4. Come ti piacerebbe morire?

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«Come ti piacerebbe morire?»

Alessio è sdraiato supino sul letto di Manuel, le mani intrecciate dietro la nuca, e fissa la galassia fluorescente sul soffitto. Quella domanda è scaturita da chissà quale strano meccanismo della sua mente, visto che fino a un istante prima stavano parlando dell'imminente interrogazione di Elettronica e della tesina che devono preparare per la maturità.
L'amico non è stupito, abituato com'è ai suoi voli pindarici, ma prova un certo disagio. L'argomento non è nelle sue corde e lo turba.

«Io... non ci ho mai pensato» inizia, sapendo che deve dare una risposta  «Di sicuro senza dolore, magari nel sonno. E da vecchio.»

«Non hai mai pensato di farla finita?» Alessio sembra genuinamente sorpreso, gira la testa verso di lui e lo guarda incuriosito. «Mai mai

«No, perché dovrei?»

«Non ti sei mai sentito in un labirinto senza uscita?»

«No. Tu sì?»

«Tante volte.»

«E hai pensato al suicidio?» Manuel pronuncia quell'ultima parola in fretta, abbassando la voce, come se non volesse renderla intellegibile.

«Un milione di volte.»

«Lo faresti davvero?» La domanda in realtà sarebbe un'altra. Perché? Cosa c'è che non va nella tua vita? e una mezza idea della risposta ce l'avrebbe pure, ma su quell'argomento l'amico si chiude sempre a riccio.

«Non lo so» ammette Alessio. «Per una volta che penso di farmi fuori ce ne sono cinque in cui aspetto che la Morte accolga le mie sfide e abbia la meglio. È un modo per non assumermene del tutto la responsabilità, credo. O per essere sicuro che sia la cosa giusta.»

Manuel deglutisce.

«La Morte non è una persona che decide chi prendere o meno, è una cosa che capita e basta. O che facciamo capitare.»

«Quando avevo dieci anni stavo per buttarmi sotto un treno. Stavo aspettando si alzasse la sbarra del passaggio a livello e poi ho deciso di attraversare i binari. All'ultimo ho avuto paura e mi sono precipitato dall'altra parte. È stato davvero elettrizzante, non mi sono mai sentito così vivo come quando ho rischiato di morire.» Alessio non tradisce alcuna emozione, sembra stia raccontando un episodio di poco conto giusto per far conversazione.

«Sotto un treno? Mi sento male solo a pensarci.»

«Infatti è un brutto modo di morire, dopo quella volta non mi è più passato per l'anticamera del cervello. Voglio andarmene soffrendo a lungo e rendendomi conto di quello che sta accadendo, e ci dovrà essere molto sangue. Insomma, tutto il contrario di quello che preferiresti tu.»

«Io non ti capisco. Si presume che uno decida di uccidersi per fuggire da qualche sofferenza e tu vuoi farlo soffrendo?»

«Sarebbe solo dolore fisico.» Gli occhi di Alessio ora brillano di una luce strana, inquietante. «Puro. Non mi fa paura, anzi. È piacevole se lo scegli tu.» Mostra i polsi all'amico, e sorride. «Potrei tagliare qui» dice, mimando il gesto. «Oppure fare qualcosa di ancora più scenografico e drastico.»
Solleva la t-shirt fino al petto e fa scorrere un dito dallo sterno giù verso l'inguine, lentamente. «Un bel coltello affilato e via!»

Nonostante il contesto ben poco eccitante, Manuel non può fare a meno di avvampare, imbarazzato. Il corpo dell'amico esercita su di lui un'attrazione fortissima, e vorrebbe sostituire le sue labbra a quel dito. 

Distoglie lo sguardo e prova a concentrarsi sul discorso che stanno facendo, pensando che forse stavolta riuscirà a capire un po' meglio cosa nasconde Alessio. Magari è soltanto depresso, come il loro coetaneo che un anno prima si è sparato in testa col fucile del padre, e una sera ne hanno parlato a cena con un'amica di famiglia che lavora come psichiatra. La depressione è una malattia, non guarda in faccia nessuno, può colpire anche chi ha una vita serena, non implica necessariamente traumi e disagi alla base. E si può tenere a bada con i farmaci. Ma l'amico tutto gli sembra meno che depresso, ha una vitalità impressionante e fa mille progetti.

AlessioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora