INCONDIZIONATAMENTE.

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Sopra ogni cosa.

Sono Ciro.
Sono Ciro e molto spesso mi tocca fare cose che non vorrei fare, come ubbidire mio padre, però spesso e volentieri lo faccio pure pecche o tengo rind o sang, detto italianamente c'è l'ho nel sangue, e' nel mio DNA questa vita, eppur avendo 17 anni non mi importa di cosa ci sia dopo, se ho qualche obbiettivo, qualsiasi, lo faccio, fregandomene delle cose che vengono dopo.
Sono Ciro, e Ciro spesso deve solo dire si quando suo padre parla, però a me nu poco mi piace, sono cresciuto così. E a pensare che mo se ci fosse mammá tutte ste cose non me le permetterebbe, sta vita anche se non c'è la siamo scelti di sicuro non era così, così come? Così dannatamente comandata.
Però io non lo nego, a me piace, eccome se piace, la rabbia, l'adrenalina, il rimorso che dopo ti divora l'anima ma subito dopo va via con un po' di fumo. Mi piace e non lo nego, perché dovrei?.

Chiudo gli occhi poggiando le gambe sul tavolo della cella, precisamente ho la 24, come il giocatore del Napoli, Lorenzo Insigne, spesso ci rido su. IPM carcere minorile e qui che sono già da un bel pò, precisamente 1 anno e 3 mesi.
La gente pensa che io sia matto, ca pe colpa della vita bella che faccio sono un "asino", e io glie lo lascio pensare perché è ciò che mi piace della gente, prenderli per il culo.
Sorriso pensando mentre stringo tra le dita l'ennesima sigaretta di Merit, giro lo sguardo ai lettini e per un attimo immagino che sia il mio letto enorme di casa, ma tengo troppo un immaginazione alla grande.

« Cirù, ma pecchè rir sol tu? »
Lo guardo per un istante e poi tolgo le gambe dal tavolo scuotendo la testa.
« Sto perden a cap ca dint Edoá, ho bisogno di evadere! »
« Eh, me ne so accorto.. »
Entrambi ridiamo stavolta.

Edoardo, 17 anni.

Edoardo è un po' Me ai tempi in cui stavo iniziando a capire cosa fosse una Calibri 38

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Edoardo è un po' Me ai tempi in cui stavo iniziando a capire cosa fosse una Calibri 38.
Edoardo è un po' il mio fratello minore qui, ne ho due o tre ma mi fido solo lui, o almeno fingo di farlo.
« O sai che c'è vuless Eduà? »
« Nu poc e aria fresca.. »
E con aria fresca intendevano Ragazze.
Lo guardai ridere e feci la stessa cosa tornando subito dopo serio.
Dividevamo la cella con altri due ragazzi, Antonio, detto Totò un ragazzo più napoletano dei napoletani e Milos, un ragazzo napoletano ma di origine zingare.
« Che facciamo seguiamo gli altri? »
Annuisco guardandolo e lasciamo la cella andando nel campetto per una partita di pallone, la solita partita prima del bel pranzo che ci offrivano.

Le giornate li erano monotone, l'unica cosa bella che c'era era che quando scendevano le ragazze chi volevo quella mi facevo. E vi giuro che io non le supplicavo nemmeno, bastava sorriderle. Anzi, non sono per niente modesto, ma sono un bel ragazzo, senza offesa a nessuno.
Strinsi la cicca della sigaretta tra le dita che portai alle labbra ispirando del fumo della mia Merit che mio fratello Pietro "dolcemente" mi dava ogni volta che c'era il colloquio.
« Alló Cirù, cosa facciamo domani con quel cretino di Carmine? »
« Lascialo perdere,'per il momento non mi serve il Di Salvo. »
Dissi in modo sgarbato buttando la sigaretta ormai finita sotto alle suole delle mie Nike nere.

Pero' quella giornata era diversa dalle altre, troppo diversa.

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