"I used to wanna be
Living like there's only me
But now I spend my time
Thinking 'bout a way to get you off my mind."
SOMEBODY TO YOU – THE VAMPSGEMMA
Guardai per l'ennesima volta lo schermo del cellulare. Nessun messaggio.Una fitta di delusione mi colpì allo stomaco, facendomi sentire una completa idiota. Ormai avrei dovuto essermi rassegnata.
Eppure, non riuscivo a non guardare il telefono ogni dieci minuti.
"Aspetti una telefonata per caso, Gem?" mi domandò mia madre salendo in macchina, la carte delle visite che il medico le aveva prescritto strette tra le mani.
Infilai velocemente l'iPhone nero nella tasca dei jeans scuotendo la testa e mettendo la cintura di sicurezza.
Sentii distintamente lo sguardo di Anne bucarmi la pelle, ma non cedetti al suo ordine silenzioso di guardarla negli occhi. Sapeva leggermi già fin troppo bene senza che le aprissi le porte dello sguardo.
Misi in moto l'auto, inserii la prima e premetti dolcemente l'acceleratore con la punta dello stivale, inserendomi nella circolazione. Vidi con la coda dell'occhio mia madre spostare l'attenzione da me alla strada davanti a noi e finalmente mi rilassai.
Nella sala d'attesa, avevo avuto parecchio tempo per riflettere su ciò che era accaduto alla festa. Per analizzare in ogni minimo dettaglio quelle scene che mi tormentavano da giorni.
Appena chiudevo gli occhi, l'immagine delle labbra di Ashton che si avvicinavano alle mie, ritornava a bussare alle porte della mia coscienza.
Il suo profumo era ancora marchiato a fuoco nelle mie narici e riaccendeva sensazioni impossibili da reprimere.
Il rumore dei clacson mi riportò con violenza alla realtà, facendomi premere l'acceleratore con foga; non mi ero resa conto che il semaforo era diventato verde.
"Tu non me la racconti giusta", sbottò mamma, gli occhi ancora rivolti davanti a sé.
"Sono solo stanca, ma'." Sapeva che c'era qualcosa che mi turbava, ovviamente. Ma sapeva anche che non era il caso di forzare la mano. Avevo bisogno dei miei tempi.
Fui presa dall'impellente bisogno di restare sola. Volevo solo tornare a casa e passare il mio giorno libero dal lavoro a marcire sul divano, bruciandomi il cervello davanti alla televisione.
Parcheggiai davanti a casa di mamma e Robin, che si trovava in uno dei quartieri più pittoreschi di Londra. Da quando, l'anno prima, i due avevano deciso di usufruire del regalo spropositato di Harry, tutto si era fatto più semplice. Io e mio fratello non dovevamo più affrontare due ore e mezzo di viaggio per stare in famiglia e mamma poteva vegliare da vicino sui suoi cuccioli cresciuti troppo in fretta.
Ovviamente, Anne non ci pensava nemmeno a vendere la nostra casa d'infanzia, anche se passava più tempo a Londra che a Holmes Chapel. Credeva ardentemente che una dimora finisse per custodire almeno l'ombra dell'essenza di una persona. Diceva che ogni angolo di quella casa era un ricordo indelebile e che non avrebbe voluto che altri custodissero i suoi ricordi, le pareva innaturale.
"Grazie di avermi accompagnata, Gem. Spero si sbrighino a ripararmi l'auto", disse, per poi schioccarmi un bacio appiccicoso di lucidalabbra sulla guancia.
"Così puoi romperla di nuovo", commentai e Anne scoppiò a ridere, scendendo dall'auto.
Prima di chiudere la portiera, però, aggiunse: "Chiunque sia il ragazzo a cui stai pensando da tutta la mattina... spero ne valga la pena." E poi si allontanò, salendo le scale per giungere la porta d'entrata.
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photograph
FanfictionPoi mi rivolse quello sguardo. Il mio sguardo. Quello di cui avrei voluto possedere una foto, da osservare e riosservare nei momenti bui. Vi riversava tutte le proprie sensazioni e poi me lo donava, in tutta la sua disarmante purezza. "Ti aspetterò...