sono la piccola di casa.

"Mamma vado solo al college, ad un'ora da San Francisco, non sto andando in Australia."
Mi alzo in piedi con Dylan, il minore dei miei nipoti, fra le braccia per abbracciare anche mia madre.

"Mi mancherà non averti più per casa, non ci sarà più nessuno a parte me, papà e Ginger."
Ginger è il nostro gatto da quindici anni, è stato il regalo di mio fratello Ethan per i miei quattro anni.

In realtà immaginavo che il problema fosse proprio questo, dopo di me in casa non ci sarà più nessuno, io e miei fratelli siamo ormai tutti grandi.

Mio fratello Ethan ha 31 anni e due figli, Dylan e Katrin di 3 e 7 anni, le due piccole pesti che mi hanno rapito il cuore e sono diventate il centro del mio mondo.

Anche lui è andato a Standford, dove andrò io, insieme all'amore della sua vita, Sarah, la sua fidanzata da sempre credo.
Non ho ricordi di mio fratello senza Sarah.
Finiti i tre anni di college si sono sposati e l'anno dopo è nata la mia piccola grande Katrin.

Mia sorella Melody, invece, di anni ne ha 27 e da buona pecora nera della famiglia se ne è andata di casa a 18 anni, non ha frequentato il collegge e due anni dopo ha incontrato Astrid, la donna della sua vita, ha studiato da tatuatrice ed hanno aperto un loro negozio in centro San Francisco che va a gonfie vele.

E poi ci sono io, Isla Ariel Roy, diciannove anni e un grosso punto di domanda sulla mia testa perché non ho letteralmente la minima idea su cosa io voglia dalla mia vita.

Non so nemmeno se voglia veramente andare a studiare matematica a Stanford ma i miei genitori ne parlano da quando sono nata.

Mia madre, Carol Davies Roy,  è un'insegnante di matematica ed io ho ereditato il suo grande talento con numeri, equazioni e parabole. Ho probabilmente imparato prima le tabelline che il nome dei miei fratelli e così, da quando ho più o meno due anni, mia madre ha deciso che sarei diventata un'insegnante come lei perché insomma, un talento come il mio con i numeri non può essere sprecato.
Ho sempre amato di più la musica e la chiatta ai  numeri e alle calcolatrici ma mia madre le considera semplici 'passioni', mentre quello per i numeri un vero e proprio dono.
Quindi non ho potuto fare altrimenti.
Mi piace la matematica, mi diverte ma non se sia davvero ciò a cui vale la pena dedicare la mia vita.

Mio padre invece, Robert  Roy, è un ingegnere chimico, caporeparto in una una delle più grandi aziende biochimiche di tutta l'America ed ha fatto appassionare mio fratello alla chimica fin da quand'era nel pancione di mia madre. Credo che Ethan abbia sempre e solo voluto fare quello nella vita ed è felice di lavorare con mio padre.

Solo con Melody non sono riusciti ad avere particolare controllo sul suo futuro.

Ma Melody fa quello che vuole da quando è venuta al mondo, quasi due mesi prima del termine della gravidanza di mia madre.

Spirito libero che amava il baseball e odiava la danza. All'asilo si tuffava nelle pozzanghere di fango in cortile mentre le altre bambine giocavano con le bambole.
Melody è nata libera e si è sempre comportata da ragazza libera.
E un po' la invidio, perché a volte vorrei assomigliare di più a mia sorella.
Amo Melody, follemente. Siamo davvero due complici.
Credo di essermi ubriacata con lei la prima volta. Anzi, non lo credo, ne sono davvero sicura.
Ho chiesto a lei consigli  per la mia prima volta con Rhys e da lei sono corsa quando sono tornata da New York insieme a Jake col cuore spezzato per colpa del ragazzo che pensavo mi sarei sposata.

Credo che Melody sia la persona che più mi ami al mondo.
Mamma ha sempre detto che ogni giorno da quando le ha detto che sarebbe arrivata una sorellina ha dato il bacio del buongiorno e della buonanotte alla pancia, l'accarezzava e mi cantava un sacco di canzoncine.
E quando sono nata ha voluto subito condividere la sua camera con me.
Credo di essere indissolubilmente legata a Melody.

"Carol mi dispiace ma devo proprio separarti da Isla, ha l'appuntamento al campus con la segreteria e se non lo rispetterà salteranno il suo nome."
Jake mi salva da mia madre che se potesse non mi lascerebbe andare.

"Ci vediamo fra due settimane."
Bacio la fronte a mia madre e do un ultimo abbraccio agli amori della mia vita che mi mancheranno da impazzire.

Gli altri membri della famiglia li ho già salutati, sono tutti al lavoro, tranne appunto mia madre, le scuole non sono ancora iniziate e lei sta con Dylan e Katrin per il momento.

"Sicuro che non ti importi tornare in treno?"
Chiedo guardando il mio migliore amico che per l'andata guiderà la mia macchina.

"Te l'ho già detto mille volte Isla Ariel Roy: no, non m'importa."
Alzo gli occhi al cielo perché ha usato il mio nome completo.
Scoppia a ridere, una risata che mi scalda il cuore.

Jake è nella mia vita da che ho memoria. Da quando spaventata dal portone dell'asilo e da tutta quella folla di bambini non volevo entrare, mi ha vista e senza dire niente si è avvicinato a me, ha preso la mia manina minuscola come la sua e mi ha trascinata dentro con lui a giocare, disegnare, colorare.

Da lì non ha più lasciato la mia mano, siamo sempre stati nella stessa classe, dalla prima elementare all'ultimo anno di liceo.

Ora però non sarà con me. 

Ha deciso di fermarsi un anno, aiutare suo padre nella carrozzeria di famiglia e poi decidere cosa fare davvero del suo futuro.Non voleva rimettersi a studiare, non subito.

La vita senza Jake un po' mi spaventa, è sempre stato il mio punto fermo.
Mi bastava alzare lo sguardo e lo trovavo lì, davanti a me, pronto a darmi consigli, a dirmi cosa fare quando avrei solo voluto gridare.
Però è così.
Forse è giusto così.
O forse no, non lo è.

So solo che salgo in macchina, metto la cintura di sicurezza e no, non mi guardo indietro.

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