Capitolo 30 - Movin' on (Pt. 5)

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-È stato interessante, direi- furono le prime parole che pronunciò Martino quando l'applauso finale stava finalmente scemando, e le prime persone si avviavano già all'uscita – Che te pare?-.

-Sì, lo è stato- rispose Pietro, mentre si alzava a sua volta in piedi, una volta finito di applaudire – Ma secondo te questa legge passerà davvero?-.

Era un interrogativo piuttosto legittimo, per quanto se ne dispiacesse. L'incontro era durato un paio d'ore, ma gli interventi erano stati interessanti, e il disegno di legge così ben spiegato aveva fatto sperare davvero a Pietro che un giorno potesse diventare realtà. Era un dato di fatto, però, che quel tipo di leggi – quelle riguardanti più da vicino tutta la comunità LGBTQA+ - fossero sempre osteggiate da una certa area politica. Preferiva non alzare troppo le proprie speranze, nonostante il suo voler vedere quella proposta di legge approvata.

-Dovrebbero avecce i numeri giusti per farlo- rifletté Martino – Ma oltre a sperà me sa che non abbiamo molte altre opzioni-.

Pietro lo seguì verso il corridoio laterale, ma dovendo fermarsi praticamente subito a causa della fiumana di gente che come loro stava uscendo dalla sala.

-Già. Peccato che chi vive sperando ... -.

Martino si girò indietro verso di lui, guardandolo truce:

-Nun portà sfiga-.

Pietro rise leggermente. Era una delle poche risate sincere che si era fatto nelle ultime settimane, e per quel motivo l'accolse con gioia. Poteva aver riso per una scemenza così semplice, ma non gli importava: erano così pochi i momenti di spensieratezza, ormai, che doveva aggrapparcisi con tutte le sue forze anche se erano minuscoli.

-C'andiamo a bere qualcosa?- propose Martino, ancora fermo davanti a lui per lasciar defluire un po' di persone – Potremmo anche annacce a pijà un gelato-.

Pietro annuì tra sé e sé:

-Sì, potrebbe essere. Poi in realtà dovrei andare da Giada stasera-.

Quella era l'unica altra gioia che lo attendeva per quella giornata: passare un po' di tempo con i suoi figli, e chiudere fuori qualsiasi altro pensiero.

Fece per dire qualcos'altro, ma si sentì improvvisamente osservato e, quando qualche secondo dopo si guardò intorno, si rese conto che in effetti non era solo una sensazione.

-Ah, ma quindi voi due vi conoscete!-.

Dalla folla che si stava avviando all'uscita se ne staccò la persona che lo stava osservando, e Pietro non faticò a riconoscere la ragazza a cui aveva chiesto informazioni prima di entrare. Stava spostando gli occhi scuri da Pietro a Martino, incredula, indicandoli freneticamente.

-No, aspetta- stavolta si rivolse solo a Pietro – Non dirmi che è lui l'amico che stavi cercando-.

Prima che Pietro potesse comprendere cosa stava succedendo, Martino si voltò verso di lei:

-Ma che stai a dì?- borbottò, prima di spostare a sua volta gli occhi da Pietro alla ragazza con fare totalmente confuso – Ma vi conoscete?-.

Pietro rinunciò a capire cosa stesse accadendo, e si limitò a dire la prima cosa che gli venne in mente:

-Le ho chiesto informazioni quando sono arrivato qui- spiegò – Sai ... Tu non rispondevi, io non sapevo dove andare-.

-All'inizio pensavo fossi un omofobo che voleva far casino- disse la ragazza ridacchiando, e Pietro un po' si sentì offeso nel sentir confermare quel sospetto.

Martino rise a sua volta, scuotendo il capo:

-Decisamente non lo è. Il suo cuore è dipinto nei colori dell'arcobaleno-.

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