Novembre 1992
La tavola è già apparecchiata. Va a lavarsi le mani e si ferma a guardare i tagli che ha sull'avambraccio destro, dove nessuno può vederli neppure quando ha le maniche rimboccate. Manuel non li ha. Non ha tagli sul corpo e probabilmente neanche nell'anima.
Si siede al suo posto determinato a comportarsi bene, a non provocare Tommaso. Da qualche tempo, perlomeno, lo Stronzo ha smesso di picchiarlo, anche se continua a insultarlo a ogni occasione. Quella sera però c'è un'atmosfera più tesa del solito e lui sa che accadrà qualcosa di molto brutto.
Prende la forchetta e lo Stronzo gli da uno schiaffo sulla mano.
«Si mangia con la destra!» urla. «Si scrive con la destra! Tua madre avrebbe dovuto insegnartelo quando eri piccolo, ci fossi stato io ti avrei fatto passare a calci nel culo la voglia di usare la sinistra!»
Alessio è stufo di questa storia. Non ha mai capito cosa ci sia di sbagliato a essere mancini. Non è l'unico. Fa parte di una minoranza, ma non è l'unico. Ha imparato a scrivere come tutti, è bravissimo nel disegno artistico (un po' meno in quello tecnico, ma non pensa dipenda da che mano usa) e sa suonare la chitarra.
Quella sera però il problema è un altro, Tommaso sta solo cercando un pretesto per attaccarlo. Perché subito dopo si alza e lo costringe a togliersi la felpa, facendolo rimanere in maniche corte.
«Lo sapevo!» tuona. «Non sei solo un povero incapace, sei fuori di testa.»
Lo fa alzare e lo afferra per il braccio ferito.
«Ti faccio passare la voglia di fare queste stronzate.» Lo sbatte ripetutamente contro il tavolo.
Alessio ha sedici anni e mezzo, è già alto quasi un metro e ottanta e negli ultimi mesi si è irrobustito, non è più un ragazzino minuto e fragile. Potrebbe difendersi facilmente, tuttavia qualcosa lo blocca. Fa quello che ha sempre fatto. Abbassa la testa sui pugni chiusi, si prepara a ricevere la solita dose di cinghiate sulla schiena e sulle gambe. Quella maledetta cinta non l'ha ucciso da bambino, non lo farà certo ora.
Conta. Uno due tre quattro cinque sei - stasera è una punizione da dieci, a quanto pare - ma incredibilmente lo Stronzo si ferma prima. Gli ordina di girarsi e lo guarda con odio e disprezzo.
Le restanti cinghiate lo raggiungono al petto.
Tommaso posa la cinta e lo afferra per i polsi.
«Se non righi dritto ti ammazzo, giuro su Dio che ti ammazzo» sibila e lo scaraventa di nuovo contro il tavolo.
Alessio rivolge uno sguardo supplicante alla madre. Non riesce a reagire, è pietrificato. Non è mai stato picchiato con così tanta violenza. Psicologicamente è stato già distrutto, ma il suo corpo ha riportato solo qualche livido. Ora invece vorrebbe urlare per il dolore. Non riesce a fare neanche questo. Non vuole darla vinta a quel pazzo furioso, anche se forse così porrebbe fine a quel martirio. Le urla farebbero accorrere i vicini e i vicini non devono sapere.
È solo. Marta non ha ascoltato la sua muta richiesta d'aiuto ed è andata in un'altra stanza
«Tu sei fuori di testa» dice, rialzandosi. Ha paura, anche se non l'ammetterebbe mai.
Lo Stronzo lo massacra di botte. Nella sua follia è lucido, evita di colpirlo sul volto, non vuole lasciargli segni evidenti. Probabilmente non vuole neanche fargli troppo, male ma si ferma solo quando Alessio, all'ennesimo impatto col bordo del tavolo, si lascia sfuggire un gemito soffocato e scivola sul pavimento come una bambola rotta, trascinando con sé la tovaglia e tutto quello che c'è sopra.

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Alessio
Aktuelle LiteraturATTENZIONE! Storia ad alto contenuto di violenza, descrizioni crude e linguaggio spesso volgare. -5 luglio 1999- "(...) paziente non collaborativo, mostra ostilità e atteggiamento provocatorio verso il personale medico. Nega di aver tentato il suici...