Il mio penultimo giorno a Roma fu davvero triste: anche se ero stata lì solo due settimane e in Ohio mi aspettavano il mio migliore amico e mia madre, non riuscii a fare a meno di pensare che Roma mi sarebbe mancata. Del resto quella città era meravigliosa: c'erano luoghi storici da visitare, fontane da fissare, parchi in cui rilassarsi, negozi dove spendere le proprie paghette e tanta gente da conoscere.
Presi mentalmente nota di chiedere a mia madre di tornare in Italia io, lei, Tay e le mie sorelle. Così si sarebbero divertiti un po' anche loro e avrebbero visitato una delle città più belle del mondo.
Marshall si presentò davanti all'appartamento di mio padre alle dieci in punto, pronto per portare me e Filippo a conoscere una nuova parte di Roma. Ma, non appena illustrò il suo piano a Lucia, la donna scosse vigorosamente la testa, mentre piccoli brillantini le cadevano dalla capigliatura gialla.
– Oggi non può. – rispose lei, aggiungendo lacca brillantinata ai capelli. – Dobbiamo andare alla festa di un suo compagno di scuola. Il tema è anni ottanta. –
Feci scorrere lo sguardo dalla testa ai piedi di Lucia e emisi un verso strozzato nel vedere come si era vestita: indossava un enorme fiocco rosa sui capelli, che erano stati cotonati per sembrare più vaporosi; aveva una maglietta viola e verde che le lasciava scoperta una spalla e, per la prima volta in due settimane, le copriva il decolleté; i leggings neri erano stati personalizzati ai lati con paillette rosa e buona parte delle gambe – quasi fino alle ginocchia – era coperta da scaldamuscoli rigorosamente rosa.
Io e Marshall la fissammo per un momento, sbigottiti. Lei, invece, sembrava a suo agio vestita in quel modo. Ci spiegò che quello era il look che andava di moda quando lei era giovane e che era rimasta contentissima quando la madre del compagno di scuola di Filippo l'aveva invitata alla festa.
– La festa inizia tra un paio d'ore e... – continuò lei. Poi si girò improvvisamente verso la camera da letto. – Filippo! Fatti vedere! –
Il bambino uscì dalla stanza con la testa bassa, il passo strascicato e le braccia rigide lungo i fianchi. Alzò lo sguardo solo dopo essere arrivato a pochi passi da noi. Marshall gli sorrise mestamente, con lo sguardo da "ti-capisco", mentre la madre, gonfiando il petto con orgoglio, ci illustrava il vestiario di Filippo.
– Per gli uomini il look non è poi così difficile da riprodurre. – ci spiegò. – È bastato prendere una camicia bianca, un paio di jeans blu e una giacchetta marrone. E voilà! –
Marshall storse il naso. – Non pensi che morirà di caldo lì dentro? –
Lucia scosse la testa, rispondendo a Marshall mentre cotonava anche i capelli del figlio. – Non ti preoccupare, è solo per fare scena. Se proprio sentirà caldo... beh, potrà togliere la giacca. –
Il bambino ci guardò sconsolato. Alla fine, senza altro da aggiungere, io e Marshall salutammo Lucia e augurammo buona fortuna al bambino, poi uscimmo dall'appartamento. Mentre scendevamo le scale, Marshall sbuffò un paio di volte.
– Cosa c'è? – chiesi, cercando di tenere il suo passo.
Lui mi guardò per un istante. – Lucia. È così... maniacale. Quel ragazzino ha otto anni e non ha amici, ma la madre è troppo impegnata a passare per genitore-perfetto per accorgersi che il figlio non si trova bene con i suoi coetanei. –
– È per questo che passi tanto tempo con lui? –
Lui aspettò un po' per rispondermi. – Gli voglio bene; lo considero il mio fratellino minore. Sai quanto sono territoriale... Per questo, quando vedo che i ragazzini della sua età lo lasciano in disparte, gli dico sempre di andare da loro e provare a farsi degli amici, ma lui è troppo timido e accondiscendente. –
– Vedrai, anche lui prima o poi si farà degli amici. –
– Lo spero proprio. – rispose a mezza voce. Parlammo di altro mentre andavamo a prendere la metropolitana e Marshall non volle dirmi dove mi stava portando.
– È una sorpresa. – mi rispose quando gli chiesi per la centesima volta dove mi stesse portando. – Ma sono sicuro che ti piacerà. –
Scendemmo a Ottaviano. Da lì salimmo su un autobus – il 982. Marshall mi spiegò che a Roma i mezzi pubblici più usati erano la metropolitana e le linee degli autobus: c'erano tre linee di metro, di cui una ancora in costruzione, e centinaia di autobus diversi, riconoscibili grazie a un numero. Mi disse anche che con il 982 saremmo arrivati "dove dovevamo arrivare" in un quarto d'ora.
Effettivamente, quindici minuti dopo arrivammo davanti alle mura dello Stato del Vaticano. Guardai Marshall perplessa.
– Qui è dove risiede il Papa, giusto? –
Lui annuì. Sembrava soddisfatto di avere una "studentessa" minimamente preparata. – Questo è lo Stato del Vaticano. Oggi avevo intenzione di portarti a vedere la basilica di San Pietro, a mio parere una delle cattedrali più belle che siano mai state progettate. –
Annuii, ma Marshall si era già avviato lungo le mura. Camminammo un paio di minuti, poi ci trovammo esattamente fuori dal colonnato della piazza. Dovemmo passare sotto un metal detector per entrare effettivamente e poco dopo ci trovammo all'intermo della piazza: a sinistra avevamo la basilica, a destra il piazzale vero e proprio, circondato dal colonnato, con al centro un grande obelisco.
Marshall si avvicinò alle colonne e io lo seguii a ruota.
– Quell'obelisco che vedi lì, – mi spiegò puntando il dito verso il centro. – apparteneva all'imperatore Caligola. Il colonnato che vedi tutto intorno segue la base ovale della piazza e... guarda qua. –
Marshall mi prese per mano e mi condusse a qualche metro dalle colonne, lasciandomi in piedi su un piccolo punto fissato a terra. Era un quadratino che non sembrava avere nulla di importante.
– Da qui guarda le colonne. – mi disse.
Effettivamente lo spettacolo era meraviglioso: il colonnato era formato da quattro file di colonne, ma da quel punto sembrava che ci fosse una sola fila di colonne.
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Just friends
Teen FictionAudrey è una ragazza con un passato difficile: da piccola è stata abbandonata da suo padre e dal suo migliore amico, situazione che l'ha costretta a costruire intorno a sé un muro di sfiducia e incertezza e che pian piano l'ha spinta nel baratro del...