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"And in this labyrinth
Where night is blind
The phantom of the opera is there
Inside your mind."
THE PHANTOM OF THE OPERA - NIGHTWISH


MALI-KOA

Alaska Evans non mi piaceva.

Non mi piacevano le sue curve morbide.

Non mi piaceva il suo perenne buon umore.

Non mi piaceva che Michael l'avesse lasciata entrare nella sua vita con così tanta facilità.

Non mi piaceva la sua sfacciataggine, la sua ironia e la sua palpabile intelligenza. E poi il suo sguardo... così empatico e pieno. Ti faceva sentire nudo, interiormente ed esteriormente.

Sta di fatto che, quando Michael le voltò le spalle e si allontanò seguito da Cal, lasciandola lì in balia della folla, mi venne voglia di rincorrerlo e prenderlo a calci nel culo.

Lui e la sua maledetta corazza.

Era sempre stato così: quando succedeva qualcosa che lo turbava, prendeva tutte le emozioni contrastanti che lo scuotevano e le nascondeva sotto una maschera impenetrabile. Il suo viso diventava di marmo e i suoi occhi sfuggivano al mondo, perché i suoi occhi erano lo specchio della sua anima e mai erano riusciti a celarla. Viso di marmo e pupille di fuoco. Apatia e dinamismo. Avrebbe facilmente potuto essere scambiato per un serial killer.

Senza rifletterci, mi feci spazio tra la folla, raccolta in un brusio concitato, e afferrai Alaska per un braccio, cominciando a trascinarla verso l'entrata del Dirty Shame, lontano dai flash e dagli sguardi incuriositi.

"Mali-Koa..." fece per dire Daryl, ancora in piedi poco lontano dalla porta d'entrata del locale, con quella stupida carta di credito in mano, un espressione un po' sbigottita in volto.

"Vai a farti fottere, Daryl", lo precedetti, superandolo, sempre trascinandomi appresso Alaska.

"Ma... Alaska?" provò anche con lei, ma lei non diede segno nemmeno di averlo sentito. Ragazza assennata: Daryl era fin troppo bravo con le parole.

Una volta dentro mi accorsi che la situazione non era per niente migliore di quella esterna. La gente ai tavoli era voltata verso di noi, silenziosa, curiosa. Evidentemente aveva seguito lo scambio attraverso la vetrata del pub che dava sulla strada.

"Non avete niente di meglio da fare che impicciarvi degli affari altrui?" gridai, facendo adirare non poche signore un po' troppo interessate alla piccola scenetta da telenovela. Ridicole.

"Ora puoi lasciarmi il braccio", mi disse Alaska, con cipiglio vagamente ilare. Peccato non ci fosse niente di divertente.

Io allontanai la mano dal suo braccio e Alaska si diresse immediatamente al bancone, proprio mentre Danny vi si allontanava per andare a servire qualche fetta di dolce.

Vidi il suo sguardo preoccupato sondare il viso di Alaska, per poi incupirsi, evidentemente trovando ciò che aveva temuto di carpire.

Lo osservai dirigersi verso il tavolo a cui appartenevano le ordinazioni e approcciarsi ai clienti con un sorriso, come se il turbamento non facesse parte di lui.

Non mi ero resa conto di quanto Alaska e Danny si assomigliassero, almeno fino a quel momento. Preferivano ingoiare il proprio rammarico piuttosto che farlo pesare sugli altri.

Mi avvicinai anch'io al bancone, sedendomi su quello che ormai avevo proclamato come il mio sgabello personale.

"Vuoi qualcosa?" mi domandò Alaska con un sorriso. Ricercai nei suoi occhi il turbamento che vi avevo percepito qualche minuto prima fuori dal pub, ma non ne era rimasta traccia.

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