Capitolo 20 - Wawing goodbye (Pt. 6)

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Non ricordava neanche in che zona di Venezia fossero. Ad essere onesti, non ricordava neanche il nome della piazzetta su cui si affacciava il bar dove Martino lo aveva trascinato, e in fondo andava bene così: un po' di mistero non faceva mai male, anche se temeva avrebbe dovuto affidarsi a Google Maps per ritrovare la strada di casa in mezzo al dedalo di calli.

La sera veneziana era calda come ci si prospettava dai primi giorni di Agosto. Pietro aveva trovato ristoro e sollievo solo nel prosecco fresco che stava bevendo lentamente – e preceduto da uno spritz e qualcos'altro che non ricordava già più. L'alcool cominciava a fargli girare la testa, ma poteva permetterselo in un venerdì sera ritagliato apposta per lo svago tra amici. Di lì a poco si sarebbe anche acceso una sigaretta, e si sarebbe sentito del tutto in pace.

-Sto pensando che potrei fatte conosce qualche amico mio-.

La voce di Martino era parsa del tutto vaga, quasi avesse appena parlato della lista della spesa che lo attendeva da fare l'indomani. Pietro, invece, si ritrovò a strabuzzare gli occhi:

-Perché dovresti farmi conoscere qualche tuo amico?- gli chiese subito, guardingo – Per amicizia o ... -.

-Potrebbe esse anche pe' amicizia, o pe' qualcos'altro- il sorriso malizioso che gli rivolse Martino non lasciava aperta la questione a dubbi – Magari te se riaccende l'interesse-.

Forse era l'alcool, forse era già più ubriaco di quel che pensava, ma Pietro continuava a credere che Martino stesse parlando per enigmi.

-Che vuoi dire?-.

Mandò giù un generoso sorso di prosecco ghiacciato, rilevando che purtroppo nel suo calice ne rimaneva meno di quanto avrebbe voluto. Doveva centellinarlo, a meno che non preferisse alzarsi per andarne ad ordinare dell'altro. Poteva essere un buon diversivo, nel caso quella conversazione si fosse fatta più complicata di quel che già era.

Martino rise piano: sembrava palesemente a suo agio, e Pietro un po' lo detestò per il modo sciolto con cui parlava di ogni cosa.

-Nun te la prenne, ma è da un po' che ho notato qualche cambiamento- gli disse, senza smettere di sorridergli sornione.

Pietro si accigliò, continuando a non capire:

-Tipo?-.

Arrivati a quel punto, era convinto che Martino fosse sul punto di scoppiargli a ridere in faccia nel modo più fragoroso possibile.

Appoggiò i gomiti sul tavolino di finto legno dove si erano seduti una mezz'ora prima, sbattendo le ciglia – ciglia rigorosamente finte ed estremamente lunghe, folte come quelle di un cerbiatto- in maniera innocente.

-Te la ricordi l'ultima volta che l'abbiamo fatto?-.

Pietro ringraziò se stesso per aver deciso di bere qualche secondo prima. Era sicuro che se lo avesse fatto in quel momento, nel sentirsi porre quella domanda, metà prosecco sarebbe finito sputato sul tavolo.

Martino arcuò un sopracciglio, continuando a sorridergli mentre attendeva una risposta che non arrivava. Pietro deglutì: riusciva a capire dalla sua espressione e dai gesti che Martino non glielo stava chiedendo perché era in un qualche modo indispettito. C'era dell'altro, ma ancora non era riuscito a capire cosa.

Anche se avesse avuto la mente più lucida, in qualsiasi caso, non avrebbe saputo rispondere. Forse erano passate due settimane dall'ultima volta che avevano fatto sesso, o forse anche tre.

Gli venne il dubbio che potesse essere anche passato un mese. Un mese abbondante.

-L'ultima volta che m'hai baciato?- lo incalzò di nuovo Martino.

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