Epilogo

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GIUGNO 1999

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La lametta era sul bordo del lavandino, accanto ai blister e al flaconcino vuoti. Nessuna lettera d'addio, questa volta, nessun tentativo di nascondersi. Tutt'altro. La porta del bagno era spalancata, così che sua madre l'avrebbe trovato subito e l'avrebbe soccorso, perché morire non rientrava nei suoi progetti a breve termine.

Aveva calcolato tutto, stava per lanciare una richiesta d'aiuto che non sarebbe passata inosservata. Strafatto di cocaina, con i polsi squarciati e un cocktail di alcol e psicofarmaci nello stomaco, lo avrebbero ricoverato in psichiatria e costretto a seguire una terapia, e stavolta avrebbe collaborato.

Non sarebbe mai guarito, di questo ne era certo (ancor più che degli esiti di quella messinscena che comunque presentava una certa percentuale di rischio anche in caso di soccorsi tempestivi), perché non si può guarire da quello che si è, non si può aggiustare uno specchio rotto senza che continuino a vedersi le crepe, ma sarebbe stato meglio. Sarebbe tornato indietro di cinque anni, alla sua adolescenza inquieta ma ancora non allo sbando. Sarebbe stato di nuovo in grado di sorridere tra una crisi e l'altra, e il sesso sarebbe tornato a essere solo un potente palliativo e non più uno strumento di autodistruzione. 

Nessuno si impressiona più se mi taglio o bevo troppo, ci vuole qualcosa di più drastico per far capire che sto male.

Se avesse semplicemente esternato il suo dolore a parole, nessuno gli avrebbe creduto. Avrebbero pensato all'ennesima sceneggiata manipolatoria o non ci avrebbero proprio fatto caso, abituati com'erano alle sue dichiarazioni iperboliche.

Mentre si versava un altro bicchiere di vodka, il display del Motorola Microtac comprato vendendo la propria dignità si illuminò. Era Kornelia. Riconquistarla era stato facilissimo. Era bastato farle gli occhi dolci quando l'aveva incrociata in un centro commerciale, passarsi una mano tra i capelli quel tanto che bastava a far sollevare il bordo della maglia aderente e scoprire una delle parti del suo corpo per cui lei andava matta, e raccontarle di quanto era cresciuto e maturato. Due giorni dopo, avevano trascorso un'intera mattinata nella camera da letto della villa in cui viveva con il marito e i suoi splendidi bambini.

«Stasera non possiamo vederci» le disse in tono solenne .«Sto per uccidermi.»

(magari muori davvero, ci hai pensato? sarebbe davvero divertente vederti schiattare)

Lanciò il cellulare contro la parete e si sedette sul bordo della vasca, in attesa. Sul pavimento, lo stereo portatile attendeva con lui. Si guardò i polsi. L'unica cosa divertente in tutta la faccenda era che dopo aver passato anni a fantasticare su come farsi fuori, le vene se le sarebbe tagliate per darsi una possibilità di vivere.

Passi sul pianerottolo, la chiave che girava nella toppa.

Alessio premette il tasto play e, sulle note della Cavalcata delle Valchirie, affondò la lametta dove mai aveva osato prima di allora e si sdraiò sul pavimento.

«Mamma, aiutami. Ho paura.»

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-5 luglio 1999-"(...) paziente non collaborativo, mostra ostilità e atteggiamento provocatorio verso il personale medico. Nega di aver tentato il suicidio. La madre riporta condotte autolesionistiche, abuso di alcol, sbalzi di umore repentini e frequenti attacchi d'ira. Sospetti episodi dissociativi che la madre descrive come 'assenze'. (...) presenta sintomatologia compatibile con disturbo da stress post-traumatico. Disturbo d'ansia generalizzata. Probabile disturbo di personalità borderline con tratti istrionici. Le capacità cognitive non sembrano compromesse. Si consiglia terapia dialettico-comportamentale con supporto farmacologico e visita di controllo tra quattro settimane"


FINE
(E UN NUOVO INIZIO)

AlessioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora