In seguito Alessio non sarebbe stato in grado di raccontare cosa fosse accaduto tra il momento in cui era uscito da casa di Kornelia e quello in cui un agente di Polizia l'aveva spinto, senza troppa grazia, sul sedile posteriore di una volante. Come per altri eventi traumatici, passati e futuri, ne avrebbe parcheggiato il ricordo in zona rimozione, in attesa di un carro attrezzi che forse non sarebbe passato mai a liberare del tutto la parte buia della sua memoria.
Ricongiungersi con la realtà si stava rivelando più complicato delle altre volte, un processo lungo e incerto. Continuava a fluttuare tra due mondi, iniziando però a prendere coscienza della situazione: si era cacciato in un bel guaio e ne avrebbe dovuto pagare le conseguenze.
«Quanti anni hai?» gli chiese la poliziotta che fino ad allora non aveva detto nulla e aveva lasciato parlare e agire il collega. Aveva lo sguardo dolce e un tono di voce morbido, rassicurante.
«Diciotto.» Se fosse stato più lucido, avrebbe risposto che era minorenne, ma le sue reazioni erano ancora automatiche.
«Hai bevuto? Hai assunto qualche sostanza?»
«Un po' di vino. Credo.»
«Okay. Cosa ti è successo al braccio?»
Alessio tirò su la manica della felpa, osservò i tagli - quattro, un numero insolito, e disposti a casaccio - e cercò di ricordare quando e perché se li fosse inferti. Invece di rispondere, mostrò il braccio alla donna.
«Puoi dirmi il tuo nome?»
«Alessio Speranza.»
«Bene, Alessio. Abiti con i tuoi genitori? Sono a casa?»
«Mia madre è al lavoro. Credo.»
«E il tuo papà?»
«Non ho un papà.»
«Non c'è nessuno a casa? Un fratello, i tuoi nonni?»
«C'è solo Tommaso.»
«Chi è Tommaso?»
«Il compagno di mia madre.»
L'uomo alla guida frenò all'improvviso, facendo sussultare l'Alfa 75. Si girò e lo squadrò con due occhi scurissimi, torvi. Alessio si premette una mano sul braccio ferito, strizzò gli occhi. Si impose di svegliarsi.
Non è possibile, non può essere lui. Sto sognando.
Quando era stato trascinato fuori dal supermercato e sbattuto in macchina come un sacco di spazzatura, aveva avuto l'impressione che quell'agente dai modi bruschi fosse la Bestia, impressione che poi, riprendendo contatto con la realtà, aveva attribuito a un brutto scherzo della sua mente devastata. Invece era proprio lui. Alto, massiccio, lo stesso volto che popolava i suoi incubi.
Ma no, è più magro, e ha i capelli più corti, e anche il naso è diverso. Ho le allucinazioni, adesso diventerà biondo e vedrò Jon, sto impazzendo sto sognando non è successo veramente.
Si rannicchiò sul sedile, spaventato dalla propria incapacità di tornare al mondo reale, e scivolò di nuovo nel limbo.
«Portiamolo al pronto soccorso» disse la donna. «È ferito e credo che sia sotto l'effetto di stupefacenti.»
«Lo porto a casa. È il figlio della compagna di mio fratello, se la gestirà lui.»
Alessio sentì il sangue gelarglisi nelle vene. Non era un'allucinazione, quindi. Era un incubo. Un incubo dal quale non poteva svegliarsi, lo stesso che lo imprigionava da otto anni. Era tutto reale, come il freddo che gli penetrava nelle ossa e il dolore bruciante di quei tagli che non ricordava di essersi inflitto.

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Alessio
General FictionATTENZIONE! Storia ad alto contenuto di violenza, descrizioni crude e linguaggio spesso volgare. -5 luglio 1999- "(...) paziente non collaborativo, mostra ostilità e atteggiamento provocatorio verso il personale medico. Nega di aver tentato il suici...