36. Valium

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Qualunque cosa avesse messo sua madre in quel bicchiere d'acqua, era portentosa. In pochi minuti diede sollievo al suo corpo e alla sua mente, facendolo scivolare dolcemente in un benessere che ormai provava di rado.
Aveva avuto un attacco di panico, a detta di Tommaso, e prima che lui potesse dire la sua, Marta aveva concordato, rassicurandolo che il suo cuore stava benone e che non aveva bisogno di essere portato al pronto soccorso.
Lui non aveva la benché minima idea di cosa stessero parlando, ma panico era la parola giusta per descrivere quello che aveva provato vedendosi puntare un coltello al petto, prima, e ritrovandosi davanti il suo incubo peggiore, dopo. Dalla padella nella brace. 

La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata venire bloccato dalla Bestia, sentire la pressione del suo corpo sul proprio. In quegli interminabili, concitati istanti, si era convinto che stava per essere stritolato e stuprato.

A mente fredda si disse che Tommaso non sarebbe mai arrivato a tanto, e cominciò anche a rendersi conto che il suo comportamento era stato davvero insolito.

Mi ha protetto. Mi ha aiutato.

Era davvero lo stesso uomo che tante volte l'aveva punito senza dargli la possibilità di spiegare cos'era successo tra lui e sua madre, prendendo a prescindere le difese di quest'ultima? Lo stesso uomo che da qualche tempo sembrava provare piacere nel vederlo soffrire? Lo stesso uomo che un mese prima l'aveva picchiato nonostante stesse malissimo e, quando l'aveva visto respirare a fatica, gli aveva dato una ginocchiata sullo stomaco?

Possibile fosse cambiato così tanto? Cosa stava accadendo?

«Mi hai salvato perché ti servo vivo?» gli chiese a bruciapelo.

«Tesoro, ma che dici?» Marta lo guardò con un'espressione di rimprovero, ma era ben diversa dalla donna infuriata e con gli occhi colmi di odio che l'aveva aggredito mezz'ora prima. «Ti pare questo il modo di ringraziarlo?»

Tommaso rise e si versò un altro bicchiere di tè freddo.

«È una domanda comprensibile. Credevi che ti prenderei a pugni, vero Alessio?»

Lui annuì. Fece per dire qualcosa, ma sua madre lo precedette.

«Non ti ha salvato, non si muore per un attacco di panico.»

«Ma io stavo soffocando davvero. Come quella volta che...» Deglutì. Forse non era il caso di parlare di quanto accaduto un anno e mezzo prima, l'ultima volta che l'aveva fatto si era beccato cinque cinghiate.

«Ero ubriaco e incazzato» spiegò Tommaso. «Non succederà più, te lo prometto.»

Il volto di Marta si illuminò.

«Prima di decidere di tornare insieme, io e Tommy abbiamo parlato tanto. Vi impegnerete tutti e due ad andare d'accordo e saremo finalmente una famiglia felice.»

Non ci credo, mi state ingannando. Stavi per piantarmi un coltello nel cuore, mamma.

Alessio decise che era meglio tenere per sé i propri dubbi. Del resto, aveva domande più impellenti da porre, doveva capire cosa gli era successo.

«Cos'è un attacco di panico?» chiese.

«È ansia forte forte.»

«Ma può venirmi ancora?»

«Non è detto.»

«Io voglio una risposta precisa! E se la prossima volta muoio? E se per paura di morire mi butto dalla finestra per fare più in fretta?» L'idea di rivivere quell'orribile esperienza era terrificante. Forse più dell'esperienza stessa.

«Tesoro, non essere stupido. Ti ho detto che non si muore. Se dovesse ricapitarti, andremo da uno psichiatra. Anzi, credo che ci andremo comunque, perché non stai per niente bene.»

«Stai dicendo che sono pazzo?»

«Ti ho detto mille volte di non usare quel termine. Si dice malato di mente, ed è una malattia come le altre, non c'è niente di cui vergognarsi. Non è colpa tua.»

Alessio tacque. La pace chimica in cui era scivolato gli impedì di reagire come suo solito, ma quelle parole gli entrarono dentro e lo segnarono come un marchio a fuoco. Non erano altro che un modo più gentile, delicato, di definire quello che era: uno scherzo della natura. Talmente patetico da impietosire persino la Bestia. Un caso talmente disperato che sua madre aveva perso le staffe e aveva pensato che sarebbe stato meglio ucciderlo piuttosto che lasciarlo vivere in quelle condizioni, un peso per lei e per se stesso.

Non si sentiva malato, però. Era semplicemente diverso. Non c'era nulla da curare, non esistevano farmaci per cambiare la sua natura putrida e sbagliata, la sua incapacità di stare al mondo.

L'unica cura è la Morte, si disse la mattina dopo, guardandosi i polsi. Rinfrancato da dieci ore di sonno e senza più l'effetto di quelle goccine miracolose, aveva ripreso a percepire tutto in maniera intensa e dolorosa. La sua vita era un labirinto da cui era impossibile uscire, con mostri e trappole insidiose dietro ogni angolo. Tommaso era tornato e prima o poi si sarebbe tolto la maschera del Bravo Patrigno, sua madre si era rivelata imprevedibile e pericolosa.

Sono in trappola.

I tasselli del domino avevano ripreso a cadere velocemente. L'idea di farla finita era ormai una costante delle sue giornate e dei tanti modi possibili per togliersi la vita, squarciarsi i polsi gli sembrava quello migliore.

Col taglierino in mano si sedette sul bordo della vasca, chiuse gli occhi e immaginò la propria dipartita. Due tagli netti e profondi, dal polso al gomito, e poi il sangue. Tanto sangue. La sua stupida e insensata esistenza sarebbe schizzata fuori dalle sue vene recise, in un flusso caldo e scarlatto che Marta avrebbe lavato via con una secchiata d'acqua saponata e una passata di straccio, il suo cuore avrebbe rallentato fino a fermarsi e la sua testa si sarebbe svuotata di ogni pensiero, ogni ricordo doloroso, ogni rimorso.

Ma non oggi.

Non si sentiva ancora pronto. Si sciacquò il viso e andò a fare colazione.
Quando Marta e Tommaso uscirono per la spesa, si intrufolò nella loro camera da letto e, nel cassetto del comodino, trovò quello che cercava: la boccetta col tappo dosatore da cui erano uscite le goccine portentose il pomeriggio precedente.

Valium. Avrebbe dovuto capire subito che sua madre gli aveva somministrato uno psicofarmaco.
Ne versò venti gocce in mezzo bicchiere d'acqua e, sicuro che così ne avrebbe potenziato l'effetto, le accompagnò con una dose abbondante di vodka.

E tutto tornò a posto, fino a sera. Nessuno si accorse di nulla, pensarono stesse semplicemente dormendo per ricaricarsi dopo una frenetica settimana di studio. Sua madre e il suo compagno erano così presi l'uno dall'altra, così innamorati, che non badarono a lui neanche quando lasciò buona parte della cena nel piatto e disse che avrebbe passato il resto della serata a leggere in camera sua.

AlessioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora