Capitolo 12 - Hurricane (Pt. 4)

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Sospirò a fondo, ancora incredulo per quello che aveva visto e sentito quella sera di tre giorni prima. Si sentiva distrutto e disorientato come se si fosse ritrovato nell'occhio di un tornado, senza più riferimenti ed in balia unicamente di raffiche di vento troppo forti per essere fermate in qualche modo.

Aveva sperato di aver dato a Filippo l'impressione di avere la situazione in mano, ma la verità era che le redini, in quella situazione, mancavano del tutto.

-Diciamo che tutti sono i suoi zii preferiti, fino a quando lo riempiono di regali- la voce soffice di Caterina lo distrasse da quei pensieri, spingendolo ad abbassare gli occhi su di lei – Chissà se sarà tanto geloso di Viola quando nascerà-.

Stavolta Nicola non dovette faticare nel lasciare che un sorriso sincero gli nascesse sulle labbra. Erano passati solo due giorni – da quando finalmente avevano dato la notizia a Francesco che avrebbe avuto una sorella- dal momento in cui avevano deciso quale sarebbe stato il nome, scelto tra tutte le opzioni che sia lui che Caterina avevano scritto su un foglietto di un bloc notes.

Era una cosa così recente che per Nicola era ancora strano chiamarla Viola; invidiava la facilità con cui Caterina aveva preso a chiamarla per nome, lo stesso nome che aveva ricevuto consensi anche da Francesco.

In quel momento l'unico pensiero che davvero gli importava, al di là del casino di Filippo e del dolore che provava per Giulia, era solo sapere che Viola, la loro Viola, sarebbe stata bene.

-Forse un po'- mormorò piano, alzando una mano e portandola ai capelli di Caterina, accarezzandoglieli piano – È normale per i bambini piccoli ... L'arrivo di un neonato è un bel cambiamento. Ma sono sicuro che andrà tutto bene-.

-Speriamo che stia bene anche lei- sentì sussurrare Caterina, la voce così bassa da essere a malapena udibile.

-Certo che sta bene- Nicola cercò di non far trasparire alcuna incertezza nella sua voce. Stava cercando di tranquillizzarla, e di calmarsi a sua volta, ma era anche un'affermazione a cui voleva credere e a cui voleva aggrapparsi con tutte le sue forze.

-Dobbiamo solo fare questo controllo per esserne sicuri, ma sta bene- disse ancora, continuando a intrecciare le proprie dita tra i ricci scuri di Caterina, nel trambusto di quella sala d'aspetto del reparto d'ospedale – Ne sono certo-.

*

Esalò un respiro profondo, a fatica, mentre si rigirava piano nel letto, le coperte pesanti che le rendevano i movimenti più lenti ed impacciati.

Caterina si voltò verso la finestra, le persiane ancora abbassate ma che lasciavano intravedere dei raggi di sole attraverso le fessure; doveva già essere mattinata inoltrata in quel sabato che la stava lasciando disorientata e ancora dolorante.

Allungò il braccio verso il proprio comodino, cercando a tastoni il cellulare. Lo trovò in pochi secondi, sbloccando il display per potervi leggere l'ora: erano passate le nove da pochi minuti, ed anche se non doveva certo andare al lavoro quel giorno, era comunque ora di alzarsi.

Strinse i denti nel tentativo di mettersi seduta, il pancione che le rendeva i movimenti meno pratici. Rimase in quella posizione per diversi secondi, tentando di ignorare la schiena dolorante e le contrazioni deboli che continuava ad avvertire dal giorno prima.

Caterina si alzò piano, il buonumore che aveva sperato di avere al risveglio di quella mattina che sembrava più lontano che mai.

Quando la sera prima era andata a dormire aveva sperato di svegliarsi e stare meglio. In fin dei conti qualche contrazione debole non era poi così rara in una gravidanza – non dopo un esame così invasivo come l'amniocentesi. Si era aggrappata a quella speranza augurandosi che il giorno dopo le sue paure fossero già sparite.

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