Capitolo 46

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TYLER
Una goccia di sudore mi scivola dalla fronte e io me l'asciugo con il braccio. Riprendo fiato e colpisco più forte il sacco di fronte a me. Ogni volta che assesto un colpo sbollisco la rabbia, ma appena stacco i pugni dal sacco la rabbia riprende il sopravvento e mi ritrovo a colpire più forte del dovuto questo stupido sacco. Mi fisso le mani e vedere le mie nocche arrossate mi dà solo più voglia di continuare a colpire il sacco. Vorrei che fosse una persona perché di sicuro mi darebbe molta più soddisfazione lamentandosi e chiedendo pietà, sempre meglio che colpire un oggetto senza vita. Immagino volti diversi, persone che odio e quando compare il volto di mio padre assesto un pugno così forte che quando poco dopo mi fisso le nocche vedo che è uscito un po' di sangue.
Sono arrabbiato, sono arrabbiato per troppe cose, cose successo nel presente e cose del passato che non vogliono restare tale. Mio padre non smette di contattarmi perché vuole vedere me e Lydia, per quando abbia detto precisamente a quello stronzo di "NO" non vuole arrendersi e continua a insistere. Come se non bastasse Cam mi sta ignorando da quando siamo tornati dalla casa al mare di Chad e non capisco il perché, a stento mi parla e non mi guarda neanche negli occhi. Ho fatto o detto qualcosa di male? Cazzo, non credo di essere così rincoglionito da dire o fare una cosa cattiva e non ricordarmela, quindi perché ho l'impressione che mi stia ignorando?
Che brutta sensazione in cui mi ritrovo, non che sia la prima volta, ma ora sembra che io non riesca a gestire la mia rabbia e questo mi mette solo ancora più rabbia. È un loop infinito.
<<Merda!>> ringhio tirando un pugno dritto al sacco e spostandolo di alcuni centimetri, e pensare che per spostarlo ce ne vuole di forza.
Respiro in maniera irregolare e con il braccio mi asciugo la fronte sudata. Sto colpendo lo stesso sacco da quasi un'ora e non mi sento per niente meglio.
<<Tyler>> la persona che ha detto il mio nome ha usato un tono sorpreso che mi fa girare incuriosito di chi possa essere.
I miei occhi si fermano su un uomo più basso di me con i capelli rasati in maniera cortissima, indossa un T-shirt bianca a mezze maniche che mettere in risalto i bicipiti muscolosi allenti costantemente in palestra.
È Jacob l'allenatore di questa palestra. Alzo una mano in segno di saluto e metto l'altra mano sul fianco.
<<Che sorpresa vederti qui>> allarga le braccia fissando velocemente la palestra e sorridendo.
Si porta le mani in tasca e si avvicina a me a passo svelto.
<<Quanto tempo è passato che non ti vedo più qui?>> finge di portare il conto dei giorni sulle dita delle mani, perché sa che è un conto troppo lungo per essere calcolato.
<<Da mesi>> rispondo prendendo il mio asciugamano che avevo poggiato sopra la Lat Machine, e mi asciugo il collo sudato. Jacob non sembra per niente sorpreso visto che vengo in palestra raramente, solo quando ho voglia di sbollire la rabbia in miniera diversa dal picchiare qualcuno o spaccare qualcosa.
All'inizio mi era sembrata una buona idea andare a spaccare qualcosa di davvero molto pesante in testa a mio padre, ma poi ho pensato che forse era meglio sfogare la rabbia con qualcos'altro, il sacco però si è rivelato inutile e l'idea di andare da mio padre mi sta tentando di nuovo.
<<Qual buon vento ti porta qui?>> Jacob si siede su uno sgabello di fianco a me scrutandomi con i suoi grandi occhi neri incuriosito. Non conosco benissimo Jacob ci avrò parlato massimo cinque volte da quando vengo in palestra, ma anche se lo conosco poco so che è un grande impiccione. Il genere di persone che io odio.
<<Allenamento>> mento indicandogli il sacco che prima ho spostato con un pugno.
<<Tu non hai bisogno di allenamenti Kade. Ti ho visto mentre picchiavi il sacco, lo colpivi con rabbia>>
Mi stacco le fasce nere intorno alle mani non staccando mai gli occhi da Jacob.
<<Se mi hai visto prima, perché me lo chiedi?>>
<<Non lo so. Forse perché voglio che sia tu a dirmelo>> impiccione. Alzo gli occhi al cielo e mi sfilo anche l'altra fascia nera dall'altra mano.
<<Mi sfogavo>>
<<Perché?>>
<<Non voglio rispondere a questa domanda>> lui si gratta la nuca e tira un sospiro girando la testa a destra e guardando da lontano un paio di ragazzi che stanno facendo pesi.
<<Ti senti meglio? Sei riuscito a sfogare la rabbia?>>
Mi fisso le mani arrossate e le stringo in due pugni, la mano ferita per fortuna non mi fa più male. Non mi sento per niente meglio, vorrei che fosse così ma non mi sento meglio, la rabbia è il mio sentimento più nemico di tutti gli altri, perché è l'unico che ha la meglio su di me e non riesco a controllare, io odio le cose che sfuggono dal mio controllo. Quando mi infurio quella rabbia potente si insidia in ogni cellula del mio corpo e prevale sulla ragione. Mi domina e liberarmene non è mai stato facile da quando ne ho memoria. Per questo il più delle volte cerco di sfogarmi prima che la rabbia si trasformi in un stadio superiore.
<<Non come immaginavo>> ammetto guardando Jacob e vedo che non è per niente sorpreso, anzi, dal suo sguardo sembra quasi che se si aspettasse questa mia risposta.
<<È normale che tu non ti senta meglio>> aggrotto le sopracciglia incuriosito dalle sue parole e annuisco per farlo continuare a parlare, adesso ha tutta la mia attenzione.
<<Vuoi sfogare la rabbia picchiando il sacco pensando che sia la cosa più giusta, ma non ti sentirai mai meglio così. L'unico modo per sentirti meglio è andare ad affrontare queste cose che ti fanno arrabbiare>>
<<Affrontare?>>
<<Esatto. Invece di colpire il sacco, colpisco questi problemi che ti fanno arrabbiare, solo così potrai sentirti meglio>>
Non mi sembra di aver capito perfettamente, ma credo che voglia dire di affrontare ciò che mi turba. Ci avevo già pensato in realtà, ma se andassi da mio padre sicuramente non risolverei il mio problema con lui pacificamente e finirebbe molto male. Resta il fatto che è un buon consiglio.
<<Lo prenderò in considerazione>> gli sorrido alzando la mano e Jacob mi batte il cinque soddisfatto.
<<Ora rimetti a posto il sacco o il mio capo mi uccide>> dice alzandosi dallo sgabello.
<<Non sei tu il capo di questa baracca?>> questa palestra non è per niente una baracca, ma ho sentito dire che gli dà fastidio quando viene chiama così, e mi piace punzecchiare la gente.
<<Anche i capi hanno a loro volta dei capi, e non chiamarla baracca>> mi avverte mentre si allontana da me per avvicinarsi a una ragazza in difficoltà sotto la panca piana.
In fondo ascoltarlo non è stato proprio così noioso come immaginavo, posso affrontare Cam e parlarle, ma mio padre? Non ho nessuna voglia di rivederlo e neanche di parlargli, per quanto la parte più razionale di me sa che è la cosa giusta da fare, la parte più testarda non vuole collaborare.
Mi volto e vedo una ragazza presa a fare gli squat e quando le fisso il sedere la prima cosa che mi viene in mente è che per me il sedere di Cam è mille volte più sexy e bello. Ha una forma che a me piace e si adatta perfettamente alla forma della mia mano. La ragazza degli squat indossa un reggiseno sportivo ma ha zero tette, immagino Cam al posto suo. Lei starebbe benissimo con addosso un reggiseno sportivo e un paio di leggings neri. Immaginarla in quella maniera mi fa un brutto effetto perché sento solo i boxer che si restringono e prima che qualcuno si possa accorgere della mia tremenda erezione prendo l'asciugamano e corro nello spogliatoio buttandomi dell'acqua congelata in faccia.
Mi fa quest'effetto anche solo pensarla con uno stupido reggiseno sportivo e mi chiedo per l'ennesima volta perché in questi giorni ha cercato di tenersi alla larga da me. Sta di fatto che appena la vedrò glielo chiederò, ma ora devo cercare di levarmi
dalla testa quell'immagine di lei in reggiseno sportivo che fa gli squat di fronte a me, perché mi sta facendo ammattire.
Una volta arrivato nel mio appartamento mi butto subito sotto la doccia sperando che l'acqua lavi via anche tutti i miei pensieri. Dopo aver finito di fare la doccia mi concentro a studiare anche se non ne ho proprio voglia. Per quanto io cerchi di concentrarmi i miei pensieri vagano per fatti loro. Dopo una decina di minuti mi arrendo e chiudo i libri andandomi a sdraiare sul divano.
Prendo il telefono e leggo alcuni messaggi che sicuramente ignorerò come quelli di mio padre e quello che mi ha inviato ora Gemma.
"Io sono libera, quando vuoi divertirti chiamami"
Poco dopo mi manda una faccina che fa l'occhiolino. Elimino il messaggio e rimetto il telefono in tasca ma non prima di aver messo alcune canzoni in sottofondo, questa casa è troppo grande ed è troppo vuota, c'è troppo silenzio.
Forse è il caso che io cambi numero di telefono, ho troppi messaggi indesiderati da gente che neanche sopporto. Vorrei che fosse lei a inviarmi un messaggio ma so che non ha il mio numero e mi chiedo in tutto questo tempo come non ci è passato per la mente di scambiarcelo. In biblioteca capivo che voleva starsene lontana da me come anche lunedì a lezione quando cercava di non rivolgermi la parola.
Proprio non sopporto che non mi parli, se fosse stata un'altra me ne sarei fregato, ma mi dà fastidio che sia proprio lei a farlo e perlopiù senza un motivo. Allungo il braccio e afferro il libro sul tavolino di fianco a me e inizio a sfogliarlo.
Il libro che io ho preso a Cam e ora lei lo ha prestato a me. Ricordo che mi comportai da idiota quel giorno quando le ruppi il libro, ma lei mi fece infuriare e non sopportavo che ignorasse me ma desse attenzioni a quello sfigato quattr'occhi.
Il giorno dopo con i sensi di colpa presi il mio libro e glielo regalai. Cam pensa che io lo abbia comprato, ma non sa che questo è il mio libro e che tenevo conservato da anni. Un libro pieno di ricordi, ma ormai non lo toccavo quasi più e che stava facendo la polvere quindi l'ho ceduto a lei. Probabilmente per com'è fatta se gliel'avessi detto non lo avrebbe accetto, quindi ho preferito che lei pensasse che fosse nuovo. Avvicino il libro alla faccia e annuso il suo profumo perché ora il libro ha il suo dolce profumo, mi ritrovo a chiudere gli occhi e a pensare a lei mentre inspiro il suo odore da questo libro. È strano pensare che qualcosa che era mio ora ha il suo odore, è come se una parte di me fosse diventata improvvisamente sua e le appartenesse. Lo allontano dalla faccia e inizio a sfogliarlo e a leggere alcune parti. Non ho mai amato i libri d'amore, anzi, li ho sempre criticati ed evitati ma questo è diverso, forse perché lo legge anche lei...o forse perché me lo leggeva mia madre quando ero piccolo. Guardo l'orario e quando sento che il mio corpo sta diventando un tutt'uno col divano decido di alzarmi.
Mi passo una mano tra i capelli e sbuffo pensando che dovrei andare a parlarle. Non ho neanche bisogno di pensare a che fare che afferro le chiavi della macchina e mi precipito fuori l'appartamento. So benissimo che il fatto che io stia andando da lei non è per parlarle della questione del perché lei mi stia ignorando, forse un po' per questo, ma è soprattutto per il fatto che voglio vederla, anzi, sto fremendo dalla voglia di vederla.

Non odiarmi perché ti amo..[COMPLETO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora