TYLER
Sapevo già chi avrei scelto per dividere questo incarico, è stata la prima persona che ho pensato appena mi è stata comunicata la notizia. Non lo faccio perché io voglio davvero dividere tutto ciò con lui, lo faccio solo perché è l'unico che conosco in grado di gestire una cosa del genere. Ho lasciato Cam dormire, e ora mi sto dirigendo da mio padre. Non ho voluto svegliarla, cercherò di tornare prima del suo risveglio. Parcheggio la moto ed entro nell'edificio con in mano il contratto da fargli firmare. Vengo però fermato all'entrata da due guardie muscolose.
<<Che vuoi ragazzo?>> bella l'accoglienza qui. Mi ricorderò di dare cinque stelle alla recensione.
<<Sono qui per mio padre>> rispondo cercando di superarli, ma loro mi si parlano di fronte per non farmi proseguire.
<<Lui è con me, lasciatelo passare>> dice una donna in lontananza che si rivela essere Amelia. Si avvicina a passo svelto verso di noi cercando di non cadere sui suoi tacchi a spillo.
<<É con me>> ripete affannata per la corsa, le guardie si scambiano una veloce occhiata e poi si spostano. Amelia mi afferra per una manica e mi trascina fino all'ascensore.
<<Avevi il mio numero, potevi avvisarmi che venivi, avremo risparmiato quel teatrino>>
<<É stato divertente>> mento ma la sua faccia di pazienza mi strappa un sorriso.
Amelia preme il bottone con il piano dove si trova l'ufficio di mio padre, anche se io non le ho detto niente, ma in fin dei conti sa anche lei che verrei qui solo per lui.
<<É da un po' che non ti vedo. Che ti serve da tuo padre?>>
<<Chi ha detto che mi serve qualcosa? Non potrebbe solo mancarmi?>> alza un sopracciglio. Okay, non è stupida. Capendo che è anche abbastanza sveglia decido di starmene zitto per non sparare altre stronzate.
Quando arriviamo di fronte al suo ufficio Amelia bussa, ma niente. Bussa un altro paio di volte ma nessuno risponde. Non dirmi che quello stronzo non si è neanche presentato a lavoro. Amelia guarda l'ora sul suo orologio.
<<Deve essere in riunione>>
<<Dove si svolge la riunione?>>
<<Nell'ufficio numero 40>> inizio a girare per i corridoi vedendo il numero inciso su ogni porta, finché non mi ritrovo di fronte la stanza numero 40.
Sento il rumore dei tacchi di Amelia dietro. Corre ma non riesce a raggiungermi.
<<Tyler, non puoi entrare>> mi avverte, ma è troppo tardi. Apro la porta di schianto. La stanza è piena di signori anziani con vestiti eleganti seduti intorno un tavolo, si girano all'unisono verso di me. Passo velocemente lo sguardo su ognuno di loro fino a quanto non vedo mio padre. Amelia si mette di fianco a me e la vedo posarsi una mano in fronte.
<<Devo parlarti>> dico rivolto a mio padre. Lui mi sembra abbastanza arrabbiato, anzi, molto arrabbiato. So che sta trattenendo la rabbia. Mi piace questa cosa di farlo arrabbiare.
<<Tyler sono in riunione>> mi avverte. Me ne sono accorto, idiota, solo che non me ne frega nulla di quello che stai facendo.
<<Chi è questo ragazzo?>> chiede un signore abbastanza anziano in giacca e cravatta, credo sia il capo di tutto questo edificio.
<<É mio figlio>> risponde lui senza staccare gli occhi da me. Se pensa di intimidirmi col suo sguardo si sbaglia di grosso.
<<I vostri problemi di famiglia andateli a risolvere fuori da questo ufficio>> mio padre si alza di scatto dalla poltrona e viene verso di me a passo svelto. Io sono costretto a indietreggiare e quando lui chiude la porta alle sue spalle parlo prima che faccia la sua sfuriata.
<<Non sono qui per litigare, devo parlarti di una cosa seria>> la vena sul suo collo inizia a sparire e le sue spalle iniziano a rilassarsi.
<<Sara meglio che io vada>> dice Amelia iniziando ad andare via.
<<Con te farò i conti dopo>> la minaccia mio padre. Che stronzo.
<<Lei non c'entra niente, lasciala stare>> mi allontano da lui e mi avvio verso il suo ufficio. Entriamo e subito mi vado a sedere su una delle due poltrone come se fosse casa mia. Lui, naturalmente, dietro la scrivania. Bravo, mantieni questa distanza.
<<Cos'è successo?>> gli sbatto il contratto sul bancone. Lui abbassa lo sguardo e inizia a leggero. Deve leggere davvero molto lentamente perché quando finisce di leggere sento che la mia pazienza è quasi finita.
<<Non posso farlo>> dice alzandosi e dandomi le spalle per vedere la splendida vista che c'è da qui.
<<Devi farlo>> mi impongo.
<<Tyler non è che non voglia farlo per ragioni personali, non posso farlo perché io ho già un lavoro>> apre le braccia come per indicare il suo intero ufficio.
<<Potresti gestire entrambe le cose>> cerco di non assumere un aria troppo pietosa, non voglio la sua pietà.
<<Si potrei, ma sarebbe complicato>> non capisco se quello che dica sia vero o, visto che nel contratto sta scritto cosa accadrà se io dovessi rifiutare, pensa di potersi prendere Lydia?
<<A meno che...>> si gira verso di me.
<<A meno che cosa?>> vuole scendere a patti? Starò ad ascoltarlo, e chissà, forse accetterò la sua proposta, se è fattibile.
<<Lydia viene a vivere da me>> col cazzo.
<<Scordatelo>>
<<Se io accettassi, quella casa sarebbe tua quanto mia, quindi potrei sempre vederla tutte le volte che mi pare. Sai anche tu che sotto la mia supervisione le cose andrebbero a gonfie vele, in più un ragazzino come te non può gestire una cosa così>> serro la mascella. Ragazzino, odio che mi abbia definito così. Per altri sarà un semplice nomignolo, ma lui lo usa in maniera dispregiativa. Lo odio, lo odio con tutto me stesso, forse in una maniera in cui un figlio non dovrebbe odiare il proprio padre, però...Ha ragione. Il suo aiuto mi serve, e per mia sfortuna, lui è l'unico che conosco che sappia come gestire questo genere di cose. Non voglio ammetterlo ma so che lui ha ragione.
<<Mi spiace per Melissa, però forse è meglio così>> dice iniziando a prendere la penna per firmare.
<<Come?>>
<<Non mi è mai piaciuto il modo in cui gestiva quel posto, in più non faceva altro che condizionare tua madre mettendole strane idee in testa>> mi alzo e riprendo il contratto così velocemente da rischiare di strapparlo. Lui mi guarda storto.
<<Non osare parlare così di Melissa>>
<<Perché? Che ne sai tu di com'era veramente? Eri solo un bambino. Lo sai che la sera che scappasti con Lydia mi disse tutto?>> No, questo non lo sapevo. Mi aveva promesso che non glielo avrebbe detto, almeno non quella sera. Però dopotutto non può permettersi di parlarle così.
<<Chiudi quella bocca>> ringhio, lui non batte ciglio. Sembra non abbia paura della reazione che potrei avere, ma dovrebbe averne. Non ha mai visto quello che faccio nel pieno della rabbia, e sarà meglio per lui che non mi provochi.
<<Forse così passerò più tempo con Lydia, e forse potrei trovare un modo per dirle la verità>>
<<Cioè?>>
<<Che io sono suo padre>> calmo Tyler, calmo Tyler. Hai imparato a gestire la rabbia...Non proprio, ma sto migliorando.
<<So che sono stato un padre di merda con te e forse non potrò far nulla per riparare il guaio che ho fatto, ma con Lydia voglio rimediare. Quindi che tu lo voglia o no dovrà sapere la verità. Se tu vuoi rimanere con noi sei il benvenuto, non ti manderei mai via, ma non rinuncerò a Lydia. E dopotutto ti aiuterò lo stesso con la casa e con gli altri bambini>> okay fanculo tutto. A questo punto credo che il mio corpo avesse così tanta rabbia, che il solo fatto di afferrare la lampada sulla sua scrivania e scaraventarla contro il muro mi fa riprendere un po' di fiato. Lui fa un passo indietro. Mi sono stancato.
<<Tyler Basta! >> Grida, ma non si avvicina, meglio così. Ormai è troppo tardi, non posso fermarmi finché non avrò sfogato questa rabbia. Prendo tutto ciò che si trova sulla scrivania e la scaravento a terra.
<<Tu non sei suo padre, levatelo dalla testa>> gli ringhio contro e questa volta leggo nei suoi occhi la preoccupazione per il mio esagerato comportamento. Lo odio, ma forse le mie parole sono spinte tanto dalla rabbia come anche dalla collera per la perdita di Melissa, che non ho ancora avuto modo di sfogare.
<<Tyler sono cambiato, non sono più lo stesso uomo di dieci anni fa. Lei è tua sorella ma anche mia figlia, le voglio bene>>
<<Cazzate!>> do un calcio a una sedia vicino a me, e il rumore del legno che si spezza stranamente mi fa sorridere. Cerco di rompere tutto ciò che ho intorno e mi fermo solo quanto non c'è più niente da rompere. Mio padre è sempre stato fermo a vedermi sfogare la rabbia, non ha fatto mai un passo, nulla.
<<Non rovinerai anche la sua vita, non te lo permetterò. E se solo le volessi un briciolo bene, capiresti che la scelta migliore è lasciarla andare>> mi giro e me ne vado lasciandolo lì. Perché ho pensato che potesse essere un buon affare? Solo perché lui ne sa qualcosa di come gestire certe imprese? Il fatto che io volessi fare affidamento su di lui mi fa venire voglia di picchiarmi. Anche dopo aver spaccato tutto non mi sento meglio, non mi sento per niente meglio. In quel momento sentivo di fargli un gran torto distruggendo tutto, ma ora non mi sento per niente soddisfatto. Adesso devo vedere come risolvere questa questione del contratto. Rincontro Amelia vicino l'uscita.
<<Com'è andata con tuo padre?>> mi chiede mantenendo delle carte in mano.
<<Molto bene, però sarà meglio che nessuno lo disturbi per le prossime ore, ha delle cose da fare nel suo ufficio, è molto indaffarato>> Amelia annuisce poco convinta.
<<Spero che ritornerai presto>> neanche per sogno. Annuisco lo stesso perché Amelia è una brava donna e non voglio fare lo stronzo con lei. Ci salutiamo e io me ne vado. Esco da quest'edificio con uno stato d'animo peggiore di quando sono entrato.
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Non odiarmi perché ti amo..[COMPLETO]
Romance> Camryn è la tipica ragazza intraprendente e determinata sopra ogni cosa. È pronta ad affrontare il suo grande obbiettivo , il College. Camryn sembra una ragazza felice e sicura di se, ma un evento passato l'ha segnata dai suoi 16 anni. È convint...