Morrigan avrebbe sentito fortissimi colpi alle gambe se fosse stata cosciente. Avrebbe sofferto le pene dell'inferno mentre veniva trascinata lungo il terreno fangoso che si mescolava con gli acquitrini di neve. Ma Morrigan era svenuta e la poca luce notturna non l'aiutò a destarsi da quell'incubo.
Il vichingo la trascinava dal colletto della giacca di stoffa brunita che costituiva la sua divisa e non si curava affatto di come lei si sentisse. Non era tanto diverso dal trasportare il carretto con sopra le asce e gli spadoni; per lui era la stessa cosa.
Morrigan sentì il freddo trasformarsi in tepore e la notte oscura cambiare in qualcosa di più ovattato e confortevole. Sotto di lei c'erano pelli e stoffe, sopra, un tendaggio arancione che le fece capire che i patimenti, forse, erano finiti.
«Set roveger trak» borbottò una voce.
Ella tentò di aprire le palpebre, ma proprio non ci riusciva. Il dolore era diffuso ovunque, soprattutto alle braccia e al fondoschiena che avevano grattato via il terreno fin all'accampamento dei vichinghi. Era tramortita e confusa: l'unica cosa che sapeva con certezza era che le sue sorelle erano rimaste da sole all'Abbazia.
«Beth..., Bethesda» mugugnò, e le labbra spaccate dall'arsura e dal freddo non le permisero di articolare il nome della sorella maggiore nel modo più appropriato.
«Trak mort refdref» disse qualcuno sopra di lei.
Erano due gli uomini che parlavano e, anche se non comprendeva appieno il loro dialetto e nonostante fosse ancora piuttosto confusa, Morrigan sapeva che stavano decidendo il suo destino.
Uno dei due soldati uscì dalla tenda e se ne andò. Rimase con lei il carceriere: era possente, con lunghi capelli biondi, ben coperto sotto una leggera armatura dalla trama di ferro. Era il re.
Morr avvertì le luride mani di lui sul proprio corpo. Il vichingo la prese sotto la vita e se la passò sottobraccio come fosse un canestro pieno di mele, poi la posò innanzi al fuoco dove lei poté, in qualche modo, riprendere vigore.
Fu, finalmente, in grado di starsene seduta.
Lo guardò di sottecchi: era alto e robusto mentre si toglieva la maglia e sfilava i legacci delle armi dal fianco. Gettò uno spadone sul letto, poi il piccolo scudo. Infine, si sedette sul giaciglio, poggiò i gomiti sulle ginocchia e iniziò a fissarla. Morrigan avrebbe definito quello sguardo di puro disgusto.
«Bethesda» mugugnò lei ancora una volta, rivolgendosi all'uomo e portandosi le ginocchia al mento. Si sfiorò le labbra e sentì un fiotto caldo di sangue che le sgorgò da qualche parte in bocca.
Il vichingo si legò i capelli chiarissimi e fece uno sbuffo scuotendo la testa.
Poi, il soldato che prima li aveva lasciati tornò nella tenda e i due vichinghi trafficarono con qualcosa che era contenuto in un sacco di iuta.
Morrigan capì le loro intenzioni solo quando il re si avvicinò a lei, le prese la spalla, le strappò via la manica e le racchiuse il bicipite dentro un lungo anello dorato piatto e largo.
Si dimenò, tentò di scostarsi, ma erano in due a tenerla ferma e, ben presto, il suo aguzzino mostrò un grosso arnese di ferro arroventato che sarebbe servito per fondere la chiusura del bracciale. In questo modo ella sarebbe divenuta ufficialmente loro prigioniera.
Il vichingo schiacciò il forcipe di ferro nella direzione della spalla, il metallo dell'anello divenne molle, i bordi si fusero e Morrigan iniziò ad avvertire l'ustione.
Urlò chiamando, ancora una volta, la sorella maggiore e sebbene volesse svenire non ci riuscì per il troppo panico che l'attanagliava.
Ilvichingo la prese per la collottola con un solo braccio e la trascinò fuori, algelo di quell'inverno inclemente.
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L'amazzone e il vichingo
Fantasy"Morrigan capì le loro intenzioni solo quando il re si avvicinò a lei, le prese la spalla, le strappò via la manica e le racchiuse il bicipite dentro un anello dorato. Si dimenò, tentò di scostarsi, ma erano in due a tenerla ferma e, ben presto, il...