"When you feel my heat
Look into my eyes
It's where my demons hide
Don't get too close
It's dark inside
It's where my demons hide."
DEMONS- IMAGINE DRAGONSLUKE
Salii gli ultimi due gradini che mi dividevano dalla porta da cui era uscita pochi istanti prima Abbie e ripresi fiato, guardandomi indietro. Era corsa su per le scale d'emergenza fino all'ultimo piano e, secondo il cartello che avevo di fronte, fuori da quella stessa porta doveva esserci il tetto dell'ospedale.
Appoggiai la mano cauto sulla maniglia e la abbassai lentamente.
Non appena misi piede all'esterno, un'ondata d'aria mi colpì, facendomi rabbrividire.
Iniziai a guardarmi attorno spaesato, ma di lei nessuna traccia. Il cuore cominciò a battermi talmente forte da impedirmi di respirare regolarmente.
"Ci vengo tutte le volte," la sua voce arrivò debole alle mie orecchie, "qua, intendo..."
Mi voltai di scatto e la trovai seduta a gambe incrociate sulla sommità della piccola costruzione che conteneva le scale d'emergenza dell'ospedale. Aveva lo sguardo rivolto verso l'alto, sia per guardare il cielo che per impedirmi di vedere le lacrime che le riempivano gli occhi, ma io lo sapevo... lo sapevo che stava soffrendo.
"Mi piace qui," ammisi sincero, raggiungendo una scaletta di metallo attaccata al muro e scalandola, per raggiungere la bionda e sedermi accanto a lei, "c'è silenzio. Sembra di essere in una specie di dimensiona parallela", commentai sorridendo, per poi alzare a mia volta lo sguardo verso il cielo coperto di nuvole.
Apprezzavo il silenzio.
Era raro.
C'erano delle volte in cui faticavo perfino a pensare a causa di tutto il caos che circondava me ed i ragazzi.
Non mi lamentavo mai di niente, non ce n'era motivo. Semplicemente a volte amavo non sentire nulla, magari solo l'eco dei miei passi, o il mio respiro regolare poco prima di addormentarmi.
E poi c'era quel silenzio, quello tra due persone, che poteva essere imbarazzante, oppure del tipo che c'era tra me ed Abbie: piacevole. Perché pur non dicendoci niente ad alta voce, ci stavamo raccontando di tutto.
"Mia..." iniziò con voce spezzata. "Mia sorella Jane è morta quando io ero piccola, avevamo solo due anni di differenza."
Decisi di non parlare, un mio silenzio in questo caso le avrebbe dimostrato che ero pronto ad ascoltarla e che, soprattutto, lei era abbastanza importante per me da essere ascoltata.
"Eravamo molto simili: stessi capelli biondi, stessi occhi azzurri, stessa carnagione chiara. Saremmo potute essere scambiate per gemelle, se solo lei non..." Un singhiozzo uscì dalle sue labbra, impedendole di concludere la frase.
Decisi di voltarmi verso di lei e non appena la vidi in lacrime con il viso tra le mani, mi si spezzò il cuore.
Era così fragile; dentro di lei c'era così tanto dolore che faceva male anche solo guardarla piangere.
"Era luglio," cercò di proseguire, asciugandosi le guance con le maniche della felpa che indossava, "stavamo giocando a palla in giardino. Avevo circa cinque anni, lei sette," inspirò a fondo, "lanciai la palla troppo lontana e lei non riuscì ad afferrarla per cui rotolò in strada..."
Mi bastarono quelle parole per capire.
Ero tentato di fermarla per risparmiarle il dolore del ricordo, però sentivo che ne aveva bisogno, aveva bisogno di buttare tutto fuori.. di liberarsi di quel peso che la stava letteralmente soffocando da dentro.
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photograph
FanfictionPoi mi rivolse quello sguardo. Il mio sguardo. Quello di cui avrei voluto possedere una foto, da osservare e riosservare nei momenti bui. Vi riversava tutte le proprie sensazioni e poi me lo donava, in tutta la sua disarmante purezza. "Ti aspetterò...