capitolo 50

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"Lo senti? Lo senti il mio cuore?"mi domanda dopo aver messo la mia mano sul suo petto. Cerco di non prestare attenzione al calore che emana la sua mano e mi concentro sul ritmo del suo muscolo.
I battiti sono veloci e forti: li sento pulsare nelle mie vene, quasi i nostri ritmi fossero sincronizzati.
"È veloce: questo perché quando si provano emozioni forti il cuore aumenta la velocità dei battiti per far arrivare più sangue al cervello. Il mio cervello è andato, Steph, e lo stesso il mio cuore, tutto merito tuo"mi confessa arrossendo debolmente.
Arrossisco anche io dopo le sue parole e mi avvicino a lui per abbracciarlo.
I nostri petti schiacciati l'uno contro l'altro e le braccia intrecciate dietro la schiena.
Posso sentire il suo cuore esplodere sul mio petto e credo lui possa fare lo stesso con il mio.

Rimaniamo attaccati per un tempo indefinito riflettendo sulle parole appena dette.
"Allora...dove vuoi andare?"gli domando ricordandogli che prima mi aveva chiesto di fare un giro.
"Uhm...pensavo al McDonald dato che nessuno vuole cucinare. Ti va?"risponde.
Annuisco contro al suo petto e lo stringo ancora più forte. Averlo qui, che mi abbraccia, che mi dice frasi dolci e mi confessa i suoi sentimenti è meraviglioso. Chi l'avrebbe mai detto che lo stesso Cameron scontroso di qualche giorno fa fosse anche il Cameron romantico che ho qui accanto?

"Cam..."
"Dimmi"
"Raccontami un po di te"
"Le dieci domande non ti sono bastate?"domanda ridacchiando
"No, direi di no"dico sincera. Non risponde perciò continuo.
"Vorrei sapere, ad esempio...come trascorrevi la vita a New York, parlarmi un po dei tuoi genitori, dei tuoi amici...quello che vuoi"provo a rassicurarlo ma ricevo altro silenzio. Forse pensa che mi stia impicciando troppo e non vuole rispondere.
Amareggiata provo ad allontanarmi dalle sue braccia ma lui non mi lascia, anzi stringe più forte.

Dopo un sospiro dice qualcosa.
"Quando ero piccolo, io e mia sorella, giocavamo spesso nel parco dietro casa. Era un piccolo parco con un'altalena e qualche panchina ma noi ci divertivamo lo stesso. Ci andavamo quasi tutti i pomeriggi e ci passavamo ore ed ore"comincia il suo racconto mentre io lo ascolto poggiando la testa sul suo petto.
"Anche crescendo quel posto era per noi importante e quando avevamo uno bisogno dell'altra ci ritrovavano lì.
Un giorno ci raggiunse in quel parco nostro padre, sai, lui non è mai venuto a giocare con noi. Non stava mai con noi, anzi, preferiva passare il suo tempo a lavorare... o almeno così pensavo"dice con abbassando impercettibilmente la voce.
"Quel giorno ci divertimmo tanto. Lui giocò con noi e alla fine organizzammo pure un picnic tutti insieme.
Tornati a casa nostro padre ci accompagnò a letto, ci diede un bacio sulla fronte e se ne andò guardandoci un'ultima volta per poi chiudere la porta della nostra stanza e uscire"dice Cameron.
"Il mattino dopo trovammo un biglietto sul frigorifero in cui lui diceva di aver bisogno di allontanarsi per un periodo indefinito. Non è mai più tornato. Avevo 10 cazzo anni e Sierra 15. Da quel giorno siamo stati cresciuti dai nostri nonni che ancora oggi ringrazio"termina freddo. Seguono attimi di silenzio in cui nessuno dei due parla.
"A New York andava tutto alla grande. Avevo molti amici e anche una fidanzata"dice cambiando discorso e mi meraviglio della sue confessione. Ricordo che mi ha detto di aver avuto storielle senza importanza e qualche relazione più lunga ma non immaginavo ne avesse una a New York.
"E poi?"chiedo.
Una risata leggera esce dalle sue labbra mentre rimango incantata a sentire quel suono aleggiare nell'aria.
"E poi nulla. Con lei è finita e con gli amici va ancora tutto bene. Ci sentiamo a volte"continua con la traccia di un sorriso sulle labbra che noto quando mi volto a guardarlo.
"Raccontami un po di lei? Di..."
"Tiffany"completa la mia frase.
"Si Tiffany"
"Beh...diciamo che è una ragazza non molta diversa da te. È cocciuta e determinata e sa come ottenere ciò che vuole. Ci siamo conosciuti ad una festa in cui ero ubriaco marcio così lei mi ha portato a casa sua.
Da quella volta ci siamo visti spesso per... sai, quello che fanno i ragazzi... e alla fine abbiamo deciso di dichiararci ufficialmente fidanzati. Per un po è andato tutto bene. Lei era una ragazza abbastanza conosciuta per la sua fama da "ragazza facile" ma secondo me non era così.
Con me era diversa, era sé stessa.
Stiamo stato insieme per circa sei mesi e andata tutto bene ma dopo un po si è allontanata. Preferiva passare il tempo con le sue amiche o così diceva. Ancora oggi non so cosa facesse quando mi diceva di essere uscita con questa o quell'amica... so bene che non era vero: proprio loro mi confessavano di non aver passato il tempo con lei.
Prima di arrivare qui ci siamo lasciati. In realtà l'ho lasciata io perché credevo fosse la cosa migliore. Queste bugie andavano avanti da un po e io non ce la facevo più ma quando gliel'ho detto ha fatto una scenata inaspettata dicendomi che non avrei dovuto farlo. Era cambiata molto ed io non me la sentivo di continuare con lei dopo le ultime litigate e le sfuriate.
Però alla fine sono partito... ed eccomi qua"conclude lasciandomi un morbido bacio tra i capelli che scatena un susseguirsi di brividi in tutto il corpo.
"Quando tornerai di nuovo a casa pensi di riprovarci con lei?"gli chiedo. Lui mi guarda un per un attimo serio ma poi un sorriso gli si dipinge in volto.
"Vuoi dirmi che sei gelosa?"domanda malizioso ed io sollevo lo sguardo al cielo. Era solo cuiosità.
"Non preoccuparti piccola. Perché dovrei lasciare il paradiso per tornare all'inferno?"dice facendosi capire con una metafora. Gli sorriso un'ultima volta prima di baciarlo e lasciarmi convincere dalle sue parole.

Il mio mondo nelle tue mani(COMPLETA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora