Capitolo 19 - Blue side (Pt. 3)

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tw: slur omofobi


Si passò una mano sul viso, rendendosi conto che stava sudando dannatamente tanto. Non che fosse una cosa imprevedibile: quei primi giorni di Giugno erano stati un continuo di temperature troppo alte per essere considerate sopportabili, con un sole talmente pieno che Pietro era sicuro mancasse ormai poco al suo corpo per squagliarsi sull'asfalto. Un po' come stava succedendo al cono gelato che Martino stava tenendo in mano.

-Non m'abituerò mai a 'sta umidità che c'è qua- lo sentì brontolare, mentre il centro di Mestre si apriva davanti a loro – Me sto a squaglià, te lo giuro-.

-Pure io, se è per quello- concordò Pietro, continuando però a camminare.

Nonostante fosse primo pomeriggio, Mestre era quasi del tutto deserta: era sicuro che molte persone avessero preferito rimanere in casa, magari aspettando le ore serali più fresche per uscire, e che moltissime altre avessero approfittato del weekend lungo del 2 Giugno per andarsene al mare. E facevano bene, pensò Pietro, perché con delle giornate del genere e con un caldo come quello l'unica cosa sensata era andarsene a non far nulla in spiaggia.

Si ritrovò ad invidiare profondamente tutti coloro che erano stati decisamente più previdenti di lui e Martino.

Svoltarono arrivando nella piazza – Pietro l'aveva sempre trovata più simile ad una larga strada che ad una piazza, forse perché mancante della classica pianta quadrata-, dove, almeno lì, un po' di popolazione era concentrata. Molti seduti ai bar, altri nei negozi climatizzati, ed altri ancora, perlopiù ragazzini, ammassati in piedi ed in gruppi sparsi qua e là. Il tipico ritratto di una qualsiasi piazza italiana in una qualsiasi giornata di fine primavera.

Pietro si distrasse nell'udire Martino imprecare sottovoce. Quando si voltò verso di lui, lo trovò a lottare contro il suo stesso gelato, che da un lato stava colando inesorabilmente lungo il cono di cialda, con gocce che sarebbero finite a sporcargli la mano.

Riuscì ad arginare il caos che stava facendo solo all'ultimo, leccando il gelato colato in fretta e furia, ma finendo inevitabilmente per sporcarsi gli angoli della bocca.

-Hai un po' di gelato qua- gli disse per avvertirlo.

Martino aggrottò la fronte:

-Dove?-.

-Qua- Pietro gli indicò l'angolo della bocca ancora lievemente sporco di gelato – Sta fermo un attimo-.

Martino roteò gli occhi – truccati anche quel giorno, di colori sgargianti e accesi che Pietro trovava piuttosto adatti al clima della giornata-, ma si fermò un attimo dopo, restando immobile mentre gli si avvicinava di più al viso. Gli passò il pollice all'angolo delle labbra un paio di volte, guardandolo infine con soddisfazione nel vedere che il gelato era venuto via.

-Ecco fatto. Non serviva che ti dimenassi così tanto-.

Martino scosse il capo, esageratamente quanto fintamente seccato:

-E io che pensavo mi avresti ripulito in altre maniere-.

-Tipo?-.

Fingere di non aver capito cosa intendesse non sembrò giocare a suo favore, perché in tutta risposta Martino lo osservò maliziosamente, senza curarsi affatto che fossero in mezzo ad un sacco di altra gente.

-Eddaje, usa un po' de fantasia-.

Non ce ne voleva molta, di fantasia, non per capire quel che aveva in mente. Pietro si sporse in avanti, cercando di non soffermarsi a pensare a tutte le persone che erano intorno a loro e che avrebbero potuto vederli; gli lasciò un bacio a fior di labbra, così veloce che probabilmente Martino non se n'era quasi accorto. Era un bacio totalmente differente da quelli che si scambiavano di solito, quando erano in posti più isolati o tra i muri dell'appartamento di Pietro. Erano baci a cui si era abituato, e che non cambiavano la natura amichevole del loro rapporto, senza confini né etichette.

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