Capitolo 54

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– Io scendo alla prossima fermata. – informai Francesco controvoglia. Lui si ero offerto di farmi compagnia mentre eravamo sulla metropolitana. Mi aveva raccontato diverse cose su di lui, dal fatto che adorava al calcio e idolatrava la Roma, al fatto che in realtà aveva una macchina ma non la usava per andare a scuola: era molto più semplice e veloce prendere la metropolitana.

– Un giorno ti faccio conoscere la mia piccolina. – mi promise lui, riferendosi alla sua macchina.

Alzai gli occhi al cielo. – Magari in circostanze diverse rispetto all'ultima volta, visto che per poco non mi investivi con la tua piccolina. –

Lui camuffò una risata con un colpo di tosse. – Ehi, eri in mezzo alla strada! Non è stata colpa mia. –

Scossi la testa e lui mi diede un buffetto sulla gamba. – Vorrà dire che la prossima volta mi tocca portarti a mangiare da qualche parte per farmi perdonare. Conosco un posto fantastico a poche fermate di metro dalla scuola in cui puoi trovare la pizza più buona di tutta Roma. –

Sorrisi. – Certo, perché no? –

Lui mi sorrise a sua volta. Era sul punto di dire qualcosa, quando le porte si aprirono.

– Ora devo andare. – dissi. – A presto, allora. –

– A presto! – mi fece un cenno con la mano. Scesi dal vagone e i suoi occhi rimasero incatenati ai miei finché non riuscii più a vederlo. Attesi che la metropolitana sparisse oltre una curva e poi mi incamminai verso casa, fermandomi prima al supermercato per comprare del pane fresco.

– Sono a casa! – urlai a nessuno in particolare, mentre entravo nel mio appartamento e lanciavo lo zaino a qualche metro da me.

Tay mi venne incontro saltellando e mi abbracciò. Quando si staccò, notai che indossava un grembiule da cuoco con la foto di alcuni addominali perfettamente scolpiti. Lo fissai con un sopracciglio inarcato e lui mi guardò con un sorriso furbo.

– Ti piace? – fece una piroetta per mostrarmi meglio il suo nuovo acquisto, che per fortuna era stampato solo sulla parte anteriore. – L'ho comprato a una bancarella a due euro. –

Alzai gli occhi al cielo e mi buttai sul divano, improvvisamente esausta. Lui si tolse il grembiule e, dopo averlo piegato con cura e riporto delicatamente su una sedia, mi raggiunse e si sedette compostamente accanto a me.

– Allora, come è andato questo primo giorno di scuola? – mi chiese accavallando le gambe.

– Bene. – risposi vagamente.

Lui cambiò gamba con un movimento veloce. – Bene? Tutto qui? È stato il tuo primo giorno in una scuola italiana e bene è tutto ciò che hai da dire? –

Trattenni una risata nel sentire il suo tono farsi sempre più acuto mentre parlava. Poi lo guardai male e lui mi fissò con un sopracciglio alzato. Ci guardammo per qualche secondo, poi scoppiai a ridere.

– È davvero ingiusto che vinci sempre tu. – lo rimproverai con un falso tono di accusa.

Lui scrollò le spalle. – Sono un ottimo attore, lo sai. Ma ora... racconta. –

Aspettai qualche momento, giusto il tempo di lasciarlo sulle spine. Si portò alla bocca l'unghia curata del mignolo, poi si rese conto di quello che stava facendo e incrociò le braccia al petto per resistere alla tentazione.

Sorrisi. – D'accordo. Fammi pensare... Ho conosciuto qualche persona, oggi. Sapevi che non posso scegliere le mie classi? –

Lui mi guardò sbalordito. – Davvero? –

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