Capitolo 72

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IMPORTANTE!
Stavo pensando di iscrivere la mia storia a un concorso, ma mi servono molte visualizzazioni e commenti. Sarei felicissima se mi aiutaste! ;)

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Il mio telefono squillo' per la quinta volta, ma io mi rigirai nel letto, coprendomi le orecchie con il cuscino.
- Rispondi a quello strumento infernale! - abbaio' Tay dal bagno.
Io mugugnai. Presi il telefono e chiusi la telefonata, aggiungendo un'altra chiamata persa alla lista sotto il nome di Marshall.
Sinceramente non avevo voglia di sentirlo parlare di quanto si stava vantando di aver appena rovinato la mia relazione con Francesco.
Richiusi gli occhi. Marshall aveva provato a chiamarmi dalle undici di quella mattina e, quando Tay era tornato dal parrucchiere un'ora dopo, Marshall non aveva ancora smesso di cercare di rintracciarmi.
Il telefono squillo' ancora una volta.
- Porca miseria, Edith! - urlo' Tay, entrando improvvisamente nella mia camera. Sventolo' minacciosamente il tubetto di crema per il viso che aveva in mano. - O rispondi o giuro su tutti gli orsetti gommosi che frullo il guo telefono nel frullatore e te lo faccio mangiare! -
Aveva appena giurato sugli orsetti gommosi. Panico.
Annuii e attaccai di nuovo.
In quel momento qualcuno busso' alla porta con forza. Tay si diresse imprecando verso la porta, ma io mi buttai giu' dal letto e arrivai alla porta prima di lui. Aprii le braccia per impefirgli di far entrare l'ospite.
- Non lo fare! - gli ordinai, mimando le parole con le labbra.
Qualcuno continuo' a bussare, stavolta con piu' forza. - Apri la porta, Audrey! So che sei li'! -
Il tono autoritario di Marshall mi spavento', ma non demorsi.
Scossi la testa nella direzione di Tay e lui alzo' gli occhi al cielo, come a dire non e' un mio problema.
Corsi in camera e lui fece dei versi acuti dalla porta e uso' le braccia per farmi tornare indietro, ma io mi rintanai in camera da letto, fissandolo dallo stipite della porta.
Marshall intanto continuo' a bussare. - Audrey, apri questa cazzo di porta! -
Tay si rivolse a me, parlando a mezza voce. - Non ho ben capito cio'che ha detto, ma non sembra molto felice di rimanersene fuori. -
Gli feci cenno di non farlo entrare.
- Devo andare al lavoro! - replico' lui.
- Guarda che butto giu' la porta se non mi fai entrare! - urlo' Marshall, inferocito.
Tay mi fisso' con sguardo severo. - Okay, basta cosi'. Mi sono rotto le scatole di fare da intermediario. Me ne vado a lavorare! -
Apri' la porta e Marshall si sbilancio' sul posto, ma riprese subito la sua postura rigida.
Tay si rivolse a lui e io lo sentii sussurrare. - Sto uscendo. Hai tre secondi per evitare che mi richiuda la porta alle spalle. -
Poi usci', il bastardo, lasciando che Marshall entrasse. Si giro' solo per farmi l'occhiolino e poi spari' lungo il corridoio.
Marshall mi fisso'. Io lo fissai. In quel momento mi apparse in mente una delle volte in cui stavamo giocando insieme e lui mi stava rincorrendo. Poi io avevo fissato la porta della mia camera e poi i suoi occhi verdi. Alla fine, pensando alla stessa cosa, avevamo iniziato a correre nella direzione della mia camera da letto.
Mi girai su me stessa, feci un passo e chiusi la porta con tutta la forza che avevo.
Vidi con la coda dell'occhio che Marshall stava correndo nella mia direzione, ma io fui piu' veloce di lui: girai la chiave nella serratura e mi accertai che non potesse aprirla.
Lui ando' a sbattere contro la porta per la velocita' con cui si era precipitato li', poi impreco' in un modo talmente veloce e arrabbiato che non capii quasi niente.
Continuo' cosi' per mezzo minuto, sbattendo forte contro la porta leggera della mia stanza. Quando pensai che l'avrebbe buttata giu', tutto torno' a farsi silenzioso.
Sentii la sua testa sbattere contro la porta e rimanere li'.
- Audrey. - mi chiamo', con tono stanco.
Non risposi.
- Audrey. - continuo' lui, abbassando ancora il tono. - Ti prego, apri la porta. -
Fissai la maniglia, decidendo che non mi sarei fatta corrompere dal suo tono supplichevole. Anche se mi ricordava cosi' tanto la prima volta che avevamo parlato del fatto che se n'era andato.
Una lacrima mi solco' il viso e mi affrettai ad asciugarla con rabbia.
- Okay, va bene. - il suo tono ora era piu' deciso. - Non vuoi vedermi? Perfettamente d'accordo. Ma dovrai ascoltarmi, che tu lo voglia o meno. -
- Che diamine vuoi? - sentii la mia voce chiedergli.
Lui rimase un momento in silenzio. - Voglio sapere perche' non hai mai risposto alle mie telefonate. Pensavo ti fosse successo qualcosa. -
- Beh, qualcosa e' successo. - ribattei con rabbia.
- Dimmelo, perche' questa cosa non ha senso. -
Sentii le mie guance diventare roventi per la rabbia. - Hai ragione! Questa cosa non ha assolutamente senso! Quindi esci! -
- Esci dalla casa? - chiese lui, come se fosse una cosa divertente.
- Esci dalla mia vita! - chiarii.
Lo sentii mancare un respiro. - Che ho fatto di male? -
Il suo tono innocente fu la goccia che fece traboccare il vaso. Aprii la porta e gli tirai la saponetta che era vicina al lavandino.
- Che hai fatto di male? - ripetei, infuriata. Marshall schivo' la saponetta con un mezzo balzo e mi fisso' con la bocca aperta. - Mi hai rovinato la vita! Ecco che hai fatto di male! -
Lessi il panico nei suoi occhi, ma non me ne curai. Presi il contenitore di ceramica che Tay e io usavamo per gli spazzolini e feci per lanciarglielo, ma lui salto' avanti e mi blocco' il braccio.
Mi tolse il contenitore dalle mani e lo poso' delicatamente sul como' in camera mia, tenendomi sempre per il polso.
Cercai di divincolarmi e alla fine gli tirai un pugno sulla mascella. Lui mi lascio' andare, massaggiandosi la mascella e fissandomi con le sopracciglia aggrottate.
- Ma che cazzo...? - inizio' lui. - Mi
- Dove diavolo hai imparato a tirare pugni del genere? - chiese arrabbiato.
Non risposi, cosi' lui continuo' a parlare. - Posso sapere perche' diamine ce l'hai con me? -
- Sei il peggior ragazzo sulla faccia della Terra! - ribattei.
- Questa non e' una risposta. -
Mi lanciai addosso a lui, ma lui mi blocco' di nuovo, stavolta impedendomi di muovere entrambe le braccia.
Mi prese per i polsi, mi fece fare un mezzo giro e mi tenne stretta, premendo le mani contro i miei polsi. La mia schiena era completamente a contatto con il suo petto e lo implorai di lasciarmi andare, cercando di liberarmi.
Ma lui non mi diede ascolto. Anzi, mi tiro' a se' con piu' forza.
Sentii il battito del cuore nei polsi, ma non gliela diedi vinta. Cercai di divincolarmi ancora per un po', poi lasciai perdere.
- Possiamo parlare come persone civili adesso? - chiese lui.
- Se tu fossi una persona civile, magari. - Replicai.
Lui sbuffo'. Mi fece girare senza tante cerimonie. Adesso eravamo petto contro petto. Cercai di inarcare la schiena per stare il piu' lontano possibile dalla sua faccia, ma i suoi occhi erano come calamite.
Poi lo vidi avvicinarsi e il mio corpo decise che era il momento di smettere di agitarsi per cercare di liberarsi dalla sua stretta.
In quel momento mi bacio'.
Mi persi nelle sue braccia, ancorate lungo il mio corpo. Le sue labbra morbide erano roventi al contatto con le mie e non si azzardo' a schiuderle e approfondire il bacio.
Alla fine un barlume di lucidita' mi permise di spingerlo via con tutta la forza che avevo.
Lui inciampo' all'indietro, evitando di cadere solo per pura fortuna.
- Che diavolo fai? - gli urlai. - Sei un cretino! -
Lui si fermo' un momento a pensare a cio' che aveva fatto. Neanche lui sembrava completamente in possesso delle sue azioni.
- Sei ancora ubriaco? - gli chiesi, piu' come una constatazione che come una domanda.
- Assolutamente no! - rispose invece lui. - Raoul mi ha fatto vomitare tutto l'alcol che avevo in corpo ieri notte. E' stato uno schifo. -
- Sono contenta che lo abbia fatto. - sfoggiai una risata vittoriosa.
Lui aggrotto' le sopracciglia. - Era proprio di questo che ti volevo parlare. -
Aprii la bocca per ribattere che non c'era nulla di cui parlare, visto che ormai aveva gia' rovinato tutto. Ma qualcuno busso' alla porta.
- Resta li'. - gli intimai.
Lui si congelo' sul posto.
Aprii la porta e mi ritrovai la signora del piano di sopra a fissarmi dallo zerbino con le sue sppracciglia folte aggrottate. - Ho sentito qualcuno cercare di entrare in casa tua e le urla sono continuate fino ad adesso. Devo chiamare la polizia? -
Deglutii. In auel momento odiavo Marshall piu' di ogni altra cosa, ma informare la polizia mi sembrava un atto estremo.
- No, non si preoccupi. - le risposi. - Ho la situazione sotto controllo. -
- Lo spero per te. - rispose lei acidamente. - Altrimenti saro' costretta a chiamare la polizia. -
La donna giro' sui tacchi e se ne torno' sculettando al piano di sopra.
Marshall, non appena richiusi la porta, emise un fischio basso. - Certo che la gente e' proprio strana. -
Lo fulminai con lo sguardo. - Stai parlando di te stesso, vero? -
Lui alzo' un sopracciglio. - Io non sono strano. Sono... originale. -
Sbuffai. - Originale come Klaus. Bell'affare. -
Lui mi fisso'. - Chi? Chi e' Claudio? -
- Klaus. Non fa niente, lascia perdere. -
Lui fece un passo di verso di me.
- Non ti azzardare ad avvicinarti! - gli intimai io.
Lui si blocco' sul posto. - Okay, donna. Non c'e' bisogno di spaventarmi a morte. -
- Sei stato fin troppo tempo qui. Che vuoi? -
Lui mi guardo'. - Sapere cosa e' successo ieri notte. -
Aprii la bocca per ricominciare a insultarlo, ma lui si sedette a terra, facendo scivolare la schiena sul muro, e si prese la testa tra le mani.
- Ero ubriaco, lo so. - inizio' lui, entrando di nuovo in quella fase in cui pensai stesse parlando con se stesso. - Ero incazzato. Incazzato perche' stavo pensando a te. Al fatto che mi avevi sbattuto in faccia il tuo appuntamento con Gregori. -
- Non te l'ho sbattuto in faccia. - ribattei.
Lui non parve prestare attenzione alla mia interruzione. - Cosi' sono uscito. Volevo andare a divertirmi, a trovare qualcosa da fare. Un mio amico mi aveva invitato a una festa e cosi' ci sono andato. Il locale era a poca distanza da ponte Milvio. -
Emise un lungo sospiro. - Non ricordo praticamente nulla di ieri sera. So solo che ho iniziato a bere e dopo ricordo solo pochi frammenti. Ricordo di essere uscito dal locale e non so come sono arrivato sul ponte. Poi ti ho vista e ti stavo venendo incontro, quando ho notato che Gregori era con te. E vi stavate baciando. Ricordo che mi sono incazzato. Poi piu' niente. -
Non mi guardo', ma tenne fisso lo sguardo sul muro. - Volevo sentirti perche' Raoul, questa mattina, anziche' passarmi una pasticca per la mia emicrania, mi ha dato uno schiaffo dietro la testa, dicendomi che ero un coglione. -
- L'ho sempre detto che quel ragazzo mi piace. - commentai.
Lui mi guardo' solo per un momento. Poi, quando gli feci cenno di continuare, ricomincio' a far vagare lo sguardo ovunque. - Non mi ha raccontato molto. Mi ha detto solo che mi era dovuto venire a prendere perche' ero ubriaco fradicio a ponte Milvio e che avevo spaccato il setto nasale di Gregori. -
- Non gli hai spaccato il setto nasale. - lo rassicurai, anche se ero convinta che avrebbe preferito sentirsi dire che lo aveva spedito all'ospedale.
Lui sembro' scaricare la tensione che aveva sulle spalle. - Sono venuto qui per... scusarmi con te per come mi sono comportato. -
Rimasi a fissarlo per un momento: la sua postura scomposta mi faceva pensare ai giorni in cui, da piccoli, lui cercava di difendermi dai nostri compagni di scuola e tutti lo prendevano in giro perche' era troppo minuto per prendere parte a una rissa. Eppure lui cercava sempre di proteggermi, anche se significava prendere le botte dai ragazzi piu' grandi e, una volta a casa, anche da suo padre.
Mi si strinse il cuore e le mie gambe camminarono nella sua direzione senza che me ne rendessi conto.
Mi sedetti esattamente di fronte a lui. - Non puoi... hey, guardami. Non puoi andartene in giro a fare cazzate e poi pretendere che tutto si rivplva nel giro di dieci minuti. -
I suoi occhi verdi sembravano quasi lacrimare. Dovetti fare violenza su me stessa per evitare di abbracciarlo.
Ma alla fine resistetti all'impulso. - La prossima volta cerca di trattenere i tuoi... spiriti violenti. -
Lui alzo' la testa, mentre i suoi occhi tornavano ad essere verdi cristallini.
- Questo significa che... ho un'altra possibilita'? -
Mi fissai le mani. - Beh, hai appena distrutto l'unica relazione duratura che stavo avendo... -
- E mi dispiace per questo. - mi interruppe lui. Il suo sguardo era davvero pentito. - Mi dispiace davvero, Audrey. Sono... sono un casino, lo so. Ma ci tengo davvero a te. Prometto che non mi ubriachero' mai piu'. -
Scoppiai a ridere e lui mi allungo' un mignolo. Lo fissai.
- Ricordi quando da piccoli ci facevamo qualche promessa stringendoci i mignoli? - rievoco' lui. - Prometto che non mi ubriachero' mai piu' a nessuna festa. -
Aggrottai le sopracciglia. Non gli credevo affatto. Ma gli strinsi il mignolo comunque.
Lui sembro' sollevato.
- Allora, ex alcolizzato. - lui non parve apprezzare troppo il suo nuovo nomignolo. - Che vuoi da mangiare? -

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Angolo autrice:
In ritardo di nuovo. Mi sa che questa volta ero in ritardo sul mio ritardo.
Comunque... nuovo capitolo, nuove speranze! Riuscira' Marshall a mantenere la sua promessa? E cosa succedera' tra lei e Francesco?
Fatemi sapere cosa ne pensate!

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