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[Leggete lo spazio autrice, è molto importante.]

"Midnight memories
Baby you and me
Stumbling in the street, singing
Midnight memories
Anywhere we go
Never saying no, just do it."
MIDNIGHT MEMORIES – ONE DIRECTION

ALASKA

Festeggiare il capodanno al lavoro, quando si è una barista, non è poi tanto male.

Alcol a disposizione, musica dal vivo e gente ubriaca che fa cose stupide. Il massimo.

In più era la prima festa privata, organizzata da pezzi grossi, a cui partecipavo lì a Londra. O da qualsiasi altra parte.

Erano giorni che il mio capo organizzava tutto nei minimi dettagli e dava fuori di matto per ogni piccola sciocchezza. Aveva addirittura fatto piangere una delle cameriere e il fattorino: non avevo mai riso così tanto.

Afferrai il rum e lo versai in un bicchiere a tempo di musica, per poi unirlo alla Coca Cola in un frizzante abbraccio di peccato. Adoravo fare i cocktail: mescolare i vari colori, creare nuovi gusti, dosare la dolcezza, erano tutti compiti che mi facevano sentire una piccola artista.

Allungai il bicchiere decorato con qualche fetta di limone alla cliente, una ragazza dalla pelle ambrata bella come una dea, con grandi occhi esotici e un corpo asciutto da modella di costumi. Uno degli angeli di Victoria's Secrets, probabilmente.

Normalmente non avrei spostato morbosamente la mia attenzione da un cliente all'altro, ma sapere che alla festa dovevano esserci personaggi famosi mi aveva esaltato non poco.

Fino a quel momento, di persone conosciute, avevo visto soltanto un cantante di nicchia e una stilista con un cappello grande come una barca in testa. Non tutti avevano voglia di venire autonomamente al bancone a prendersi i drink. Evidentemente i soldi gli appesantivano il culo.

"Tre Mojito", mi comunicò una delle cameriere, leggendo dal suo blocchetto delle ordinazioni. Alla sindrome del culo pesante ovviavano le quattro cameriere in più che Malcom aveva assunto, tutte veterane dalla maschera di ferro, serie come soldati, che non si sarebbero mai lasciate influenzare dalle facce vip. Erano mercenarie impassibili, con cui non avrei mai potuto reggere il confronto.

Forse era per quello che Malcom mi aveva relegato dietro il bancone. Maledetto stronzo.

Mi occupai diligentemente dei Mojito, che in due minuti furono posati sul vassoio della cameriera-sergente, la quale, con passo fermo, si inoltrò nella ressa.

Qualche minuto dopo, qualcuno fece tintinnare il campanello d'entrata facendomi alzare lo sguardo. Nessuno era più arrivato da quando era scattata la mezzanotte.

Quando lo vidi in viso, strabuzzai gli occhi, stupita. 'Volevi il tuo infarto della serata? Eccolo che cammina verso di te', mi sussurrò una vocina insita nel mio cervello.

"Ciao."

"Salve. Cosa le servo?" chiesi con compostezza. Ashton Irwin mi aveva appena salutata.

"Una birra, grazie", disse, indirizzandomi un sorriso e appoggiandosi al bancone.

Io presi un bicchiere e lo ricolmai fino al bordo del liquido ambrato, soffiando via scenograficamente un po' di schiuma e posandoglielo davanti.

"Grazie, Alaska", disse, leggendo il mio nome dal cartellino. Io sorrisi, pulendomi le mani nel grembiule nero con il nome del pub. Feci per voltarmi verso lo scaffale degli alcolici per farmi un shot con qualcosa di forte, quando Ashton richiamò ancora la mia attenzione.

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