Capitolo 30

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Tre quarti d'ora dopo ero pronta per uscire: indossavo un vestito nero senza spalline che mi arrivava prima del ginocchio e che, grazie a una cinta a fascia sotto il seno, metteva in mostra le mie curve. L'abito era pieno di piccoli disegni bianchi ed era uno dei pochi vestiti da cerimonia che mi ero portata dall'Ohio. Avevo legato i capelli in uno chignon non troppo stretto e indossavo un paio di scarpe nere tacco 10 con un sottile cinturino dello stesso colore. Avevo messo un po' di matita sugli occhi e avevo sfumato dell'ombretto nero ai lati, come mi aveva insegnato Tay.

Uscii dal bagno e mi avviai in salone, stando attenda a non prendere qualche storta. Appena Marshall mi vide, aprì la bocca e, venendomi incontro, per poco non inciampò nei suoi passi. Richiuse di scatto la bocca e si schiarì la gola.

– Sei... Sei molto bella, davvero. – mi disse, allungando un braccio nella mia direzione. Mi sfiorò il fianco e mi fece aggrappare al suo braccio muscoloso.

– Ti ringrazio. – risposi. Era un bene che avessi messo anche un po' di fondotinta, o probabilmente mi avrebbe vista arrossire.

Marshall chiamò l'ascensore e mi spiegò questa sua scelta facendomi l'occhiolino. – Preferisco fare qualche piano in ascensore che vederti rotolare per le scale. –

Gli diedi un colpetto sul braccio, ma alla fine scoppiai a ridere. Registrai con una punta di orgoglio il fatto che avesse messo da parte la sua fobia per me.

In ascensore cercai di sistemarmi una ciocca ribelle che si era liberata dallo chignon, ma senza successo. Poi Marshall mi bloccò una mano e con l'altra lasciò ricadere dolcemente la ciocca vicino al mio orecchio, come se facesse parte della pettinatura originale.

– Smettila di guardarti allo specchio. – mi rimbeccò lui. – Sei bellissima. –

Sorrisi. – Anche Filippo, il primo giorno che sono arrivata qui, mi ha detto la stessa cosa. È per caso frutto dei tuoi insegnamenti da fratello maggiore? –

Lui scrollò le spalle. – Quel bambino è un piccolo genio. Non ha bisogno dei miei consigli. Secondo me sarebbe perfettamente in grado di rimorchiare qualsiasi ragazza, se solo si applicasse un po'. –

Le porte dell'ascensore si aprirono e Marshall respirò a fondo, alzando le braccia al cielo con fare teatrale. – Senti il profumo della libertà, lontani da quell'affare maledetto. –

Scossi la testa sorridendo e mi avviai fuori. Sulla soglia del portone, però, guardai Marshall confusa. – Come arriviamo alla festa? – chiesi, ricordandomi che, fino a quel momento, avevamo sempre usato la metropolitana. Ora l'idea di andare in giro la sera vestita così non mi sembrava la migliore.

– Tranquilla, non ho intenzione di prendere i mezzi pubblici. – tirò fuori il telefono e iniziò ad armeggiarci. – Gli avevo detto di farsi trovare qui sotto per le sette e mezza. Ora gliene dico quattro a quella testa... –

– Ehi, fratello! – sentimmo una voce provenire da una macchina parcheggiata in doppia fila a qualche metro di distanza da noi. – Sono qui, non ti scaldare! –

Marshall mi prese per mano e, felice come un bambino, mi trascinò verso la macchina, presentandomi con orgoglio il ragazzo seduto alla guida. – Audrey, lui è Raffaele. Raf, ti presento Audrey. –

Il ragazzo scese dalla macchina e potei ammirarlo da capo a piedi: era alto, aveva gli occhi tra il verde e il marrone, incorniciati da una chioma nera riccioluta, indossava una camicia bianca sbottonata che lasciava intravedere il suo fisico asciutto ma muscoloso e... stava venendo verso di me.

Mi prese una mano e, sorridendo, se la portò alla bocca, baciandola lentamente. – Milady, è un piacere fare la vostra conoscenza. –

Scoppiai a ridere e lo ringraziai per il gesto nobile. Guardai Marshall di sottecchi e lo vidi borbottare qualcosa; poi prese l'amico per il colletto della camicia e lo infilò al posto dal guidatore. – Devo ricordarti che sei felicemente fidanzato, Romeo? –

Lui sbuffò e mise in moto la macchina, una station wagon blu sportiva. – Fidanzato, sì. Felicemente... –

Marshall lo guardò con sguardo torvo. – Ancora con questa storia? Sono due settimane che fate tira e molla! –

Raffaele poggiò un gomito sullo sportello dell'auto, abbassò completamente il finestrino e lasciò vagare la mano fuori dalla macchina.

– Sai come sono fatto... Tra qualche giorno troverò qualcun altro con cui passare il tempo. – disse Raffaele con una scrollata di spalle.

– Continuiamo questo discorso dopo, stupido che non sei altro. – lo imbeccò Marshall. Poi si girò nella mia direzione, facendomi un mezzo sorriso. – Di solito non è così musone, credimi. Ed è un ottimo ballerino. –

Raffaele mi guardò dallo specchietto retrovisore e mi fece l'occhiolino. – Sono il miglior ballerino che ci sia, ragazza. E tu, invece? Cosa posso sapere di te? Dovresti essere la famosa Audrey...

Io lo guardai perplessa. – Famosa? In che senso? –

Raffaele lanciò un'occhiata a Marshall, solo per il gusto di vederlo spalancare la bocca per la sorpresa. – Oh, niente, tesoro. È solo che il tuo amichetto qui mi ha parlato molto di te. Solo cose buone, s'intende, ma non puoi capire che noia sentirlo ripetere sempre il tuo nome... –

Marshallbofonchiò qualcosa a voce bassa, incenerendo l'amico con lo sguardo, gli diedeuna gomitata e alla fine lo spronò ad accelerare, o non saremmo più arrivati.

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