Capitolo 15 - Euphoria (Pt. 3)

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I don't know what this emotion is

If this place is also inside a dream

This dream is a blue mirage in the desert

A priori deep inside of me

I'm so happy, I can't breathe

My surroundings are getting more and more transparent

(BTS - "Euphoria")*


Caos era la parola che meglio avrebbe descritto ciò che si trovava intorno a lui.

Pietro arrivò finalmente al bancone, unica isola di salvezza alla quale aggrapparsi per non lasciarsi trascinare dalla corrente di gente che affollava il Celebrità a quell'ora della sera inoltrata.

Non si aspettava che fosse un posto vuoto, ma non si era aspettato nemmeno tutta la quantità di gente che ci si trovava, tanto da essere stato costretto a fare la fila per entrare.

Il Celebrità somigliava più ad una discoteca – o ad un night club, per certi versi- che ad un normale bar. Quando Pietro, un'ora prima, aveva parcheggiato l'auto nelle vicinanze, dopo aver seguito le indicazioni del navigatore del suo cellulare, non aveva faticato ad individuare il posto: l'insegna a led azzurri era visibile a metri di distanza, talmente luminosa da essere facilmente notata nell'oscurità della sera. Aveva avuto più di qualche dubbio, mentre si avvicinava per mettersi in fila, ma dopo qualche minuto di osservazione era giunto alla conclusione che c'era un'eterogeneità incredibile tra le persone che lo circondavano: si andava da ragazzi che dovevano essere poco più che maggiorenni, ad altri decisamente più maturi di lui. Ragazzi e ragazze vestiti con colori sgargianti, altri in abiti succinti – e fin troppo leggeri per la temperatura invernale-, altri meno appariscenti esattamente come lui. Si era rilassato nel rendersi conto che, in quella fiumana così differente per età, interessi e aspetto, lui doveva risultare anonimo quanto tanti altri. Era quel che cercava: anonimità per poter osservare, poter abituarsi anche solo alla sensazione di tanta libertà.

Non aveva dovuto attendere troppo per entrare, e lasciare il cappotto nel guardaroba all'entrata del locale; quando aveva messo piede all'interno si era sentito bombardare le orecchie dalla musica ad alto volume, e dalle luci soffuse che illuminavano di poco i tavolini e il lungo bancone viola. C'era davvero un sacco di gente: non era riuscito a individuare nemmeno un tavolino libero, e c'erano tantissimi altri che avevano preferito rimanere direttamente in piedi, al bancone o agli angoli del locale.

Aveva fatto appena in tempo ad ordinare un cocktail e iniziare a muoversi lentamente per studiare meglio l'ambiente, prima che il primo ragazzo che ci aveva provato con lui gli si avvicinasse. Pietro non aveva idea della faccia che poteva avergli rivolto alla realizzazione del motivo per cui gli si era avvicinato, ma aveva ringraziato comunque la semioscurità presente.

Si era allontanato con la prima scusa venutagli in mente prima ancora che il ragazzo gli si presentasse, ma non era passato troppo tempo prima che qualcun altro gli si avvicinasse. Era successo dalle parti vicino all'entrata, e stavolta l'altro aveva fatto in tempo a dirgli il suo nome – Alessio, come se l'ironia non fosse sufficiente già nel farlo somigliare anche nell'aspetto all'Alessio che Pietro conosceva fin troppo bene-, prima che Pietro riuscisse a svincolarsi con la stessa scusa di prima.

Ora che era al bancone, ancora vagamente sconvolto con la facilità con cui era stato puntato già due volte, si sentiva un po' meno vulnerabile: lì intorno c'erano prevalentemente gruppi di amici, e decisamente meno gente sola. E poi poteva sempre ordinare un altro drink, bisognoso d'alcool com'era in quel momento.

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