Capitolo 18 - God bless America (Pt.1)

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Controllò per l'ennesima volta l'ora, nervosamente, consapevole di averla già guardata nemmeno due minuti prima.

Pietro cercò di calmarsi almeno in parte prendendo un altro respiro profondo, non riuscendo però ad interrompere il ticchettio del suo piede contro la pavimentazione dell'interno della stazione di Venezia.

Si chiese se sarebbe stato in grado di individuare Alessio in mezzo alla folla del martedì mattina, o se sarebbe stato l'altro ad avere difficoltà a trovarlo nel marasma di persone che si stavano avviando ai binari per recarsi al lavoro, all'università, o chissà in quali altri posti che Pietro non riusciva a farsi venire in mente in quel momento.

Il sole era sorto da poco, e sebbene quei primi giorni di Aprile avessero regalato giornate primaverili davvero calde, in quella mattinata Pietro stava faticando a non cedere al freddo che si sentiva addosso. Doveva essere una strana combinazione di temperatura bassa tipica della mattina prima delle otto, e un'agitazione positiva – che avrebbe quasi potuto definire euforia- che si sentiva addosso.

Era sul punto di riprendere in mano per l'ennesima volta il cellulare, quando avvertì una mano sulla sua spalla. Quasi sussultò, ma girandosi si accorse che, finalmente, ogni sua incertezza sul riuscire a raggiungere Alessio si era dissolta: era stato lui a trovarlo per primo.

-Ti stavo cercando- Alessio gli sorrise stancamente, le occhiaie sotto le palpebre che indicavano una notte in cui doveva aver dormito davvero poco.

-Anche io- rise Pietro, prima di fare un cenno verso il suo viso – Hai fatto baldoria stanotte? Mi sono perso qualcosa?-.

Si pentì un po' di quella provocazione, perché era abbastanza sicuro che, al massimo, sarebbe dovuto essere Alessio a fargli una domanda del genere.

-Magari- lo ascoltò sbuffare – Non sono riuscito a dormire molto. Troppa ansia-.

-Sei così tanto felice di iniziare questa avventura con me da non riuscire nemmeno a chiudere occhio?- Pietro gli lanciò l'ennesimo sorriso malizioso.

Alessio lo guardò torvo:

-È per la paura del viaggio in aereo, idiota-.

Pietro si ritrovò a ridere, finalmente sciogliendo il nodo d'agitazione che gli aveva quasi impedito di trangugiare qualcosa a colazione. Se lo poteva concedere, però, di essere così ansioso: non capitava tutti i giorni di partire per gli Stati Uniti.

Alessio sospirò, lanciando un'occhiata alle loro valigie ferme, prima di rialzare lo sguardo:

-Meglio se ci avviamo al binario. Dovrebbe essere il tre-.

Pietro annuì. Forse per la prima volta da quando si era svegliato quella mattina, stava cominciando ad avere coscienza di ciò che li stava aspettando per quella giornata – e per quelle seguenti.

-Stiamo proprio per partire, eh?-.

L'aveva detto con voce poco più che sussurrata, talmente tanto che non credeva nemmeno che Alessio l'avesse udito. Invece lo vide girarsi ancora una volta verso di lui, con una mano sul manico della propria valigia, pronto ad incamminarsi verso il treno che li attendeva e che li avrebbe portati a Milano.

-Ci puoi scommettere-.

Pietro prese l'ennesimo respiro profondo che, lo sapeva, non sarebbe stato certo l'ultimo di quella giornata.

Il viaggio verso Los Angeles non era nemmeno iniziato.

*

All my life

I was never there just a ghost, running scared

Here our dreams aren't made, they're won*

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