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"This is a story that I have never told
I gotta get this off my chest to let it go
I need to take back the light inside you stole
You're a criminal, and you steal like you're pro."
WARRIOR – DEMI LOVATO

ABBIE

"Mamma, ti prego mamma smettila!" urlai con tutto il fiato che avevo in gola, tentando di fermarla.

Lei mi puntò le sue iridi inanimate addosso e io mi sentii morire. Non riuscivo più a riconoscerla, era come se la donna che avevo imparato ad amare, la donna che mi aveva cresciuta, si fosse completamente spenta. Lasciando spazio alla figura che avevo di fronte, completamente priva di emozioni.

"Vattene!" urlò lei, spingendomi all'indietro e facendomi perdere l'equilibrio.

Caddi sul tavolino dietro di me, picchiando la testa contro il vetro del ripiano. Un dolore lancinante fu tutto ciò che riuscii a provare in quell'istante, talmente forte da togliermi il fiato e rendermi pressoché impossibile respirare.

Faceva male, male guardarla lì, in piedi di fronte a me e non riconoscerla.

La osservai, osservai come se ne stava retta davanti a me, con un coltello sporco di sangue tra le mani e un espressione soddisfatta in volto.

Faceva paura.

Soltanto in quell'istante realizzai che il coltello non era l'unico oggetto sporco di quel liquido rossastro, le mie braccia ne erano piene e la pelle che le ricopriva, completamente lacerata da tagli profondi.

Lei aveva fatto questo? Mia madre?

"Papà, papà ti prego papà aiutami!" urlai buttando fuori tutto il dolore che stavo provando in quel momento, lì, in quella stanza, con quella donna sconosciuta.

Non arrivò nessuno.

Sapevo che mio padre non era in casa, probabilmente sarebbe tornato dopo qualche ora, finito di lavorare. Eppure avevo paura.

Paura che qualche ora sarebbe stata troppo.

Paura che lei avrebbe potuto farmi ancora del male.

Avevo paura di mia madre.

Spalancai gli occhi improvvisamente, risvegliandomi dall'ennesimo ricordo e sentendo il tocco di una mano bruciarmi la spalla.

"Ehi tranquilla Abbie, sono io, papà", mi sussurrò piano l'uomo di fronte a me sorridendomi.

Annuii ritraendomi dal suo tocco mentre lui abbassava gli occhi sconfitto. Sapeva perché mi comportavo in quel modo e magari non era ciò che voleva per me, ma mi capiva.

Dopo quel giorno a casa da sola con mia madre, dopo tutto il dolore che avevo sofferto in quelle ore, non riuscivo più a farmi toccare da nessuno, assolutamente nessuno.

Mi guardai le braccia e notai che la manica destra era leggermente alzata e osservando attentamente era possibile intravedere una delle tante, troppe, cicatrici che marchiavano la mia pelle chiara. Cicatrici inflitte dalla stessa donna che mi aveva messa al mondo, durante uno dei suoi attacchi bipolari.

"Ho lasciato la mamma col dottore, la sta facendo sistemare nella sua stanza. Vuoi andare a salutarla?" chiese lentamente, probabilmente già a conoscenza della mia risposta.

Non seppi il motivo ma annuii.

Lui spalancò gli occhi e si alzò di scatto, facendomi cenno di seguirlo.

Gli stetti dietro e insieme percorremmo quei corridoi senza vita che erano il reparto psichiatria dell'ospedale più caro di Londra.

Si fermò di fronte ad una stanza, la trecentosettantaquattro, e mi fece cenno di entrare. "Se hai bisogno di qualcosa sono qua fuori. Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno", mi disse annuendo.

Vi leggevo tanto di quel dolore nei suoi occhi, che faceva male guardarlo. Sapevo che era ancora innamorato di mia madre, nonostante tutto e, sinceramente, non riuscivo a capire come fosse possibile.

"Ciao piccola, speravo saresti venuta", la sua voce fin troppo familiare mi accolse non appena misi piede all'interno di quella stanzetta angusta, facendomi venire i brividi.

Continuavo ad avere paura di lei ma dovevo dirle addio, sentivo di doverle parlare un'ultima volta, per essere sicura che almeno per qualche secondo mi avesse amata.

Avevo bisogno di amore tanto quanto ne avevo dell'ossigeno, per respirare. Però ne ricevevo talmente poco che sapere che una delle poche persone al mondo che avrebbero dovuto amarmi in realtà non lo faceva, mi straziava dall'interno.

Annuii voltandomi verso di lei, restando però a circa tre metri dal letto in cui era sdraiata.

"Dai, forza piccola, vieni qui", disse ancora, con tono più fermo.

Scossi la testa non riuscendo a muovere un passo.

Improvvisamente le cicatrici sulle mie braccia presero a pulsare, come per ricordarmi che la causa di tutto il mio male era lì, di fronte a me, mentre io me ne stavo immobile senza fare nulla.

"Piccola, davvero, dovresti avvicinarti", continuò spazientita, facendomi cenno di raggiungerla.

Non ce la feci. Il mio istinto o semplicemente la paura, mi impedivano di fare anche solo il minimo passo verso quella donna.

Più la osservavo, anche in quel momento, meno la riconoscevo.

Quella donna non era mia madre, era qualcun altro, che si era impossessato del suo corpo e aveva deciso di rovinarmi la vita. Di distruggere quelle insignificanti e poche certezze che avevo. Di spezzarmi definitivamente.

E ce l'aveva fatta.

Lei non era più se stessa e io non ero più io. Non ero più niente. Mi ero annullata e tutto a causa sua.

"Ho detto vieni qui!" urlò d'un tratto, facendomi rabbrividire.

La porta alle mie spalle si spalancò e qualche istante dopo le braccia di mio padre erano attorno al mio corpo. Mi stringeva in una morsa che forse per lui voleva significare che per me c'era e che mi avrebbe protetta, ma che per me non significava altro che dolore.

Iniziai a dimenarmi per allontanarlo e ad urlare per costringerlo a lasciarmi andare.

Faceva male il contatto con la sua pelle. Faceva male il calore umano. Faceva male tutto.

Lui si allontanò ed io presi a correre.

Corsi per sfuggire da lei, per scappare dai ricordi e dal dolore che mi causava il tocco di chiunque da quel giorno con lei.

Scappai perché era ciò che ero sempre e solo stata in grado di fare.

Scappai per non affrontare la realtà.

Scappai per non dover ammettere che mia madre mi aveva spezzata e che mai nessuno al mondo sarebbe stato in grado di riaggiustarmi, mai.

Dirty Space.

Come promesso, raggiunte le 350⭐️, eccoci con il nuovo capitolo di 'photograph'.

Con questo capitolo avete conosciuto un nuovo personaggio, la cui vita verrà presto completamente sconvolta dagli eventi. E presto, una nuova forza della natura entrerà a far parte di questo miscuglio di anime.

Siete curiosi di sapere di cosa stiamo parlando? Fate arrivare questo capitolo a 350⭐️ e lo scoprirete.

Un bacio e al prossimo capitolo.

photographDove le storie prendono vita. Scoprilo ora