33. Incapace di stare al mondo

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Gli unici rumori percepibili nella palestra dell'ITIS Cartesio erano i passi dei membri della commissione, che facevano avanti e indietro tra i banchi, e il frinire delle cicale proveniente dall'esterno.

Alessio continuava a controllare l'ora con crescente impazienza, in attesa del termine minimo per la consegna della seconda prova d'esame. Non era del tutto sicuro di aver svolto correttamente l'esercizio, ma sapeva che se avesse riletto tutti i passaggi e i commenti sarebbe stato assalito da mille dubbi. La sua unica, granitica certezza era che non avrebbe preso un'insufficienza, e neanche un voto mediocre. Come per il tema del giorno prima, del resto. Si era sforzato di copiarlo in bella ma a parte curare di più la calligrafia, aveva modificato ben poco quanto scritto di getto. Aveva scelto, come prevedibile, la traccia di attualità, quella sul razzismo, argomento che gli aveva permesso di condannare il pensiero di Tommaso. Liberatorio, per certi versi.

Davanti a lui, Gerardo si grattava la testa con crescente nervosismo, si infilava in bocca una caramella dopo l'altra, mordicchiava la penna, e guardava l'orologio che aveva sfilato dal polso e poggiato sul banco, di sicuro per un motivo diverso dal suo: aveva paura di non fare in tempo a terminare tutto.

Manuel, invece, era incredibilmente tranquillo. Cinque minuti dopo l'inizio della prova, si era voltato mostrandogli il pollice alzato, il segno convenuto per dire Tutto a posto, posso farcela da solo. 

Al suo fianco, Maurizio gli lanciava occhiate disperate, ricevendo per tutta risposta un altro segno, inequivocabile: non un pollice, ma il dito medio.

Prenditela in saccoccia, idiota. Tanto, se anche riuscissi a prendere otto o nove, rovineresti tutto all'orale. Per non parlare del tema, che sembrerà sicuramente scritto da un bambino di prima elementare poco sveglio.

Una delle docenti della commissione esterna, una bionda ossigenata dall'aria arcigna, si avvicinò ad Alessio e gettò uno sguardo al suo compito.

«Ti sei già arreso?» chiese.

Lui, con le braccia conserte e un sorriso divertito, infilò penne e righello nell'astuccio, realizzando solo allora che accendino e taglierino erano visibilissimi. Chissà se quella strega se ne era accorta e, in caso affermativo, si fosse chiesta a cosa gli servissero.

Chi se ne frega.

«Ho già finito

La donna parve perplessa. Guardò l'orologio.

«Hai tutto il tempo di ricontrollare.»

«Non devo ricontrollare niente, quel che è fatto è fatto. Non vedo l'ora di uscire di qui e fumare una sigaretta.»

«Hai tutta la vita per fumare e fare il cretino, ma a meno che non ti boccino, la maturità la dai una volta sola. Prendi esempio dai tuoi compagni più bravi. Tu non ce l'hai, il manuale di Elettronica?»

«Non ne ho bisogno.» Era una mera constatazione, niente di più, ma alle orecchie in ascolto dovette suonare come una sbruffonata che neanche Gerardo si sarebbe permesso.

Un coro di risate si alzò dai banchi vicini.

«La troppa sicurezza è madre della negligenza. Impara l'umiltà, Alessio Speranza

Ma questa cosa cazzo vuole? Alessio iniziava ad innervosirsi e il caldo non lo aiutava. Seguire il consiglio di sua madre e indossare una camicia a maniche lunghe era stata una pessima idea. Proprio ora che poteva permettersi di mostrare le braccia!

«Guarda il tuo compagno» continuò la donna, indicando Gerardo. «È il più bravo di tutta la scuola e nonostante tutto non si adagia sugli allori.»

Ah, è così? La commissione è stata informata che tra noi c'è un genio?

«Non si fidi delle apparenze, Speranza è uno dei nostri migliori studenti.» A parlare era stato Bacci, il prof di Elettronica. «È un po' arrogante ma è bravo davvero.»
 Diede una pacca sulla spalla di Alessio e annuì,  sfogliando le sei facciate dell'esercizio. «Ed è sempre il primo a consegnare.»

AlessioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora