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"I wanna call out your name
I wanna tell you how beautiful you are
From where I'm standing."
IMAGINATION – SHAWN MENDES

BLUE

"Merda, merda, merda. Blue, Ashton sta venendo qua! Cosa faccio?" chiese Gemma voltandosi verso di me e tentando con tutta se stessa di non fissare il batterista, che ci stava raggiungendo con passo sostenuto.

Le sorrisi maliziosamente. "Seriamente mi stai chiedendo cosa devi farci con lui?" chiesi, ammiccando con le sopracciglia e facendola scoppiare a ridere.

"Giù le mani, fotografa", aggiunse ridendo e dandomi una gomitata amichevole.

Sorrisi osservandola mentre si voltava per incontrare gli occhi di quello stesso ragazzo che aveva preso possesso di ogni suo più insignificante pensiero nelle ultime settimane.

Feci un cenno di saluto ad Ashton, che mi sorrise e dopo aver sussurrato un 'ciao' a Gemma, decisi di allontanarmi, per lasciarli parlare tranquillamente.

Mi guardai attorno, continuando ad avanzare nel giardino e non riconobbi nessuno. Stavo per arrendermi a passare le future ore completamente da sola, seduta da qualche parte, quando andai a sbattere addosso a qualcuno, qualcuno di decisamente alto.

Con ancora lo sguardo basso, pregai in ogni singola lingua che conoscevo che non fosse Harry. Avevo collezionato già abbastanza scontri e situazioni spiacevoli con lui, non mi andava di aggiungere altre stronzate alla lista. Soprattutto dopo ciò che era accaduto l'ultima volta che ci eravamo imbattuti l'uno con l'altra.

ASHTON

La prima cosa che riconobbi di Gemma fu la curva morbida delle spalle, lasciata scoperta dai capelli castani sfumati di biondo raccolti sulla nuca in uno chignon disordinato. Il suo corpo asciutto era perfettamente intuibile anche al di sotto della giacca gessata blu che aveva indosso e dei jeans scuri a vita alta che le fasciavano come un guanto le gambe snelle.

Appena il mio cervello ebbe elaborato la sua presenza ed ebbe esortato le gambe a muoversi, mi spinsi nella sua direzione senza indugio.

La vidi guardasi attorno come alla ricerca di qualcosa o qualcuno, e parve trovare ciò che il suo sguardo bramava quando i suoi occhi si posarono su di me. La sola consapevolezza di essere oggetto della sua attenzione mi fece fremere la pelle.

Sollevai una mano per salutare lei e la ragazza dal sorriso enigmatico che l'affiancava, la quale si allontanò dal fianco dell'amica ancora prima che le raggiungessi. Nel mio campo visivo rimase solo Gemma, le mani nascoste dietro la schiena, un sorriso imbarazzato sulle labbra.

Labbra da osservare. Labbra da studiare. Labbra da baciare, gustare, divorare. Labbra meravigliose.

"Ehi", la salutai, ficcando e mani nelle tasche della giacca per tenerle lontano da quella pelle che agognavano di toccare.

"Ehi", mi rispose lei.

Io la guardai.

Lei mi guardò.

E poi scoppiammo a ridere.

"Mi è mancata la tua risata", mi rivelò lei, forse lasciandosi sfuggire quel pensiero prima che il suo cervello lo potesse filtrare alla bocca.

"La tua per niente, è imbarazzante", la presi in giro, ricevendo un pugno sul petto che incassai ridendo.

"Pezzo di stronzo."

"Allora non hai perso il tuo linguaggio colorito."

"Quello mai. E' parte del mio patrimonio genetico."

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