Capitolo 74

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*Ho in mente molte cose, che piano piano nei prossimi capitoli leggerete. Spero che questo vi piaccia! Fatemi sapere cosa pensate 😬😘*

<<Non importa chi eri prima...importa chi sei adesso! Puoi dirmi ogni cosa e questo non cambierà quello che penso o provo per te. Te lo giuro! Io continuerò a tenerti stretta la mano, sempre>> disse lei accarezzandogli il viso.
Lui fece un lungo respiro e iniziò raccontare:
<<Tutti i miei problemi sono iniziati alle elementari, perché un giorno avevo chiesto alla mamma di vestirmi diversamente, qualcosa di particolare volevo, tipo una maglietta viola, così per cambiare, perché già da piccolo non ho mai fatto caso a quelle banali distinzioni l tra i colori considerati femminili e quelli maschili. Altri bambini hanno iniziato a prendermi in giro, a chiamarmi femminuccia, e anche le bambine non erano da meno,  mi guardavano e ridevano tra loro. Quel giorno, mi ricordo di aver pensato di togliermi quella maglietta, volevo strapparmela di dosso per farli smettere. I loro commenti mi ferivano, ed erano così cattivi.
Non potevo sopportare di essere deriso, mi  arrabbiavo sempre, che per molto tempo ho sfogato la mia rabbia distruggendo di tutto...>>
Si fermò stringendo i denti.
<<Dopo quella prima volta, i miei mi hanno fatto un discorso, che da una parte mi ha aperto la mente, ma evidentemente ero troppo piccolo per capire come agire. Mi dissero : " Tu puoi essere chi vuoi! Decidi tu la tua vita. Non permettere che il giudizio degli  altri cambi il tuo modo di vedere il mondo" >> continuò Sangio citando i suoi genitori.
<<Ricordo che risposi qualcosa come : " voglio che il mio mondo sia pieno di colori" che scemo che ero! Non avevo ancora capito in che mondo vivevo.>> rise lui amaramente.
<<Da quel discorso, presi una decisione che porto avanti anche oggi, cioè che sarò sempre me stesso, anche a costo di rimanere solo>> disse il cantante facendo una pausa, per riordinare i pezzetti della sua vita.
<<Ho fatto a botte svariate volte, mi hanno anche denunciato, per aver colpito dei ragazzi, poi fortunatamente ero minorenne, quindi me la sono cavata...>> parlava immerso nei suoi ricordi, in quei momenti tanto bui.

Giulia ascoltava ogni sua parola, senza dire niente, per non interrompere il suo flusso di ricordi, sapeva che era doloroso ricordare questi avvenimenti, e voleva tanto curare il suo dolore.

<<... Io..ho sempre cercato di non tradire me stesso, volevo essere io, a qualsiasi costo e se a qualcuno non andava bene, lo picchiavo, e per anni sono tornato a casa pieno di lividi e occhi gonfi e i miei genitori cercavano di fare da cuscinetto alla mia rabbia incontrollabile.
Ce l'avevo con il mondo, perché non riuscivo a trovare il mio posto. Mi ricordo tante sfuriate nella mia camera, vetri rotti e muri spaccati, mi stavo autodistruggendo.
Alle medie ero sempre quello diverso, ma allo stesso tempo facevo il bullo con chi non mi accettava. Mamma e papà mi hanno salvato, mi hanno dato una chiave di sfogo, che è tutt'ora la scrittura..Quando mi sono trovato quel foglio bianco davanti con vicino una semplice penna nera, ho iniziato a scrivere e le parole uscivano da sole. Ogni frase, che scrivevo sulla carta, automaticamente si toglieva in parte il peso che mi dava.>> si fermò per tirare indietro le lacrime.
Ricordare significava riaprire le ferite che per tanto tempo aveva nascosto nell'angolo più oscuro  e lontano della sua mente e Giulia si sentiva onorata di poter ascoltare la sua storia.
Dopo aver fatto diversi respiri, riprese a raccontare: <<L'ultimo attacco di rabbia che ricordo è successo poco dopo aver compiuto 18 anni, mi ero messo lo smalto alle unghie per la prima volta di un fucsia fosforescente, e avevo deciso di vestirmi in modo un po' stravagante, come sono io, per festeggiare il mio primo pezzo... ma uscito dal locale, stavo tornando a casa, ed ero quasi arrivato ma....mi hanno accerchiato...poi..le solite prese in giro pesanti, forse più del solito, ho provato a resistere, a trattenermi, ma la collera mi ha invaso del tutto, e sono scoppiato, come una bomba atomica, devastando tutto quello che mi circondava, e poi sono fuggito a casa. Nessuno sa niente di questa cosa, i ragazzi che ho picchiato, probabilmente non si ricordavano neanche il mio volto, perché era notte...>> disse lui, continuando a guardare il vuoto, non lasciando mai la mano a Giulia.
<<...Mi dispiace...Tu...tu...sei veramente speciale...e questo pensiero non cambierà adesso che so tutto..>> disse Giulia con le lacrime agli occhi.
<<Tu sei l'unica persona, al di fuori della mia famiglia che sappia questa cosa... e dirlo a te..pensavo mi facesse ancora più male, perché non voglio infangare la tua purezza con il mio passato...invece mi sento liberato da un macigno. È successo il contrario, perché tu, con la tua luce, hai illuminato il mio buio.>> disse lui accennando un sorriso.
Lei non riuscì a dire niente, a parte ricambiare il suo sorriso, provando in qualche modo a trasmettergli quello che provava.
<<Mi pento tutti i giorni..di questi comportamenti. Vorrei tornare indietro e cambiare le cose, ma dovrò convivere con il senso di colpa, soprattutto nei confronti dei miei genitori>> continuò lui asciugando le lacrime della sua Giulietta.
<<Shhh..tutti sbagliano. Guarda invece cosa hai creato con i tuoi testi ? Dai speranza alle persone! che un giorno le cose cambieranno e i diversi, come noi, non saranno più emarginati, ma parte del mondo come tutti gli altri>> gli disse lei passandogli le dita tra i capelli.
<<Ti amo! E non smetterò di ringraziarti, per esserci e per rendermi migliore>> esordì Sangio baciandola sulla bocca.
<<Ti amo anche io>> rispose lei.

Si addormentarono così, vicini e stretti l'uno all'altra.

A Torino...

Deddy era nervoso, guardava il telefono ogni due minuti, aspettando una risposta che ancora non arrivava. Prima di inviare quel messaggio aveva scritto e cancellato per ore sul suo telefono. Non riusciva a decidere le parole giuste per iniziare una conversazione e soprattutto per avvicinare questa persona di nuovo a lui. Respirava a fatica e le sudavano le mani, ma era certo di quello che stava facendo.
La risposta arrivò 10 minuti più tardi.
- Vediamoci tra mezz'ora al bar in centro.

Il ragazzo deglutì e rispose di si, aggiungendo un cuoricino rosso.

Mezz'ora più tardi, si stava avviando al bar, e dentro di sé cercava di rilassarsi e calmare i suoi battiti, non sapeva che effetto gli avrebbe fatto, ma sentiva che fosse la cosa giusta da fare.
Era mattina, precisamente le 8 e a Torino il sole era già alto e scaldava le strade. C'era molta gente in giro, e i negozi erano quasi tutti aperti. Deddy camminava lentamente, ricordando a se stesso quello che stava facendo, camminando per la strada incontrò anche un'amica di sua madre che lo salutò calorosamente, mentre apriva la porta del suo negozio. Il ragazzo era a casa in quel posto, eppure, quel giorno gli sembrava di essere un estraneo in quella città tanto famigliare. Forse aveva la mente da un'altra parte, forse voleva rivederla, o semplicemente era nervoso.
Deddy doveva solo girare a sinistra e il bar sarebbe stato direttamente davanti a lui insieme a questa persona, ma prima di girare l'angolo decise di fermarsi un secondo e fare dei respiri profondi, chiudendo gli occhi.

"È la cosa giusta!" si disse in testa, per poi riaprire gli occhi e continuare a camminare.

Arrivato sul posto, si guardò intorno per qualche secondo, e poi eccola lì. Seduta ad un tavolino riparato dal sole da un ombrellone. Perfetta in tutto, capelli, trucco, ogni cosa sembrava al suo posto. Anche lei lo vide e posò il caffè che stava sorseggiando. Non sembrava affatto nervosa, anzi, aveva un ghigno nascosto.
Deddy si avvicinò a quel tavolo, sapendo benissimo a cosa andava incontro, ma in quel momento sentiva di essere nel giusto.
<<Guarda chi c'è...>> lo salutò lei.
<<Ciao Rosa..>> rispose Deddy.

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