Mi svegliai di soprassalto sentendo bussare alla porta. Poco dopo entrò mio padre e si sedette sul letto, cadendo quasi sopra al mio piede. Non mi diede tempo di parlare, che iniziò il suo monologo in americano, sicuramente dimentico del fatto che fin da piccola avevo studiato l'italiano. Quando parlò notai oggettivamente che il suo accento nativo era radicalmente cambiato.
– "Sarà un piacere iniziare a strapparti i capelli tinti"?! È così che avevi intenzione di presentarti? Per fortuna Lucia non conosce l'inglese! Avresti fatto una pessima figura. E l'avresti fatta fare anche a me! Capisco che non volevi venire, capisco anche che per te è ancora tutto nuovo, ma non puoi trattarla così. È mia moglie! Dovresti portarle rispetto come fai con tua madre! –
Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo in pieno viso. – Chi ti credi di essere per dirmi una cosa del genere? Tu sei mio padre solo sui documenti. Quando vivevi con noi non ci hai mai trattate come tratti adesso quel ragazzino. E nei nove lunghi anni in cui sei stato lontano hai fatto finta che non esistessimo. Per te saremmo potute anche essere morte! –
Lui incassò il colpo e io sogghignai dentro di me. Non mi ero mai sfogata tanto, spingendomi fino a quel punto, e il senso di leggerezza che ne derivò mi spronò a continuare a parlare. – Non so per quale motivo tu ti sia degnato di ricordarti della nostra presenza dopo tutto questo tempo, ma stai pur certo che, se il tuo obiettivo è quello di riavvicinarti solo per qualche tuo strano motivo, beh... sappi che non funzionerà. Ho sempre creduto che un giorno, prima o poi, saresti tornato da noi, ci avresti abbracciate e saremmo tornati a essere la famiglia felice che eravamo un tempo. Ho impiegato anni per capire che era solo un'illusione: la vita va avanti, il tempo scorre, le persone cambiano. Non riuscirai a tornare indietro nel tempo. –
Quando richiusi la bocca, alla fine, mi sentii completamente vuota. Il senso di adrenalina che avevo provato nel parlare si era trasformato in tristezza. Mio padre, evidentemente colpito da quello sfogo improvviso, si alzò e uscì dalla stanza, dopo avermi avvisato che, nel caso in cui avessi avuto fame, avrei potuto prendere qualcosa dalla cucina. Uscì sbattendosi la porta alle spalle e io mi accasciai di nuovo sul materasso.
Era in momenti come quelli che sentivo il bisogno di avere Tay al mio fianco. Quindi aprii la valigia, tirai fuori panni alla rinfusa buttandoli per la stanza e, quando finalmente trovai il computer – Tay lo aveva avvolto tra diversi strati di vestiti – mi collegai al router del telefono e chiamai il mio migliore amico attraverso il computer. La risposta non si fece attendere molto.
– Dolcezza! – mi salutò lui con un gran sorriso. – Come va la vita nella città della moda? Hai già trovato un ragazzo... – Si bloccò vedendo la mia espressione sconsolata. – Tutto bene? – mi chiese.
Io annuii, cercando di non guardarlo negli occhi. Ora l'idea di chiamarlo non mi sembrava più così sensata: Tay aveva l'innato dono di smascherare ogni mia più piccola bugia.
– Stronzate. – disse lui in modo conciso. – Dimmi cosa c'è che non va. Vuoi che prendo il primo volo per Roma? –
Sorrisi all'idea, ma scossi la testa. Dopo un po' raccontai di getto quello che avevo vissuto dall'arrivo in aeroporto. – Mio padre si è risposato e ha un figlio. Mi ha dato una camera tutta rosa e la moglie è una psicopatica senza senso del pudore. E mio padre è un cretino. –
– L'hai insultato? – chiese lui.
Riflettei un attimo. – Probabile. –
Lui sbuffò sonoramente. – Edith. – Mi aveva sempre chiamato così da quando ci eravamo conosciuti, anche se non ne avevo mai capito il motivo. – Non puoi solo vivere queste due settimane comportandoti in modo civile con tuo padre e... la moglie? Faresti un favore a tutti, specialmente al tuo sistema nervoso. –
– Tay, devi vedere con che occhi guarda il figlio! È completamente dipendente da quel marmocchio! È così... –
– ...fiero. – Concluse Tay con una punta di amarezza. Mi pentii di avergliene parlato. Lui sapeva perfettamente come mi sentivo: i suoi genitori, quando seppero che era gay, lo isolarono e fecero finta che fosse solo un povero malato. Iniziarono a nasconderlo ai parenti e a considerare solo i nipoti, tralasciando il dettaglio Taylor. Aprii la bocca per scusarmi, ma lui mi bloccò.
– È tutto a posto, Edith. – sorrise. – Prometti che cercherai di andare d'accordo con tuo padre per queste due settimane? –
Sorrisi a mia volta. – Farò lo sforzo. –
Lui annuì. – Ora devo andare. Qui in Ohio sono le otto del mattino e ho un incontro di lavoro per un'occupazione estiva tra un paio d'ore. Devo prepararmi al meglio. –
Lo guardai perplessa. – Quante ore ci sono di fuso orario? –
– Cinque. – rispose con prontezza. – Qui a Cincinnati siamo cinque ore indietro. –
– Uhm... Dovrò ricordarmi di non chiamarti alle cinque del mattino, allora. –
– Altrimenti rovineresti il lavoro della mia crema antirughe. –
– E poi chi ti sente? "Edith, adesso dovrò starmene una settimana chiuso in camera per colpa tua!" –
– Ehi, non ho una voce così roca! –
Parlammo ancora un po' e ripresi parte della felicità che avevo lasciato in aeroporto quella mattina. Prima di concludere la conversazione gli feci una domanda molto seria. – Per quale motivo il piccoletto continua a fissarmi le mani? Mi devo preoccupare? –
Lui ci pensò un momento. – Gli hai portato un regalo? –
– Certo che no! Non so se ricordi, ma mio padre ha deciso di riservarmi l'effetto sorpresa sull'esistenza del marmocchio... –
– E allora è semplice! – vista la mia espressione dubbiosa, espletò quello che secondo lui era ovvio. – Sta aspettando il suo regalo. –
– Ma non ho regali con me. – protestai. – E comunque non ci tengo a fare un regalo a quel ragazzino... –
– Hai già rimosso quello che ti ho detto? Sii gentile. –
Sbuffai. – Okay... Cosa gli compro? –
– Un peluche. – rispose lui senza ombra di dubbio. – A tutti i bambini piacciono i peluche. –
– Anche a quelli che crescono con una psicopatica rovina-famiglie? –
– Soprattutto a loro. –
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Just friends
Teen FictionAudrey è una ragazza con un passato difficile: da piccola è stata abbandonata da suo padre e dal suo migliore amico, situazione che l'ha costretta a costruire intorno a sé un muro di sfiducia e incertezza e che pian piano l'ha spinta nel baratro del...