28. L'ultimo giorno di scuola

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Il trillo della campanella segnò la fine dell'ora di Tecnologia Disegno e Progettazione, delle lezioni, dell'anno scolastico 1993/1994. Per Alessio e la maggior parte dei suoi compagni, quelli che erano stati ammessi all'esame di maturità e avevano la certezza di passarlo, segnò anche la fine di un ciclo di studi. La fine di un capitolo della loro vita.
Era stata una giornata strana, con momenti in cui tutto si era svolto secondo i soliti schemi, la solita routine: le chiacchiere in cortile prima di entrare in aula,  le battute stupide di Bianchetti e  le mille domande di Gerardo, sempre più ansioso in vista della prima prova scritta; la ricreazione davanti al baretto affollato anche se molte classi avevano già terminato le lezioni. Ma c'era un'atmosfera diversa, la consapevolezza che tutto stesse per cambiare.

Alessio, che di cambiamenti ne stava vivendo uno enorme e ancora non se ne capacitava, aveva passato la mattinata chiuso in se stesso, riflettendo sul futuro che lo aspettava e rendendosi conto che andare a scuola non era stata poi un'esperienza così negativa. Tutto sommato, i compagni gli sarebbero mancati, così come la possibilità di trascorrere del tempo lontano da casa senza essere costretto a vagare annoiato per le strade del quartiere. A volte si era sentito addirittura normale, un ragazzo come tanti, parte di qualcosa. Era diventato meno timido, imparando a relazionarsi con i suoi coetanei e a esprimere le proprie opinioni senza timore. 

Certo, non era stato tutto rose e fiori, anzi. C'erano stati giorni in cui la sensazione di essere sbagliato l'aveva fatta da padrona, e giorni in cui stare in mezzo agli altri, magari dopo una furiosa litigata con Tommaso o una punizione particolarmente dolorosa, era stato difficilissimo. Si era sentito spesso in trappola, costretto a rimanere seduto a seguire materie che l'annoiavano quando avrebbe preferito sgranchirsi le gambe o sdraiarsi al sole; aveva avuto a che fare con professori che lo detestavano (caldamente ricambiati), e si era trovato in situazioni difficili a casa proprio per colpa della scuola: voti non proprio brillanti e note in condotta erano più che sufficienti a far sfilare la cinta alla Bestia. Ma se gli avessero proposto di passare altri cinque anni in quell'istituto, avrebbe accettato senza esitare. Quello che lo aspettava dopo gli sembrava molto più inquietante e pericoloso. Qualunque cosa avesse scelto di fare - proseguire gli studi o cercarsi un lavoro - avrebbe dovuto ricominciare quasi da capo: un ambiente nuovo, nuovi colleghi, nuove sfide che non sapeva se sarebbe stato in grado di affrontare.

E poi c'era la questione Kornelia.
Dalla discussione in auto, la donna non gli aveva più rivolto la parola, se non durante l'ultima interrogazione, di cui gli aveva comunicato l'esito brillante senza neanche sorridergli come faceva con gli altri ragazzi. Da questo punto di vista, la fine delle lezioni gli sembrava un bene, in quanto li avrebbe svincolati dallo scomodo ruolo di studente e insegnante, e si era ripromesso di affrontare la faccenda direttamente e al più presto.

Senza alcuna fretta, si mise in spalla il logoro zainetto Invicta testimone e alleato di quegli intensi cinque anni, inforcò gli occhiali da sole, e uscì dall'edificio. Il caldo dell'una del pomeriggio sapeva già di estate piena, di vacanza e libertà. 

Il cortile e la strada antistante non erano affollati come al solito: molte classi avevano terminato le lezioni già da qualche giorno e molti degli studenti costretti a frequentare fino all'ultimo erano comunque usciti in anticipo. Di fronte al cancello, c'erano Maurizio e Tom, che offrivano palloncini pieni d'acqua ai pochi ragazzi rimasti. Ne avevano una bacinella piena, e Alessio affrettò il passo. Aveva sempre trovato stupida e odiosa la tradizione dei gavettoni di fine anno. Roba da scuole medie.

«Lo vuoi un palloncino, bel bambino?» ridacchiò Tom, facendo il verso al clown del film IT, il pagliaccio assassino (che avesse letto il libro era fuori questione, per lui leggere era una cosa da sfigati).

Alessio tirò dritto senza neanche rispondere. Una bomba d'acqua lo raggiunse alla spalla destra, costringendolo a fermarsi per lanciare un'occhiataccia ai due idioti.

AlessioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora