Capitolo 22

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– Non ce la posso fare! – urlai, mentre cercavo di sovrastare le voci intorno a noi.

Marshall quel giorno mi aveva portato a girare quasi tutta Roma e alla fine della giornata si era imbucato alla festa di un amico di un suo amico e adesso mi trovavo a dover sfidare un ragazzo con la testa ricoperta di dred a riuscire a bere quanti più bicchierini di vodka senza rigettarli tutti. Iniziammo con un bicchierino a testa e sorrisi assaporando il liquido trasparente scendermi giù per la gola. Anche il mio sfidante lo bevve senza troppa esitazione.

Ne mandammo giù un altro, poi un altro e un altro ancora. Alla fine il ragazzo si allontanò in fretta dal tavolo con una mano davanti alla bocca e vomitò nel vaso più vicino. Mi girai dall'altra parte per non osservare la scena. Marshall mi guardò preoccupato, chiedendomi se stessi bene.

Annuii e mi avvicinai al suo orecchio. Ero un po' brilla, ma riuscii a biascicare qualche parola. – Una cosa che sicuramente non sai di me è che reggo benissimo l'alcol. –

Gli feci l'occhiolino e, nel tornare al mio posto, per poco non perdetti l'equilibrio, finendo rumorosamente a terra. Marshall mi sorresse prontamente e mi passò un braccio intorno alla vita. Con la mano libera fece un cenno a un ragazzo poco lontano da noi, che ci si avvicinò sorridendo.

– Ecco la nostra campionessa! – esclamò divertito, dandomi una pacca sulla spalla.

Cercai di sorridere, ma mi sentivo tutta la bocca indolenzita. Marshall rispose al posto mio. – Non fare il cretino, Raoul. Ora la porto a casa. –

– Dai, fratello! – lo incitò Raoul. – Rimanete ancora un po'. Qualcuno ha appena sfidato Alice a farsi il bagno con una bottiglia di champagne! –

Sentii Marshall irrigidirsi accanto a me. Quando infine parlò, la sua voce era ferrea quanto la sua stretta sulla mia vita. – No. Dobbiamo andare. Ci si vede, Raoul. –

Ci allontanammo, mentre il ragazzo continuava ad agitare le braccia e ad affibbiare epiteti poco carini a Marshall. Lui mi fece entrare in macchina e mi legò la cintura di sicurezza. Lo guardai con sguardo torvo. – So farlo anche da sola. –

Lui alzò gli occhi al cielo e si infilò nel posto di guida. Accese la macchina e mi portò a casa. Durante il tragitto di ritorno, non mi degnò neanche di un'occhiata.

Arrivati davanti al portone di casa, mi aiutò a scendere e aprì il cancello con una chiave. Lo fissai.

– Come fai ad avere le chiavi dell'appartamento di mio padre? – biascicai.

Lui non mi guardò. – Te le ho sfilate dalla tasca poco fa. –

Cercai di guardarlo male, ma la testa mi pulsava talmente tanto da non permettermi nessun genere di movimento. Mi spinse fino all'ascensore e, quando gli dissi che non c'era bisogno di venire su con me, lui sbuffò e spinse il pulsante per il quinto piano.

Arrivati davanti alla porta di casa, gli sfilai di mano le chiavi e cercai di aprire da sola. Non riuscivo a infilare la chiave. Alla fine, dopo qualche tentativo, Marshall allungò la mano per aiutarmi, ma io mi impuntai.

– Faccio da sola. –

Lui incrociò le braccia al petto, masticando un insulto tra i denti.

Quando infine riuscii a infilare la chiave e far scattare la serratura, lo guardai vittoriosa. Lui non disse nulla, ma alzò solo un sopracciglio. Mi fece cenno di non parlare e mi condusse fino alla mia stanza. Lì mi rimboccò le coperte e mi augurò la buonanotte.

Quando fece per andarsene, una testolina marrone fece capolino. Filippo ci guardò un momento, poi sorrise a Marshall. Lui gli si avvicinò e si inginocchio davanti al bambino in modo tale da avere la testa alla stessa altezza.

– Ciao, campione. – lo salutò Marshall, arruffandogli i capelli. – Non dormi? –

Filippo scosse la testa. – Ho paura dei mostri sotto al letto. – dichiarò lui, contorcendosi un angolino del pigiama.

Marshall gli sorrise dolcemente. – Non devi preoccuparti: tu sei forte e i mostri non possono farti nulla. –

Il bambino parve pensarci un attimo, ma alla fine annuì soddisfatto.

– Un'ultima cosa. – sussurrò Marshall a Filippo. – Devi premettermi che non dirai nulla a mamma e papà, okay? –

Lui annuì ancora e, dopo averci salutati entrambi e aver abbracciato Marshall, tornò nella sua camera. Il ragazzo si girò nella mia direzione. Non ero completamente nella facoltà di usare appieno tutti i miei sensi, ma vidi in modo sfocato Marshall avvicinarsi, darmi un bacio sulla fronte e sussurrarmi nuovamente la buonanotte. Poi, mentre si allontanava dalla mia camera, vidi tutto buio.

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