Capitolo 37

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Raf salì sul tavolo e, dopo essersi messo in posa come un attore di teatro, prese a recitare alcuni dei messaggi che avevo mandato ad Audrey, contento di avere un pubblico attento come Raoul. – "Ehi, come va? Volevo parlare della serata scorsa. Sai, non hai risposto ai miei messaggi e mi chiedevo se..." Nah, troppo smielato! Eccone uno carino! "Senti, magari non mi vuoi rispondere perché cerchi di negare cosa è successo, ma, per favore, parlane con me." Oddio, sei troppo dolce! – Raf mi fece il verso e Raoul lo raggiunse, sedendosi al contrario su una sedia.

– Ora è il mio turno! – decretò Raoul. Raf fece per passargli il telefono, ma lui glielo lasciò. – Ti dico io come andrà avanti questa conversazione: "Audrey, cuore del mio cuore, sei il mio vento in una giornata afosa, sei il sole che mi scalda al mattino, sei la luna che illumina la mia notte, sei..." –

– Siete due grandissimi stronzi. – gli feci notare. Misi il broncio e mi sdraiai sul divano con un braccio sulla faccia. – Siete i peggiori coinquilini di sempre. –

Loro sembrarono prenderla sul personale, tanto che mi si avvicinarono, si sedettero su due sedie di fronte a me e, senza restituirmi il telefono, iniziarono la loro seduta psichiatrica.

– Secondo me è cotto. – decretò Raf.

– Ovvio! – lo appoggiò Raoul, ridacchiando sotto i baffi. – Hai visto come l'ha difesa da Gregori alla festa? –

Raf sembrò cadere dalle nuvole. – Che cosa? –

– Oh, già, tu eri dentro a limonare con qualcuno, ovvio. – lo accusò Raoul. – Beh, hai presente lo scontro fra titani tra Audrey e Alice? – Quando Raf annuì, Raoul continuò. – Bene, dopo la lotta Audrey è scappata in strada piangendo e ho solo fatto in tempo a vedere una macchina che inchiodava davanti a lei. Quando l'abbiamo raggiunta stava parlando allegramente con Gregori, cosa che ha fatto infuriare il nostro caro Marshall. –

Sbuffai da sotto il braccio, ma Raoul fece finta di non sentirmi. – Stava per saltargli addosso, o perlomeno gli avrebbe tirato un bel destro sul muso. Ho dovuto fermarlo io. –

Raf tirò un pugno sul braccio dell'amico. – Perché non l'hai lasciato fare? Era il momento buono per fargliela pagare per come si è comportato in passato! –

Tolsi il braccio dalla faccia per incrociare lo sguardo furente di Raoul: lui, Francesco Gregori e io ci eravamo trasferiti in quell'appartamento nell'estate tra il quarto e il quinto anno di scuola e andavamo davvero molto d'accordo, forse anche perché frequentavamo tutti la stessa classe. Ci consideravamo fratelli: ognuno sapeva tutti i segreti degli altri e ci aiutavamo a vicenda in qualsiasi occasione, anche se implicava ficcarci tutti nei guai.

Questa atmosfera era il massimo che potessi desiderare, finché qualcosa non cancellò il rapporto fratello che avevamo instaurato. Durante il quinto anno, a un paio di mesi dalla fine, Gregori aveva capito che l'avrebbero bocciato. Era incazzato con la scuola e sputava la sua rabbia contro di noi: iniziò a dire che, non appena fosse finita la scuola, Raoul e io l'avremmo abbandonato, anche se sapeva benissimo che non avremmo mai fatto una cosa del genere.

Nell'ultimo periodo Gregori si era allontanato sempre di più, tanto che tornava nell'appartamento solo per dormire, quelle poche che lo faceva. I rapporti tra noi erano sempre molto tesi e a scuola tutti respiravano un'aria diversa: nessuno ci aveva mai visti litigare.

L'ultimo mese di scuola si scatenò un putiferio: la scuola era spaccata a metà, tra chi seguiva me e chi stava dalla parte di Gregori; io non volevo tirare su quel polverone per una litigata che avremmo benissimo potuto risolvere in privato con una bella birra in mano, ma lui rimaneva irremovibile, tanto che presto iniziò a insultare Raoul e me alle nostre spalle.

A quel punto ci arrabbiammo sul serio e lo tagliammo fuori da tutto, minacciandolo di fargli rivoltare contro l'intera scuola. Ma lui continuava a snobbarci, facendo finta che la situazione potesse in qualche modo mettere noi altri sotto una cattiva luce. Anche Alice, con cui stavo in quel periodo, mi ripeteva che dovevo provare a mettere le cose a posto e dare a Francesco un'altra possibilità.

Una settimana prima della fine della scuola avevamo convinto Gregori ad abbandonare la sua campagna contro di noi, tanto che eravamo quasi tornati quelli di un tempo. Lui, intanto, continuava a essere cupo, triste e minaccioso e, anche se all'apparenza di comportava da amico, non lo diede mai a vedere più di tanto.

Tutto scoppiò gli ultimi giorni di scuola: al compleanno di Raoul, lui organizzò una festa in piscina stratosferica, invitando mezza Roma. Alla sua festa, piena di alcool fino a scoppiare, Alice aveva flirtato con Francesco ed era scoppiata una rissa tra me e lui, giusto per fargli capire quali fossero i limiti del mio territorio.

Dopo quella sera, Francesco non rientrò a casa per qualche giorno e Raoul si dimostrava arrabbiato con tutti e due. In quei giorni non vidi neanche Alice: per telefono mi disse che non le sembrava giusto che avessi punito Francesco per uno sbaglio che aveva commesso lei, tanto più che era completamente brilla.

Nella mia infinita stupidità, calpestai il mio orgoglio per la prima e ultima volta e chiesi scusa a lei e a Francesco. Le dissi anche che quel fine settimana sarei stato fuori Roma, da mio nonno, per fargli un po' di compagnia. In realtà stavo preparando una serata speciale per riconquistare la mia ragazza.

La sera del sabato la andai a prendere a casa, sicuro che la mia sorpresa le sarebbe piaciuta tantissimo. Mi arrampicai sul suo balcone e, quando vidi la scena, per poco non caddi dal primo piano: Alice e Francesco erano avvinghiati come polipi e dai versi che emettevano c'era poco da lasciare alla fantasia.

Tornai a casa, profondamente disturbato da ciò che avevo visto. Raccontai tutto a Raoul, che, come sempre, si schierò dalla mia parte. Quando poi Francesco tornò a casa, lo sbattei addosso al muro per fargli confessare cosa aveva fatto. Lui raccontò tutto nei minimi dettagli come se stesse parlando del tempo.

Ero fuori di me: lo spinsi da un lato e iniziai a lanciargli qualunque cosa avessi sotto tiro. Gli diedi del traditore e lo sbattei fuori di casa. Quella fu l'ultima volta che mi salì una lacrima agli occhi: avevo appena perso un fratello, pugnalato alle spalle dalle due persone di cui mi fidavo maggiormente.

Raf mi passò una mano davanti agli occhi e io tornai velocemente tra loro.

– Uhm? – chiesi con poca convinzione.

Raoul scosse la testa, ancora un po' teso. – Raf ti ha chiesto se domani ti va di uscire. –

Ci pensai un attimo. – No. –

– E che cazzo! – imprecò Raf gettando le braccia al cielo. – Ti sei rammollito da un anno a questa parte! –

Raf era entrato nell'appartamento un paio di mesi dopo che avevo allontanato Francesco. – Ehi, non è colpa mia se domani non mi va di uscire. –

Lui ridusse gli occhi a due fessure. – Come fai a sapere che domani non ti andrà di uscire? –

Scrollai le spalle. – Lo so e basta. –

– Stai mentendo. –

– Non puoi provarlo. –

– Allora Audrey non c'entra nulla, giusto? –

Fissaiun punto sopra la sua spalla. – No. – Eppure, al sentire il suo nome, qualcosami aveva smosso lo stomaco. Forse era vero: ero cotto.

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