Capitolo 66

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   CAMRYN

Avevo bisogno di qualcuno che mi gridasse in faccia. Per quanto può sembrare pazzo è stupido, io ne avevo davvero bisogno. Tutto dentro di me, dentro la mia testa, mi stava urlando così forte che solo l'urlo di rabbia di Tyler ha messo le altre grida a tacere.
Sono quasi le undici di sera quando mio zio, dopo aver riaccompagnato la nonna a casa per riposare, viene verso di me.
<<Avete già prenotato l'hotel?>>
<<Hotel?>>
<<Non penserai mica di passare la notte qui?>> annuisco e lui si acciglia.
<<Tua madre mi ucciderebbe se ti lasciassi dormire qui in ospedale. E non lascerei mai mia nipote farlo. Passerò io qui la notte è già stato deciso.>> usa un tono freddo per farmi capire che la discussione è finita e che non posso disobbedire.
<<Se vuoi chiamo io un hotel nelle vicinanze>>
<<Me ne occupo io>> si propone Tyler. Mio zio annuisce e lo ringrazia. Tyler prende il telefono e dopo aver cercato su internet un hotel vicino compone il numero e si allontana per parlare a telefono.
<<È il tuo ragazzo?>> mi chiede. Non rispondo, non saprei che dire. Non ho voglia di dire una bugia, ma neanche la verità. Mi vado a sedere su una delle sedie nella sala d'attesa. Mio zio fa lo stesso, ma prima prende un giornale sul tavolino di fronte a noi e quando si siede inizia a sfogliarlo.
Avrei tanto voluto passare la notte qui vicino mia madre. Ma forse non avrei neanche chiuso occhio. Ripenso alle parole del dottore. Potrebbe avere ripercussioni gravi per sempre. So che non è sicuro, ma anche se ci fosse l'1% di possibilità che questa cosa accada mi fa star male. Alzo lo sguardo e fisso una coppia che sta parlando con una dottoressa. Lei deve dire qualcosa di davvero brutto ad entrambi per far piangere la donna che abbraccia l'uomo e singhiozza. Quello era il mio stato poco fa. Vederlo da fuori mi fa rabbrividire.
<<Hotel prenotato. Quando vuoi possiamo andare>> dice Tyler posando il telefono in tasca.
<<Cara, meglio se vai, se ci dovessero essere delle complicazioni ti chiamerò, tranquilla>> mi dice posando il giornale sul tavolo è alzandosi per salutarmi. Lo abbraccio. Riecco quell'odore e quei ricordi che ne seguono.
<<Torneremo domattina presto. Saluta la mamma da parte mia>> lui annuisce. Mi stacco da quell'abbraccio e seguo Tyler fino e fuori l'ospedale. Metto le mani in tasca sentendo freddo. Ma non credo sia per colpa della temperatura, tutta questa situazione mi ha messo i brividi. Saliamo in macchina e, grazia al navigatore impostato sul telefono di Tyler, arriviamo in poco tempo. Per tutto il tragitto nessuno dei due ha detto una parola, l'unica voce è stata quella del navigatore che ci indicava la strada.
Ha preso l'hotel più vicino e per questo gliene sono eternamente grata. Almeno così in qualche modo mi sentirò più vicino a lei. Nel caso ci fossero davvero delle complicazioni arriveremo subito all'ospedale. Spero davvero che non ci sia nessun tipo di complicazione. Parcheggiamo, e quando scendiamo Tyler prende il borsone con la mia roba dal cofano. É un hotel a quattro stelle, non mi piace che abbia prenotato un hotel così costoso, ma credo fosse l'unico davvero vicino. Penso che forse sia meglio così, che io non dorma in ospedale, perché probabilmente quell'odore mi avrebbe ucciso prima dell'alba, eppure sotto, sotto mi sento in colpa ad abbandonarla, anche se so che mia madre non la pensa così.
Arriviamo nella hall dell'hotel. Tutto è impeccabile all'interno. Sul soffitto ci sono troppi lampadari in perle e sul pavimento ci sono raffigurazioni di divinità dell'antica Grecia. Ci avviciniamo al bancone dove vi troviamo un signore in giacca e cravatta che sta scrivendo non so cosa su un foglio. Tutti qui sono vestiti in maniera fin troppo formale e forse in un'altra occasione mi sarebbe importato del mio aspetto trasandato, ma ora non me ne importa proprio niente.
<<Ho chiamato prima per la prenotazione di una camera>>
<<A nome di chi?>> chiede il signore senza neanche alzare lo sguardo verso di noi. Ha un marcato accento inglese, e anche i suoi grandi baffi ingialliti gli danno l'aspetto di un'inglese snob.
<<Kade>> il signore digita sul computer e io continuo a guardarmi intorno. É un posto così grande bello, ma ora l'unica cosa che voglio è che venga subito domani.
<<Trovato>> il signor Bert, leggo il nome sulla targhetta che tiene attaccata alla tasca della giacca, si gira verso il pannello con tutte le chiavi affisse sopra. Guarda un po' le chiavi e poi ne prende una. Gli diamo le nostre carte d'identità e dopo averle viste ce le restituisce.
<<Stanza 19B primo piano>> posa la chiave sul bancone e Tyler lo ringrazia, probabilmente lo fa anche al posto mio. Mi chiedo senza di lui come avrei fatto a tirare avanti queste ore. Cavolo, sono passate solo delle ore e a me sembra passata una giornata intera. E pensare che neanche sette ore fa stavo con i miei amici in un locale a festeggiare il mio compleanno. Nella mia vita funziona sempre così, un giorno festeggio e il giorno dopo succede qualcosa che stravolge tutto.
Saliamo le scale e percorriamo metà corridoio. Un corridoio con la moquette. Odio la moquette. Spero che in camera non ci sia. Arrivati davanti la porta Tyler caccia le chiavi dalla tasca e apre la porta. Posa la valigia all'entrata e accende la luce. La stanza ovviamente è enorme, ma viste le dimensioni dell'hotel era scontato che le stanze non fossero da meno. La prima cosa che noto è il letto matrimoniale. Non mi dispiacerà dormire vicino a lui. Forse sarà proprio grazie a questo se stasera riuscirò a chiudere occhio. Una cosa brutta è che anche la stanza ha la moquette a terra, ma me la farò andare bene, ora l'ultima cosa che voglio fare è lamentarmi. Prendo la mia borsa all'entrata e la poso sul letto.
<<Come ti senti?>> mi chiede sedendosi sul letto. Almeno Dormiremo insieme, ripenso ancora. L'unico pensiero positivo che riesco ad avere da qualche ora. Cercherò di ripeterlo spesso in mente cercando così di scacciare il penserò di mia madre in ospedale, anche se è una cosa quasi impossibile da fare. Mi sento impotente.
<<Bene, ma non benissimo>>
<<Direi che è meglio dello stare male giusto?>>
<<Forse>> apro il borsone e caccio il pigiama. Mi siedo anche io sul letto e tolgo le scarpe buttandole per terra.
<<Io sono sicuro che tutta questa storia finirà bene>>
<<Da quando sei così positivo?>>
<<Da quando ho deciso che non voglio vederti più piangere>> mi giro per guardarlo. Posa la mano sul letto vicino al letto per farmi capire che vuole che io mi vada a sedere vicino a lui. Mi alzo e mi avvicino a lui. Tyler mi prende per i fianchi e mi spinge in braccio a lui.
<<Non voglio più pensare a mia madre su quel dannato letto d'ospedale>> ammetto.
<<Come posso aiutarti a distrarti?>>
<<Cerchiamo di non parlarne, okay?>> annuisce. Poggia la testa sulla mia spalla e io gli accarezzo i capelli. Sembriamo davvero una coppia. Tra di noi c'è sempre la parola sembriamo e mai un definitivo siamo.
<<Perché hai mentito a mia mamma?>>
<<Non lo so. Volevo vedere cosa si provasse ad avere una ragazza>>
<<Ah>> sapevo che l'avesse fatto non perché lo voleva davvero. Non voglio continuare a parlarne. Non ho neanche la forza di rimanerne delusa, in una sola giornata ho provato troppe emozioni diverse tutte in una volta.
<<Meglio andare a letto>> mi stacco da lui e vado a mettermi il pigiama in bagno. Posso dire che sono così abituata al pensiero che tra me e lui non ci sarà mai niente che ormai non soffro neanche più. Forse tutta questa storia mi ha anestetizzato così tanto che al momento nient'altro può turbarmi. Esco dal bagno e piego i vestiti mettendoli nel borsone. Tyler si è sfilato la maglia e anche i pantaloni.
<<Carino il pigiama>> mi dice.
<<Anche il tuo>> gli strappo un sorriso, ma io non sorrido. Mi metto sotto le coperte e chiudo la luce.
<<Buonanotte Cam>>
<<Notte>> lo sento girarsi nel letto e darmi le spalle. Io chiudo gli occhi pregando che il sonno arrivi presto. La questione del mio compleanno e tutta questa storia mi hanno stancato così tanto che riesco a chiudere subito gli occhi e a dormire.

Non odiarmi perché ti amo..[COMPLETO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora