CAPITOLO 17 - Nives

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Tancredi è di pessimo umore, oggi. È arrivato molto tardi al lavoro, era quasi ora di pranzo e da quel momento non è più uscito dal suo ufficio. Il mio turno è ormai finito, Luca prenderà il mio posto anche se rimarrò reperibile per tutta la notte, nel caso dovessero esserci delle emergenze mediche.

Ma non posso semplicemente andarmene e basta.

Busso alla porta, aspettando in silenzio un segnale che però non arriva. Provo una seconda volta, ottenendo lo stesso risultato. Forse è al telefono e non può aprire. Ma evito il terzo tentativo e decido di tornare a casa.

Ho una strana sensazione, non capisco cosa sia potuto succedergli. Vorrei che ne parlasse con me, ma allo stesso tempo comprendo la sua riservatezza. Non stiamo insieme da tanto tempo, ha chiaramente bisogno dei suoi spazi.

Cammino lentamente verso il mio quartiere, ascoltando distrattamente i rumori che mi circondano. E quasi supero il mio edificio, troppo persa in pensieri che non dovrei avere.

Tancredi non può avercela con me, non ho fatto nulla. Ma sono sicura fosse nel suo ufficio, perché non è mai uscito da lì. E allora perché non mi ha lasciata entrare?

Salgo fino al mio appartamento con un enorme peso sul petto. Riccardo mi urlava contro, quando era arrabbiato. Non sono abituata al silenzio.

Mi butto sul divano, fissando le luci dorate del tramonto che filtrano dalla piccola finestra. Mi sarebbe tanto piaciuto avere un balcone, ma l'affitto era più alto e non potevo permettermelo.

Continuo a sentirmi una fallita, un po' come mio padre. Avrei dovuto essere più forte con Riccardo, farmi valere e non abbattere. Ma avevo troppa paura di lui. E, quando ho trovato il coraggio, si sa cosa è successo.

Oggi so di essere una persona diversa, so di essermi ripresa, anche se non del tutto. Ma ho ancora i miei momenti di sconforto. Soprattutto quando le cose intorno a me non vanno tanto bene.

Qualcuno che bussa alla mia porta, mi riscuote da ulteriori pensieri. Probabilmente sarà la mia vicina, per consegnarmi la posta. La prende sempre per me, perché ha paura che qualcuno la rubi (cosa improbabile, dato che sono bollette).

Solo che, quando la apro, non è lei che mi ritrovo davanti.

- Scusa. -

- Tancredi... - mi faccio da parte, per lasciarlo entrare.

Non mi dà neanche il tempo di richiuderla, mentre mi stringe forte tra le braccia. - Mi dispiace... -

- Che cos'hai? -

- Sempre il solito problema. -

- Ascanio? -

- Mmh. - mi bacia la fronte. - Abbiamo discusso di nuovo. - va a sedersi sul divano, tirandomi sulle sue gambe. - Vittoria è corsa da mia madre in lacrime, ieri sera. Sai che anch'io ero lì, per cena. Continuava a ripetere che è disposta ad andarsene di nuovo, se solo glielo chiedesse. -

- Ma cosa è successo? -

- Mio fratello è uno stupido. Sembra Riccardo: ha un diamante tra le mani, eppure pensa ad una pietra insignificante. -

Il paragone con Riccardo mi fa inevitabilmente sussultare. Non credo che Ascanio possa mai essere come lui, se è suo fratello.

- Scusa... -

- Credo che Ascanio sia confuso, Tancredi. Paige sa manipolarlo bene, mentre Vittoria si annullerebbe completamente per lui. Da quello che ho capito, rinuncerebbe alla sua stessa felicità, se glielo chiedesse. - gli accarezzo la guancia, costringendolo a guardarmi negli occhi. - Ma ti correggo: nessuno potrà mai essere come Riccardo. Soprattutto, non il sangue del tuo sangue. - mi chino a baciarlo. - Ascanio sa riconoscere un diamante da una pietra finta, te lo assicuro. Anche se non lo conosco. -

HEAL MY PAIN - TancrediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora