Capitolo 55

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La settimana seguente passò senza troppi problemi. A scuola le ragazze che avevo conosciuto si erano rivelate le amiche migliori che potessi mai aspettarmi: anche se il mio italiano era abbastanza fluente, avevo ancora qualche problema a capire tutto ciò che i professori spiegavano e a coniugare bene i verbi; per questo loro si erano offerte di aiutarmi con i miei appunti e qualche volta di studiare insieme, visto che abitavamo quasi tutte più o meno vicino a una fermata della metropolitana.

Durante le ricreazioni di solito rimanevo con loro, parlando di quanto fosse stata noiosa la lezione precedente o facendo un giro della scuola. Eravamo al quarto anno e Noemi mi aveva spiegato che il quarto era l'anno migliore: i primini ci guardavano con rispetto e ammirazione e desideravano essere come noi, mentre noi ci sentivamo potenti perché eravamo quasi alla fine delle superiori, anche se non dovevamo preoccuparci degli esami come i quinti.

In quella settimana avevo visto Francesco solo un paio di volte: lo avevo incrociato nel corridoio mentre tornavo in classe e lui mi aveva sempre salutato con affetto,

– C'è qualcosa tra te e Gregori? – mi chiese Noemi un giorno.

La fissai. – Certo che no! È solo un ottimo amico, tutto qui. –

– Tutto qui. – ripeté lei poco convinta, guardandomi di sottecchi con quello sguardo complice che avevo imparato a decifrare.

– Non iniziare! – la ammonii.

Lei alzò le braccia in segno di resa. – Non ho detto nulla! –

Camminammo verso l'uscita della scuola sotto braccio, parlando dei ragazzi carini che c'erano nella scuola. Ero davvero contenta che fosse venerdì: per sabato Noemi e le sue amiche – che adesso erano anche le mie amiche – avevano organizzato una serata tra ragazze in cui avremmo mangiato popcorn, visto un film e parlato di ragazzi. Non ero il tipo da gossip, ma avevo accettato volentieri di passare una serata insieme a loro. Salutai Noemi e attesi Francesco seduta sul muretto. Quei giorni avevamo sempre preso la metro insieme per tornare a casa e non avevo mai avuto nulla in contrario.

– Scusa per il ritardo. – iniziò lui, anche se erano trascorsi solo un paio di minuti dal suono della campanella. – Ho dovuto finire il mio progetto per il laboratorio di arte. –

– Cosa hai dovuto fare? – gli chiesi, mentre camminavamo verso la fermata della metropolitana.

– Stiamo lavorando a un plastico della scuola. – mi spiegò lui. – Il professore ci ha divisi in gruppi e ogni gruppo lavora su un piano dell'edificio. –

– Non vedo l'ora di iniziare a fare qualcosa del genere. – commentai. – Per ora, quando andiamo in laboratorio, pitturiamo o disegnamo. –

– Penso che inizierai a lavorare ai plastici in un paio di settimane. – mi informò, mentre salivamo sul vagone della metro e prendevamo posto.

– Non vedo l'ora di cominciare! – commentai eccitata.

Lui sorrise, poi poggiò i gomiti sulle ginocchia, incurvando leggermente la schiena. – Stavo pensando... volevo portarti nel posto di cui ti ho parlato qualche giorno fa. Solo se ti va, ovvio. È solo che... visto che sei ancora nuova di qui, volevo solo... –

– Mi farebbe davvero piacere. – la mia risposta colse di sorpresa tanto lui quanto me.

– Davvero? – chiese lui, guardandomi con quei suoi occhi azzurri cristallini.

– Certo. L'hai detto anche tu: sono nuova di qui, quindi ho bisogno di qualcuno che mi mostri i posti migliori e meno cari di Roma. –

– Ovvio! – rispose lui entusiasta. – Okay, allora ci vediamo stasera alle sette all'uscita della metro di Ottaviano? –

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