Repressi l'impulso di vomitare. Avevo la testa che girava all'impazzata. Cercai di bloccare il vortice di ricordi che mi stava inghiottendo.
– Marshall? – chiesi con un filo di voce. Non poteva essere lui. Il mondo non poteva essere così piccolo. Lui se ne era andato quando eravamo piccoli e non mi aveva neanche salutato. Avevo impiegato anni a dimenticarmi di lui e ora me lo ritrovavo davanti come un brutto sogno.
– Ti ricordi di me? – mi chiese sorridendo.
Avrei voluto urlargli che sì, mi ricordavo di lui, ma che avevo sotterrato in una buca profonda tutti quei ricordi per riuscire ad andare avanti.
Invece risposi semplicemente con un cenno affermativo del capo.
Mio padre, che fino a quel momento sorrideva beato in attesa di una pacifica riconciliazione, invitò tutti a tavola con una strana espressione quasi affranta.
Prendemmo posto attorno al grande tavolo di mogano in sala da pranzo quasi completamente in silenzio. Attesi che tutti avessero scelto un posto per sedermi il più lontano possibile da Marshall e da Lucia. Così capitai tra la signora Hamilton e mio padre, seduto a capotavola.
Mentre tutti si stavano servendo l'antipasto – a base di verdure sott'olio, piccoli panini rotondi, affettati di vario tipo e strane salse – Lucia cercò di intrattenere gli ospiti principalmente con lunghi monologhi.
– Allora, cara Domitilla. Come va la vita da donna di casa? Hai notato quanto tempo hai ora che non devi andare a lavorare? – Lucia sorseggiò il suo vino rosso.
La signora Hamilton sorrise mestamente. – Un po' mi manca il mio lavoro. Del resto ho conosciuto Dario proprio grazie al fatto che ero la sua segretaria. –
Il marito si pulì gli angoli della bocca con il tovagliolo, poi poggiò una mano su quella della moglie. – Domitilla è un'ottima padrona di casa. E poi è come se lavorasse ancora: dirige lei le entrate e le uscite della famiglia e tiene in perfetto ordine la mia scrivania, che altrimenti sarebbe sempre sommersa dalle scartoffie. –
Rimasi piacevolmente colpita dall'amore che legava ancora quella coppia. La rumorosa risata di Lucia mi riscosse dai miei pensieri: la moglie di mio padre poi si alzò, tolse i piatti vuoti e portò un enorme vassoio di spaghetti alla carbonara ancora fumanti.
Mangiai in silenzio la mia porzione, mentre Lucia spostava l'attenzione dai coniugi a Marshall. – E tu, giovanotto? Ho saputo che hai la fidanzata... –
Alzai gli occhi al cielo involontariamente; quando li riabbassai incrociai per un attimo lo sguardo di Marshall. Lui si affrettò a spostare la sua attenzione sul bicchiere di cristallo davanti a lui. – La avevo. – rispose con freddezza.
– E... – lo incalzò lei.
– ...non ha funzionato. – concluse lui con una scrollata di spalle. Lucia sembrava davvero interessata, sul punto di approfondire la questione, quando dalla cucina si sentì il suono come di una sveglia.
Lei saltò in piedi all'istante. – È ora del secondo piatto! –
Non che fossi interessata alla questione, ma rimasi un po' delusa nel sapere che Lucia, al suo ritorno, aveva di nuovo spostato l'attenzione su qualcun altro.
– Sapete che Filippo quest'anno è sempre stato il primo della classe? – Il bambino si nascose dietro il cucchiaio da portata. – La sua pagella era piena di dieci. Neanche un nove! –
La signora Hamilton si congratulò con il piccoletto. Io sinceramente non notai niente di particolarmente straordinario: in prima elementare era quasi ovvio che avesse tutti voti alti. Bisognava solo aspettare i gradi di scuola superiori...
Dopo che tutti ebbero terminato anche il secondo, accompagnato da un contorno di cicoria e pettegolezzi da parte di Lucia, arrivammo al dolce: una torta completamente ricoperta di cioccolato. La moglie di mio padre tagliò delle fette enormi e le porse a ognuno di noi con vari avvertimenti come "Mangiala, è buonissima!" e "L'ho fatta proprio io con le mie mani!" o ancora "È la migliore torta del mondo!".
A fine pasto avevamo tutti la pancia troppo piena per parlare, ma evidentemente Lucia non era mai sazia di informazioni.
– Come è stato il viaggio, cara? – mi chiese a un tratto.
Fissai il bicchiere. – Lungo. –
– E questi due giorni a Roma? –
– Sconcertanti. –
Lei scoppiò a ridere, mentre io non riuscivo a trovare la situazione particolarmente divertente. Come altro avrei potuto definire i momenti che avevo trascorso lì da quando ero arrivata?
– Ma dimmi... – continuò lei, poggiando sul tavolo la merce che le faticava a rimanere nel vestito attillato. – Sei rimasta sorpresa nel vedere il tuo migliore amico dopo tutto questo tempo? –
– Non è più il mio migliore amico. – risposi di riflesso. Con la coda dell'occhio notai Marshall alzare velocemente lo sguardo su di me, spalancando appena gli occhi. Sentii il peso della giornata riversarmisi addosso tutto insieme. – Scusate, ma mi ritiro in camera. Sapete, la giornata è stata abbastanza lunga e ancora non mi sono abituata al fuso orario. –
I coniugi Hamilton mi salutarono calorosamente, mentre Marshall si limitò a un lieve "Ciao".
– Posso venire da te dopo per darti la buonanotte? – mi chiese Filippo con tono incerto.
Annuii con un sorriso. Non potevo negargli qualcosa davanti alla madre, altrimenti lei mi avrebbe scuoiata viva. Andai in camera e mi lasciai cadere sul letto. Avevo la testa che mi scoppiava a furia di immagazzinare novità e riesumare ricordi.
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Just friends
Teen FictionAudrey è una ragazza con un passato difficile: da piccola è stata abbandonata da suo padre e dal suo migliore amico, situazione che l'ha costretta a costruire intorno a sé un muro di sfiducia e incertezza e che pian piano l'ha spinta nel baratro del...