«Dobrý večer, Alek.»
Gli occhi cerulei di Ivanka si illuminarono vedendolo apparire in soggiorno. Era seduta sul divano accanto a Tommaso, in una posa che rivelava tensione e disagio, e come sempre era uno schianto. I lunghi capelli biondi che le incorniciavano il viso dai forti lineamenti mitteleuropei, la carnagione rosea e perfetta, le gambe lunghe e affusolate che sbucavano da un vestitino bianco tempestato di fiori rossi, il seno alto e sodo.
Era una delle ragazze più belle che avesse mai conosciuto.Alessio si affacciò in cucina e salutò sua madre, controllò la situazione con la coda dell'occhio. Non gli piaceva il modo in cui l'uomo guardava la sua amica.
«Io vado a cena da Ivanka e rimango a dormire da lei» annunciò, sbrigativo. Voleva uscire da casa il prima possibile e, soprattutto, far uscire la ragazza. «Ci vediamo domattina sul tardi.»
«Non puoi dormire nel tuo letto?» Marta assunse un'espressione contrariata, più di facciata che altro. Erano pur sempre due ragazzini, come ripeteva spesso, preoccupata di quello che potevano pensare gli altri abitanti della palazzina vedendoli sempre insieme. «Devi fare solo cinque metri.»
«Lasciali divertire» intervenne Tommaso con una risata fastidiosa. «Tanto quello che possono fare in casa potrebbero farlo ovunque.» Si girò verso il ragazzo e aggiunse, infilando allusivamente il pollice in un pacchetto di fazzolettini vuoti: «Tu però sta' attento, sono troppo giovane per diventare nonno. Dasvidania!»
«Do videnia» lo corresse Ivanka, alzandosi e cercando istintivamente riparo in Alessio, che la prese per mano. «Non sono russa, sono slovacca.»
Il ragazzo si affrettò a uscire sul pianerottolo, con le viscere contorte al pensiero di quello che avrebbe sicuramente detto quell'essere disgustoso il giorno dopo. Non sono russa, sono una vacca. Almeno aveva il buongusto di risparmiare alla sua amica quelle battute becere e ignoranti.
«Ti ha infastidita?» chiese a Ivanka mentre lei girava le chiavi nella toppa.
«No, ma... Non mi piace per niente.»
«È un coglione. Per questo ti ho raccomandato di non entrare mai a casa mia quando c'è lui. Se ti molesta, anche solo a parole, devi dirmelo.»
«Mi so difendere da sola, stai tranquillo.»
Non so se voglio sapere come hai imparato, pensò Alessio, col cuore stretto in una morsa. Aveva da tempo un sospetto atroce, ma non osava chiedere. Del resto neanche lui riusciva ad aprirsi completamente, a raccontarle traumi oggettivamente meno gravi di quelli che temeva gli nascondesse lei.
«Sei caduto davvero dalle scale?»
Ivanka sembrava avergli letto nel pensiero e, a differenza sua, non si faceva scrupoli a far domande.«Di che parli?»
«Lo sai di cosa parlo. Un anno e mezzo fa. Qui fanno tutti finta di niente, ma io vi sento litigare, e anche mamma e papà.»
«Pensi sia stato Tommaso? Cioè, credi che io mi faccia mettere le mani addosso da quel pezzo di merda?»
«È il doppio di te.»
«Ma non sono un bambino, Cristo!»
«No, in effetti no...» Ivanka gli rivolse un'occhiata allusiva, soffermandosi sul torace fasciato da una vecchia T-shirt che iniziava ad andargli troppo stretta. «Andiamo in camera mia?»
Sapeva come cambiare discorso e come metterlo a suo agio, era indubbio. Non era solo una questione di attrazione fisica. Lei gli somigliava, sebbene fosse pura e limpida come i suoi begli occhi di cielo, e lo capiva. Nel rendersi conto per l'ennesima volta di questo, Alessio provò una profonda amarezza. E rabbia.
«Questa sera non voglio il cavallo selvaggio, voglio il gattone dolce.»
Ivanka gli sorrise e lo spinse sul letto, si sfilò l'abitino lentamente, con gesti sensuali, senza smettere un attimo di guardarlo negli occhi. Si chinò su di lui e lo spogliò con altrettanta lentezza.
Iniziò a baciarlo sul collo, sul petto, facendogli scivolare la lingua fino al basso ventre per poi tornare su, infilargliela in bocca, e ricominciare, strofinando il proprio corpo serico su quell'erezione sempre più ingombrante. Sapeva come farlo impazzire, indubbiamente.«Vuoi la guerra?» Alessio aspettò che lei fosse di nuovo all'altezza del suo inguine e la ribaltò sul materasso, cercando al contempo di essere sufficientemente dolce e poco selvaggio. Le riservò lo stesso trattamento, portando anche lei al limite. Baci sul collo, tra quei seni che adorava, attorno all'ombelico. Su e giù, troppo a lungo per la sua eccitazione dirompente che chiedeva altro, aspettando che lei fosse pronta, stuzzicandola mentre le sfilava gli slip candidi, prima con le dita poi con la lingua. Conosceva il corpo dell'amica quanto il proprio, ne intuiva ogni desiderio, ogni reazione.
«Rimani così, gattone» sussurrò Ivanka quando furono per l'ennesima volta pancia contro pancia e lui era ormai sul punto di esplodere. Gli afferrò il pene e se lo infilò tra le gambe.
Finalmente.
Dopo le prime spinte divenne più irruenta anche lei, facendogli capire a colpi di bacino che tutto sommato lo voleva selvaggio e senza freni.
Gli affondò le unghie nella schiena e Alessio ebbe la sensazione di ascendere in Paradiso. Il suo corpo non era solo uno specchietto per le allodole, un inganno per nascondere il marcio della sua anima, l'oggetto su cui Tommaso scaricava la sua violenza e il suo odio. Poteva anche provare piacere e dare sollievo ai suoi tormenti. L'importante era che il sesso fosse spensierato e giocoso, e non implicasse legami stabili, neppure con l'unica donna al mondo di cui si fidava.Rimasero sdraiati l'uno accanto all'altra per un'ora buona, passandosi un paio di spinelli e una bottiglia di vodka alla pesca che aumentarono il senso di benessere del ragazzo.
Ivanka lo guardò pensierosa mentre si rivestiva.
«Cos'hai fatto al braccio?» si decise infine a chiedergli, con lo sguardo triste.
«È stata lei!» Alessio le indicò la gatta bianca simil-angora che ronfava paciosa sul davanzale. «Quella pervertita che ci ha guardato trombare come ricci fingendo di dormire.»
«Luna? Quel sacco di patate?»
«Lei. È così, vero?» Alessio si gettò di nuovo sul letto in preda a un attacco di ilarità. «Credi che io sia capace di farmi del male?» Rise fino alle lacrime, stupendosi che l'amica non facesse altrettanto, e ingoiò un'altra sorsata di vodka. Poi un'altra, e un'altra ancora. Dove non arrivava il sesso, arrivava l'alcol. Stordirsi e non pensare più a niente a volte era una necessità.

STAI LEGGENDO
Alessio
Fiksi UmumATTENZIONE! Storia ad alto contenuto di violenza, descrizioni crude e linguaggio spesso volgare. -5 luglio 1999- "(...) paziente non collaborativo, mostra ostilità e atteggiamento provocatorio verso il personale medico. Nega di aver tentato il suici...