Capitolo 13 - Hope is a dangerous thing (Pt. 1)

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We had love so strong, my heart couldn't take it

You took it in your hands and resuscitated

You said, me and you against the world

You said, you and me forever girl

I felt every cell fall in love with you but

I watched you slip, slip away, no explanation

You, on your phone, your laptop, your PlayStation


-Ogni tanto potresti farla anche tu la lavatrice- borbottò con rabbia mal trattenuta – Di sicuro non ti si sciuperebbero le mani prendere i vestiti e metterli a lavare-.

Giulia sbuffò sonoramente, talmente innervosita da non badare nemmeno al fatto che le gemelle si erano appena addormentate. Sperò di non averle svegliate, anche se il bagno, con la porta rigorosamente aperta, dava proprio di fronte alla cameretta delle bambine.

-Se non ricordo male l'ultima volta l'ho fatta io- la voce di Filippo le arrivò lontana, probabilmente dal salotto, l'ultimo posto in cui l'aveva visto.

-Ricordi male- mormorò Giulia, stringendo i denti – Decisamente male-.

La cesta dei vestiti da lavare ormai era piena fino all'orlo. Buttarsi sul fare l'ennesima lavatrice in pochi giorni era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare a quell'ora della sera.

Non poteva nemmeno sperare in un aiuto da Filippo, a quanto pare troppo occupato a fare zapping seduto comodamente sul divano – forse troppo provato dallo sforzo di aver messo a letto le sue figlie, si ritrovò a pensare con amaro sarcasmo Giulia. Cercò di reprimere la voglia di urlare.

Si trattenne solo al pensiero delle bambine, soprattutto per Beatrice: non era il caso di spaventarla o di svegliarla all'improvviso, soprattutto quando era nel bel mezzo di una brutta influenza.

Si sedette sul pavimento del bagno, le gambe ormai vacillanti sotto il peso della stanchezza di una lunga giornata di lavoro. L'unica cosa che la stava spingendo a muoversi era che, non appena finito, si sarebbe potuta buttare a letto e dormire il più possibile.

Prese a piene mani una prima manciata di abiti, poggiandoli accanto a sé per smistarli. Era un lavoro automatico – i capi bianchi tenuti da parte, tutti gli altri in un altro mucchio, pronti per essere rimessi nella cesta in attesa del loro turno di lavaggio-, che faceva ormai senza pensare. Avrebbe preferito di gran lunga qualcosa che le tenesse impegnata la mente, che non facesse riemergere ad ogni secondo le preoccupazioni per la salute di Beatrice o la rabbia che stava provando in quei giorni verso Filippo.

E poi c'era anche Caterina, che non aveva ancora risposto al messaggio che le aveva mandato quella mattina, e che non aveva nemmeno risposto alle telefonate che Giulia aveva provato a fare in pausa pranzo. Non se ne era meravigliata, con amarezza: sapeva che l'unico modo per starle accanto, in quel periodo, era solamente andare da lei di persona.

Prese mentalmente nota di chiedere ad Alessio, magari con un messaggio prima di andare a dormire, se fosse libero quel weekend per andarla a trovare; avrebbero sempre potuto provare a distrarla un po', anche solo per qualche ora, o almeno scoprire in che stato si trovava ancora.

Giulia esalò un lungo sospiro, schiacciata sotto il peso di tutti quei problemi.

"Non ne va bene una".

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