9.2

1.4K 349 22
                                    

"Bro, where is your shirt?
Oh shit
What the hell happened last night?
I've got the biggest headache
Yeah, I need an aspirin, my head's killing me
Who was that girl from last night anyway?"
I CAN'T REMEMBER – 5 SECONDS OF SUMMER

DANNY

Mi sentivo osservato.

Probabilmente avrei dovuto sollevare le palpebre, ma in pochi secondi constatai che quel gesto sarebbe stato di molto al di sopra delle mie capacità.

Anche il solo pensare di muovere un alluce mi provocò un brivido di ribrezzo.

Quando il soffio di un respiro caldo mi si infranse sul volto però, non potei far altro che spalancare gli occhi, smarrito.

Per un momento il dolore pulsante alle tempie mi offuscò la vista, ma le mie iridi affaticate riuscirono a riconoscere in controluce i tratti morbidi del viso di una donna, che pareva osservarmi attentamente.

Sorrisi richiudendo gli occhi. "Abigail", biascicai rigirandomi a pancia in sotto su quello che supposi essere un divano di pelle. Estremamente comodo, aggiungerei.

"Sbagliato..." commentò una voce che, decisamente, non assomigliava a quella di Abigail.
Sollevai la testa di scatto, ignorando i tumulti che scatenai nel mio stomaco.

Colsi un paio di occhi castani a mandorla. Capelli scuri bagnati e lasciati liberi di intrecciarsi sulle spalle. Un sorrisetto sarcastico alla Hood sulle labbra.

"Mali-Koa!" esclamai, balzando letteralmente a sedere sul divano.

La giovane era seduta nello spazio tra il divano e il tavolino, le gambe incrociate, l'espressione incredibilmente vigile. Fin troppo vigile.

"Din, din, din. Risposta esatta", mi prese in giro lei alzando gli occhi al cielo, "hai vinto un'aspirina".

"Oh, sì", gemetti, afferrando il bicchiere con disciolto il medicinale salvavita. Mai trangugiata sostanza più paradisiaca. L'ambrosia divina per il post-sbronza. "Qualcuno si sta divertendo a prendermi a calci il cervello".

"Non sarà l'unica cosa che verrà presa a calci se mio fratello ti trova riverso sul suo divano in mutande", considerò lei, indicando le mie gambe nude.

Abbassai lo sguardo sulla camicia nera sbottonata fino a metà torace e indurita dall'alcol che la sera prima ci avevo rovesciato sopra. Dei jeans e delle scarpe di pelle nera non c'era nessuna traccia.

"Abbiamo fatto sesso?" domandai con un sorrisetto sghembo. Dovevo sempre accompagnare ciò che dicevo con un espressione eloquente, era più forte di me.

"Tutta la notte, stallone", rispose la ragazza, impassibile.

"Davvero?"

"No", rispose semplicemente, scuotendo le spalle e allungandomi le mani perché l'aiutassi a rimettersi in piedi.

Un volta in piedi, Mali si diresse con movimenti morbidi verso la cucina, che dava sul salotto.

"Se vuoi puoi fare una doccia, ma non ho vestiti da prestarti. E non credo che gli skinny jeans neri di Calum siano il tuo stile", gridò facendo tintinnare qualcosa in una ciotola. "Prima porta a sinistra", aggiunse poi.

Io mi sollevai, instabile, dal divano, dirigendomi automaticamente alla porta indicatami da Mali. Non ero nella posizione di poter rifiutare una doccia.

Quando fui sotto il getto bollente d'acqua, strizzai gli occhi, concentrandomi sui pochi ricordi della serata prima.

Ero uscito dal palazzo in cui si trovava l'appartamento di Alaska e mi ero fermato sul portico a fumarmi una sigaretta. Fino a lì tutto normale.

photographDove le storie prendono vita. Scoprilo ora