Capitolo 7 - Spring day (Pt. 1)

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Passing by the edge of the cold winter

Until the days of spring

Until the days of flower blossoms

Please stay, please stay there a little longer

(BTS - "Spring Day")*


Guardò le gocce scivolare lungo il vetro chiuso della finestra, illuminate da un lampo improvviso. L'ennesimo tuono sembrò sul punto di squarciare il cielo – un altro motivo che gli fece ricordare come mai odiava tanto i temporali primaverili.

Alessio sospirò pesantemente, allungando la schiena e facendola scricchiolare sulla sedia scomoda della sala d'aspetto, l'odore pungente di disinfettante che gli faceva arricciare il naso.

Si girò a guardare Christian, profondamente addormentato nonostante la confusione dell'ospedale e il temporale che continuava ad agitarsi fuori. Aveva dormito poche ore, quella notte: non si stupì di vederlo crollato così, rannicchiato sulla sedia nera accanto alla sua.

All'ennesimo tuono Alessio trattenne a stento uno sbuffo nervoso.

"Quando sarà più grande le racconterò che il giorno in cui è nata si stava agitando la tempesta primaverile peggiore del decennio".

Con tutta probabilità non era davvero la peggiore degli ultimi dieci anni, ma stava cominciando seriamente a non sopportarla più.

Si sentiva nervoso, confuso e con una sensazione di paura che gli attanagliava il petto. Tutti quei tuoni non stavano facendo altro che renderlo ancor più inquieto.

Chiuse anche lui gli occhi per un po', imitando Christian di fianco a lui: cominciava a sentire la stanchezza per la notte passata in bianco, per l'agitazione inconscia che rimaneva sempre lì, a bloccargli la bocca dello stomaco.

Quando riaprì gli occhi si rese conto del rumore di passi che rimbombavano nel corridoio, sempre più vicini. C'era l'ostetrica che aveva seguito Alice sin da quando, alle nove della sera prima, era entrata in reparto, sudata e affaticata per le contrazioni dolorose.

Alessio raggelò quando notò che, al contrario di qualsiasi altra volta, il volto dell'ostetrica era rabbuiato e teso, le labbra strette in una linea dritta.

Si alzò subito, rendendosi conto che le gambe gli tremavano: per un attimo pensò che non sarebbe riuscito a reggere il suo stesso peso e che sarebbe caduto indietro, di nuovo sulla sedia.

Tuonò ancora quando l'ostetrica gli era ormai a due metri di distanza. Il temporale di tarda primavera continuava ad infuriare contro i vetri, ma l'unica cosa che riusciva ad udire ora era il fischio sordo che soffocava qualsiasi altro suono attorno a lui.



-Pronto?-.

Alessio tirò un breve sospiro di sollievo, quando la voce di Eva rispose dall'altra parte della linea. Era assonnata ed impastata, segno che l'aveva chiamata troppo presto e che stava ancora dormendo. Alessio non aveva davvero badato all'orario in cui aveva fatto partire la chiamata: potevano essere le cinque come le sei, e non gli sarebbe importato comunque.

-Mamma?- la chiamò, in attesa di una sua risposta. Gli sembrò quasi strano pronunciare quella parola in quel momento: si sentì ancora un bambino, un bambino bisognoso delle cure e dell'aiuto di sua madre.

Era strano sentirsi così, quando con la mano libera teneva ferma, stesa sulle sue gambe, una neonata che pesava poco più di tre chili. Aveva pianto fino a quel momento, accompagnata dai lampi e dai tuoni del temporale.

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