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SEI MESI DOPO

"It's the way you walk
The way you talk
The way you make me feel inside
It's in your smile
It's in your eyes
I don't wanna wait for tonight."
DAYDREAMIN' – ARIANA GRANDE

ASHTON

Assaporai l'ultima boccata della sigaretta che tenevo tra le dita, prima di buttarla a terra. Era una serata particolarmente mite nonostante fossimo in pieno inverno.

Il Big Ben annunciò l'ultimo rintocco della mezzanotte, facendo vibrare l'aria circostante e riportandomi alla mente che, in quel momento, avrei dovuto essere abbracciato a Bryana, alla sua festa di Capodanno.

Gli scoppi dei fuochi artificiali invasero la notte, insieme alle grida di stupore e agli auguri urlati al vento dalla folla che tarpava le meravigliose ali solitarie di Londra.

Mi avviai lentamente verso l'entrata della metro, scendendo ad uno ad uno quei gradini consumati dal tempo.

Ad ogni passo, non solo mi avvicinavo sempre di più allo svincolo tra le due linee, ma giungevo in prossimità di una decisione che sapevo di dover prendere. Il dovere mi imponeva una scelta, il bisogno di libertà un'altra.

Non so quale parte di me trovò il coraggio di rinunciare a quel familiare nido confortevole in favore di un ignoto ritaglio di cielo, ma, inconsciamente, mi ritrovai a percorrere la via opposta a quella che mi avrebbe portato da Bryana.

Calciai via una lattina, le mani infilate negli skinny jeans neri; la figura sottile e abbronzata di Bryana mi tornò alla mente, un fantasma impegnato a tormentare il mio subconscio.

Sentii distintamente la morbidezza della sua pelle sotto le dita, il sapore famigliare della sua bocca sulla mia, le sue unghie perfette infilate nella carne nell'impeto della passione.

Amore e odio erano andati di pari passo per troppo tempo, soffocandomi. Come un prigioniero in catene in mezzo al deserto, desideravo soltanto acqua fresca, bramavo una pioggia risanatrice, che mi avrebbe salvato la vita.

Il sole bruciante, che di notte chiamavo a gran voce perché riscaldasse le mie ossa gelate, di giorno infiacchiva le mie membra. Appesantiva ogni particella della mia anima e mi portava a fondo, indissolubilmente.

Con la testa bassa, mi infilai tra le porte scorrevoli della metro. Afferrai con una mano il palo giallo del mezzo, che mi avrebbe permesso di restare in equilibrio, voltandomi poi verso le porte che avevo appena varcato, in attesa che la metro partisse.

Non so cosa riconnobbi per primo in lei.

Forse i capelli scuri e spumosi.

Forse la figura snella e slanciata, nascosta sotto una camicia oversize.

Forse gli immancabili e orrendi stivali Ugg, che si ostinava ad infilarsi ai piedi.

O forse, semplicemente, fu il mio cuore, per primo, a registrare la sua presenza, folgorandomi poi le sinapsi e mandandomi in fumo il cervello.

"Gemma!" esclamai, stupito.

Lei si voltò, fornendomi la possibilità di dissetarmi con i morbidi tratti del suo viso.  Vidi la sua espressione mutare dalla curiosità allo stupore. "Ashton!"

Le porte della metro iniziarono a chiudersi: lei mosse un passo verso di me, io verso di lei, ma nessuno dei due decise di lasciare definitivamente il proprio spazio per invadere quello dell'altro.

"Buon Anno!" esclamai ancora, rivelando a tutta la metro la mia indole da idiota. Avevo parcheggiate sulla lingua centinaia di frasi, preghiere, speranze, ma le mie corde vocali furono in grado di dar voce solo a quello stupido augurio.

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