1. Amici

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APRILE 1994

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Se ne sta appollaiato in cima al dirupo scosceso ricoperto di erbacce e piccole margherite gialle, dove finisce l'asfalto e inizia la campagna, le cuffie del walkman incollate alle orecchie e una Marlboro accesa tra le dita. Dovrebbe tornare in classe per evitare l'ennesimo rimprovero o, peggio, nota  in condotta da far firmare a sua madre, ma non ne ha voglia. Quella brezza primaverile tiepida e dolce che gli sfiora il viso è troppo invitante. 
Spegne la sigaretta, si sdraia sulla schiena e si addormenta.
Lo svegliano, dopo neanche un quarto d'ora, una mano che gli scuote le spalle e una voce familiare, un po' petulante.

«Daje, Ale. Esposito è incazzato nero, ha detto che se non rientri entro cinque minuti va direttamente dal preside e sai che è capacissimo di farlo!»

Alessio si alza svogliatamente, con movimenti volutamente lenti, si toglie di dosso qualche filo d'erba, sbadiglia.

«Dormirò in classe» dice infine, con un sorrisetto divertito. «Stanotte non ho chiuso occhio.»

Manuel lo guarda sconsolato.

«Lo sai che rischi il sette in condotta?»

«Non mi faranno una bastardata simile, ho la media del nove.»

È uno studente brillante e più di metà dei docenti - le donne perlopiù - , hanno sempre chiuso un occhio di fronte alle sue intemperanze. Indisciplinato e strafottente, ma mai offensivo o aggressivo, e all'occorrenza sa trasformarsi in un cucciolo smarrito. Tranne che col professore di Sistemi, verso il quale sembra provare un odio ricambiato.
Se ha deciso di rientrare, è solo perché non vuole mettere a disagio l'amico. Esposito detesta anche Manuel, per motivi differenti, e lui non ha alcuna intenzione di dargli una scusa per rivolgergli una di quelle sue battute disgustose e intolleranti.
Sembra sicuro del fatto suo, Alessio, ma mentre cammina verso la scuola, a passo sempre più veloce, comincia a sentire una certa inquietudine. Se sua madre venisse convocata dal preside o comunque avvertita del suo atteggiamento poco rispettoso nei confronti dei professori, sicuramente ne parlerebbe con Tommaso e per lui significherebbe solo una cosa: l'aria a casa diverrebbe di nuovo irrespirabile, vanificando tutti gli sforzi fatti per raggiungere lo stato di relativa quiete che permane da qualche mese.
Devo resistere ancora un po' si dice, di fronte alla porta del laboratorio. Dopo il diploma mi troverò un lavoro e me ne andrò a vivere per conto mio.
Magari da Manuel, i primi tempi. L'amico è all'oscuro di molti dettagli della sua vita, tuttavia ne sa abbastanza da capire che cambiare aria gli farebbe bene, e più volte gli ha proposto di andare a stare da lui, i suoi genitori non farebbero storie e nella loro bella villetta a due piani c'è una stanza in più.
A frenare Alessio, ora che è maggiorenne, è solo l'imbarazzo che gli provocherebbe dover essere mantenuto da quella famiglia tanto gentile che l'ha sempre trattato come un secondo figlio.
Ostentando una sicurezza che non gli appartiene, raggiunge il proprio banco, tra gli sguardi sospesi dei compagni.

«Il tuo comportamento è inammissibile» dice Esposito, piazzandosi davanti alla cattedra con le braccia conserte. Non lo chiama per nome, non guarda neanche verso di lui, ma è chiaro a tutti con chi stia parlando. «Voglio fare due chiacchiere con tua madre.»

«La vedrà giovedì prossimo.»

«Voglio parlare anche con tuo padre.»

Alessio scatta in piedi, più infastidito dalle ultime due parole che dalle implicazioni dell'eventuale incontro tra i due.

«Non è mio padre» sibila.

«Il tuo patrigno, quello che è. Fossi in lui ti insegnerei l'educazione a sganassoni, mi sa che ne hai presi pochi.»

«Perché non a frustate

Il sarcasmo di Alessio, unito alla faccia da schiaffi con cui si rivolge al professore, provoca uno scroscio di risate tra gli altri ragazzi. Tranne che in Manuel. L'amico lo guarda con un'espressione seria e addolorata.

«Che c'è, Valentini? La parola frustate ti turba? O vorresti dargliele tu perché non ricambia il tuo amore?»

Altre risate. Alessio vorrebbe che quegli idioti dei suoi compagni prendessero fuoco e stringe i pugni dietro la schiena, per non afferrare qualcosa e lanciarlo contro il faccione insopportabile di Esposito.

«Il fatto che questi deficienti ridano non l'autorizza a prendere in giro il mio amico.»

È livido di rabbia, tutti i suoi buoni propositi di starsene tranquillo e silenzioso fino al termine della lezione sono andati a farsi benedire.

«Andiamo a fumarci una sigaretta» dice a Manuel, prendendolo per un braccio. Il ragazzo esita, non vuole alzarsi.

«Ale, no... »

«Hai paura di questo buffone? Se osa punirci in qualunque modo, andiamo dal preside e gli spieghiamo perché siamo usciti. Il suo comportamento è inammissibile, non il mio. L'educazione. L'educazione! Dovrebbe impararla lui.»

Alessio si avvicina al professore, pianta i profondi occhi verdi nei suoi, consapevole dell'effetto intimidatorio del suo metro e ottantadue e soprattutto del suo sguardo.
Quando sei arrabbiato fai paura, gli dice spesso sua madre. Manuel è alto quanto lui, e più robusto, ma non sortisce lo stesso effetto. Sembra totalmente incapace di violenza, anche verbale. Sicuramente perché non ne ha conosciuta, e lui lo invidia per questo, e al tempo stesso sa che difenderlo è suo compito, in attesa che capisca che il mondo e la vita sono un ricettacolo di merda e cattiveria.

«Non staremo fuori molto» dice  Alessio, rivolto alla classe. «Voi intanto potete tirare a indovinare chi farà una pompa a chi.»

Manuel arrossisce, anche se gli scappa un sorriso.
Adora il modo di fare di Alessio, la sua spavalderia. Il coraggio di fare battute che altri non farebbero mai, temendo di essere fraintesi e di apparire meno maschi. Lui può tutto. Nessuno metterà in dubbio la sua eterosessualità e a ogni modo farebbe desistere chiunque dal deriderlo, in caso contrario.
Lo segue in corridoio, eccitato da quel momento di trasgressione che lui da solo non si sarebbe mai concesso.

Alessio gli dà una pacca su una spalla, sorride.

«Ovviamente scherzavo. Continua a piacermi la figa.»

Prende un caffè dal distributore automatico e si accende una sigaretta, gli porge il pacchetto. La bidella gli lancia un'occhiata contrariata.

«Usciamo subito» dice, e il suo sorriso si allarga ancora di più.

Manuel sa cosa sta facendo.
Sta flirtando sottilmente con la giovane donna, consapevole del proprio fascino. Prova una punta di amarezza di fronte all'ennesima conferma di non avere alcuna speranza con lui.
Sua madre ha ragione.

Toglitelo dalla testa, Lele. Potete essere solo amici.


AlessioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora