Capitolo 21 - Ocean eyes (Pt. 4)

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Pietro rimase inerme lì seduto, lo sguardo a vagare nel vuoto, la pizza quasi del tutto dimenticata come l'appetito.

Forse era destino che dovesse andare così, che anche quel momento dovesse sfumare e risultare inutile. Il campanello era suonato nel momento stesso in cui si era ritrovato ad accarezzare l'idea di dichiararsi ad Alessio, dirgli cosa provava una volta per tutte. Una coincidenza che sembrava più un segno.

Forse doveva semplicemente accettare che non sarebbe stata quella la sera in cui avrebbe scoperto come avrebbe reagito Alessio a quella notizia.

Attese il ritorno dell'altro con apatia. Passarono a malapena un paio di minuti prima che Pietro udisse la porta d'ingresso venire richiusa, e i passi affrettati di Alessio tornare verso la cucina.

-Avevano sbagliato appartamento- spiegò subito, non appena entrò nella stanza – Mi sembrava strano, in effetti-.

Pietro trovò profondamente ironico che fosse stato un errore di qualche sconosciuto a frenarlo dal commetterne forse uno a sua volta.

"E se non fosse stato un errore?".

Sapeva che Martino gli avrebbe detto che lo sarebbe stato, ma Martino non era lì, e Martino non poteva sapere fino in fondo come stavano le cose. Poteva sbagliarsi anche lui.

La confusione che si ritrovò in testa lo spinse solamente ad alzarsi a sua volta, nello stesso momento in cui Alessio invece si sedeva di nuovo.

-Devo andare un attimo in bagno- gli disse, sbrigativamente.

Alessio gli lanciò l'ennesima occhiata disorientata:

-Tutto ok?-.

"Per niente".

-Sì, ci metto poco-.

-Va bene- Pietro lo udì sussurrare con poca convinzione, ma Alessio non gli chiese nient'altro.

Si lasciò alle spalle la cucina, e con essa Alessio, percorrendo a grandi falcate il corridoio che lo avrebbe portato al bagno. Cercò di rallentare il proprio passo e renderlo più leggero solo quando passò davanti alla stanza di Christian e Federica, per non rischiare di svegliarli.

Entrò nel bagno nel giro di pochi secondi, chiudendo la porta alle sue spalle e fiondandosi subito dopo al lavandino. Fece uscire l'acqua tiepida, riempiendosene le mani tenute a coppa sotto il getto d'acqua del rubinetto, e portandosele al viso.

Arrischiò solo un'occhiata verso lo specchio, impaurito di quel che avrebbe potuto scorgere. Il riflesso che vi vide, fugacemente, era l'immagine di un uomo prigioniero di se stesso. Un po' meno di quello che era stato per gran parte della sua vita, ma non ancora del tutto libero.

Non aveva idea se Alessio guardandolo avesse avuto l'impressione di vedere le sue sbarre dentro le quali gridava. Sapeva solo che probabilmente aveva intuito qualcosa, ma non aveva ancora visto tutto.

E forse sarebbe stato meglio che non continuasse a vedere, almeno per un altro po'.

Pietro se ne rese conto con una stretta al cuore, un grido soffocato di dolore e insoddisfazione.

Allungò una mano per girare la manopola del rubinetto, interrompendo il flusso d'acqua che ne usciva. Stavolta non cercò di evitare lo specchio: il suo volto gli appariva infinitamente stanco

Non poteva tornare da Alessio con quell'espressione in viso. Doveva sforzarsi di apparire tranquillo, almeno per quella sera che non voleva rovinare.

Si sforzò di provare a sorridere, o almeno di dare una parvenza di rilassatezza che in realtà non gli apparteneva. Fingeva da una vita intera, fingere anche quello per poche altre ore era uno sforzo infinitesimale.

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