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"I look and stare so deep in your eyes
I touch on you more and more every time
When you leave I'm begging you not to go
Call your name two or three times in a row
Such a funny thing for me to explain
How I'm feeling and my pride is the one to blame."
CRAZY IN LOVE – BEYONCE

BLUE

"Si Gemma, stai tranquilla" , cercai di fermare il fiume di parole che la ragazza all'altro capo del telefono mi stava riversando addosso. "Ti ho detto che ci vengo alla festa di Ashton, non ti preoccupare" , dissi piano, per fare in modo che recepisse una volta per tutte le mie parole.

La sua agitazione sembrò finalmente placarsi quasi completamente.

"Ora devo lasciarti, Gem. Ero al supermercato e devo tornare a casa" , dissi, cercando di concludere la telefonata.

Era il compleanno di mio nonno, il mio unico familiare stretto rimasto in vita, e la mia intenzione era quella di andarlo a trovare alla casa di riposo, come facevo ogni qualvolta ne avessi l'occasione.

Gli volevo un bene dell'anima, gliene avevo sempre voluto.

Era stato costretto per uno strano scherzo della natura, o destino (dipende da come lo si voleva chiamare) a crescermi da solo, dopo che uno stupido cancro al seno mi aveva strappata dalle braccia di mia madre a soli pochi mesi di vita.

Non mi ricordavo nulla di lei, sapevo solamente tutto quello che mio nonno mi raccontava, mentre di mio padre sapevo ancora meno. L'unica cosa che mi era stata detta, era che ci aveva lasciate sole ancora prima che nascessi, appena scoperto della gravidanza di mia madre.

Ma sinceramente neanche mi interessava sapere di più di quello che sapevo. Ormai mia madre non c'era più e mio padre non voleva esserci, quindi perché avrei dovuto sprecare un'intera esistenza a struggermi per due persone che non facevano più parte della mia vita, quando c'era così tanto da vedere e da fare nel mondo?

"Blue.. Blue, pronto. Mi senti?" urlò Gemma all'altro capo del telefono, costringendomi a risvegliarmi dalle mie riflessioni e ad allontanare velocemente l'iPhone dall'orecchio.

"Si, scusa. Ero sovrappensiero" , risposi non curante, continuando a pensare a tutto e niente allo stesso tempo.

Chiusi il baule e mi misi al volante, in attesa della fine della chiamata, pronta per partire.

"Tutti sovrappensiero siete ultimamente" , borbottò facendomi aggrottare le sopracciglia.

Stavo per chiederle spiegazioni quando mi ritrovai sbalzata in avanti. Avendo il telefono ancora all'orecchio allungai le mani e le posizionai sul volante, per evitare di sbatterci la fronte. Avevo già appurato che una botta in testa non era di certo una cosa positiva, per niente.

"Ma che cazzo." Imprecai, fiondandomi al di fuori della vettura. "No, non ancora! La mia macchina no..." piagnucolai osservando il retro ancora ammaccato dal giorno della laurea di Gemma, ora completamente distrutto.

"E' una fottutissima macchina d'epoca. O la tratti bene o cade a pezzi!" iniziai ad urlare agitando le braccia. "Perché cazzo non guardi dove vai?" conclusi, alzando la testa di scatto verso il ragazzo in piedi di fronte a me.

"Non ci posso credere" , sussurrai senza parole.

Non era possibile.

"Buffo, no?"

Irritante. Tutto di lui era irritante: quel suo sorrisetto sarcastico, la voce roca e il tono canzonatorio, per non parlare di quella posa da 'io sono importante' con le mani nelle tasche degli skinny jeans e l'espressione da duro.

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