«Cosa ti ha fatto?»
Lo sguardo rapace di Tommaso saettava da una parte all'altra del corridoio, scrutando ansioso madre e figlio in attesa che uno dei due si decidesse a rispondere.
Se Alessio fosse stato meno confuso, meno spaventato, si sarebbe accorto che non era il solito sguardo preludio di una scarica di rabbia e violenza, ma che in quegli occhi che ancora popolavano i suoi incubi c'era qualcosa di diverso, di inedito. Invece era ancora sotto shock per quel coltello puntato al petto, e l'unica cosa di cui si rese conto fu che la Bestia era tornata. Si trovava tra l'incudine e il martello, in balia di una madre fuori di testa e di un uomo che non aspettava altro che una scusa per ammazzarlo di botte.Non è possibile, sto sognando, si ripeté, aggrappandosi a quella che forse era l'unica speranza di uscirne vivo (fuggire era fuori questione, dato che le sue gambe non volevano saperne di collaborare, era già tanto gli avessero permesso di rialzarsi). Ma era tutto troppo vivido, troppo reale. Aveva ancora nelle narici il profumo di sua madre, a cui si era ora aggiunto l'odore di Tommaso, un misto di sudore, fumo di sigaretta e un vago sentore di Arbre Magique Tuttifrutti. L'olezzo dei suoi incubi.
«Marta, cosa ti ha fatto?»
«Ho partorito un mostro. Guardalo, Tommy. È malato. Non sa stare al mondo, non è in grado neanche di tornare da scuola da solo, mangia come un porco, si ubriaca. Si sta scavando la fossa da solo.» Marta continuava a singhiozzare, avvinghiata al suo (ex?) compagno come se lui potesse proteggerla da tanto orrore.
«Ma non volevo fargli del male» continuò. «È pur sempre il mio bambino. Non so cosa mi sia preso, non ero in me.»«Non è colpa mia» riuscì finalmente a dire Alessio. Indietreggiò verso la porta del bagno, ancora incredulo e tremante. «Siete stati voi a rendermi così.»
Marta si staccò da Tommaso e gli si lanciò addosso. Lo schiaffeggiò in pieno viso, spaccandogli un labbro, e l'avrebbe colpito ancora se l'uomo non l'avesse fermata, sollevandola di peso e posandola sul divano.
«Vieni qui, Alessio!» Tommaso fece un passo verso di lui, allargò quelle braccia grosse come prosciutti. «Tranquillo, è tutto a posto.»
«Vaffanculo.»
«Non voglio picchiarti. Vieni qui. Non voglio farti del male.»
«No!» Alessio urlò, terrorizzato. Doveva darsela a gambe levate, fuggire da quella casa, da quei due pazzi furiosi. La figura imponente del suo aguzzino gli fece riprendere controllo delle proprie azioni. Scattò in avanti, verso la porta ancora socchiusa, ma Tommaso lo bloccò, afferrandolo per la vita e tirandolo a sé.
Alessio si dimenò disperatamente, mentre la stretta attorno al suo torace si faceva sempre più decisa. Il cuore prese a battergli all'impazzata, sotto quel braccio enorme e forte che premeva sul suo petto.
Mi spezzerà lo sterno, mi uccid...
Un'ondata di nausea lo travolse. Il corpo massiccio della Bestia era premuto sulla sua schiena, i loro bacini si toccavano.
«Lasciami stare!» sibilò, in preda al panico. «Lurido maiale, ti ammazzo.»
L'uomo, sorprendentemente, mollò la presa, ma lo trattenne comunque per un braccio, costringendolo a voltarsi e a guardarlo negli occhi.
«Non voglio farti del male» ribadì. Non era furioso, nel suo sguardo non c'era traccia di odio o disprezzo. Sembrava dispiaciuto.
Spiazzato, Alessio perse di nuovo l'uso delle gambe. Rimase immobile, incapace di capire cosa stesse accadendo. Era tutto così assurdo, così confuso. Non riusciva più a distinguere cosa fosse reale e cosa no. Strizzò gli occhi, si morse il labbro spaccato sperando che il dolore sarebbe stato sufficiente a rimettere ogni cosa al suo posto. Ma non cambiò nulla.
«Va tutto bene» continuò Tommaso, e lo abbracciò. Lo abbracciò senza spezzargli le costole, senza soffocarlo. Senza simulare amplessi. «Stai calmo. Va tutto bene.»
Alessio chiuse gli occhi, respirò a fondo.
Sto per morire. Mi stritolerà o mi accoltellerà, e mamma non farà nulla per impedirlo.
Si abbandonò al proprio destino. Era troppo stanco per lottare, e forse era meglio così, pensò.
O forse sono già morto, e la Morte è una grandissima fregatura. Non c'è pace neanche qui.
Tutte le emozioni gli si ammassarono nello stomaco, una massa sempre più compatta che si dilatava a ogni battito del suo cuore ormai fuori controllo, e che presto gli schiacciò i polmoni e gli dilaniò le viscere, provocandogli un dolore insostenibile e la consapevolezza di star soffocando. Fu allora che il suo istinto di sopravvivenza tornò a urlare e gli diede la forza di reagire.
«Lasciami stare!»
Con un urlo strozzato si liberò di quelle braccia che lo stringevano in modo insolitamente delicato, ma che nella sua percezione distorta erano catene d'acciaio. Fece due passi, con la testa che gli girava e un senso di vertigine che per poco non lo fece vomitare. Tommaso lo sorresse e lo aiutò a sdraiarsi sul divano, accanto a sua madre.
«Prendi una bella boccata d'aria» gli ordinò, tenendogli una mano.
Alessio obbedì, da qualche parte nella sua testa qualcosa gli diceva che era la cosa giusta da fare.
«Bravo. Ora buttala fuori.»
Alessio espirò. Reclinò la testa all'indietro e si conficcò in un braccio le unghie smangiucchiate. Tommaso gli mise due cuscini sotto la schiena e gli afferrò la mano libera, impedendogli di graffiarsi ancora.
«Di nuovo. Respira. Buttala fuori.»
Respira.
Espira.
Respira.
Espira.
«Continua così, bravissimo.»
Tommaso prese il bicchiere d'acqua che gli aveva portato Marta e glielo avvicinò alle labbra.
«Bevi lentamente.» Il suo tono era sempre perentorio ma non minaccioso.
«Va meglio?»
Alessio annuì. Aveva ripreso a respirare in maniera quasi regolare e non aveva più la vista offuscata. La cosa nel suo corpo stava perdendo consistenza, e non premeva più sui suoi polmoni. Si sentiva stremato, con i muscoli indolenziti e la testa troppo leggera, ma stava davvero meglio.
Non stava più soffocando.

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Alessio
General FictionATTENZIONE! Storia ad alto contenuto di violenza, descrizioni crude e linguaggio spesso volgare. -5 luglio 1999- "(...) paziente non collaborativo, mostra ostilità e atteggiamento provocatorio verso il personale medico. Nega di aver tentato il suici...