CAPITOLO 70 - Nives

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Due giorni d'inferno. Non ho chiuso occhio, sono distrutta. Per fortuna, Dafne mi fa spesso sentire la sua presenza, soprattutto quando Tancredi è nei paraggi. Ma oggi...oggi non c'è niente che possa tranquillizzarmi.

È il D-Day, Riccardo dovrebbe già essere a Palermo. Non credo a quello che ha detto, non firmerà mai il divorzio. Non me la darà mai vinta.

In più, Tancredi ha dovuto raggiungere Ascanio a casa sua, perché ha avuto un problema con la macchina ed è andato a prenderlo. Luca è in ferie. Brando è volato in Thailandia per il progetto delle suite. Elena è dai De Luca.

Sono da sola.

Proprio oggi, mi ritrovo qui da sola.

Spero che facciano in fretta, ho un'ansia tremenda. Ho paura. Sono terrorizzata. Vorrei solo farla finita al più presto.

Perché non arrivano?

Picchietto le dita sul bancone, facendo dei respiri profondi. Devo pensare a Dafne, non posso stressarmi così. Non le fa bene.

- Nives? -

Sussulto, trattenendo a malapena un grido di terrore. Guardo la povera cameriera, mortificata per avermi spaventata. Credo sia anche una nuova, non ricordo di averla vista. - Dimmi. -

- Scusa, eri sovrappensiero... -

- Non preoccuparti. Come posso aiutarti? -

- Chiedono la tua presenza nello spogliatoio, credo ci sia un problema con delle uniformi. -

- Oh. - chiudo la reception. - Vado subito, grazie per avermi avvisata di persona. -

- Figurati. Scusami di nuovo. -

- Tranquilla. - mi avvio verso la porta dello spogliatoio femminile. Solo che, quando entro, non trovo nessuno. E non ci sono uniformi in giro.

All'improvviso, la serratura scatta. Corro verso la maniglia, tirandola con forza giù, ma la porta non si apre più. - Ehi! - batto contro il metallo. - Ehi! - vedo la ragazza di prima uscire di corsa dal retro. - EHI! -

No, no, no, non sta succedendo. Non sta succedendo. Mi sono addormentata e sto facendo un brutto sogno. Non è reale. Non è reale. Non è reale.

Non. È. Reale.

Devo chiamare Tancredi.

Per fortuna, tengo sempre il cellulare nella tasca della giacca e oggi non l'ho dimenticato come succede nei peggior film dell'orrore.

Compongo in fretta il suo numero, ma c'è la segreteria telefonica. Come è possibile, forse ho sbagliato? Riprovo. Stesso risultato.

- No... - singhiozzo. - Ti prego... - tento una terza volta. - Ti prego, rispondi... -

Niente.

- Cavolo... - premo la fronte contro il piccolo vetro, chiudendo gli occhi.

Sta succedendo davvero. Questa è la fine.

- Non verrà. -

Lo scatto della mia testa è quasi inumano. È qui. È sempre stato qui.

- Rassegnati, fiocco di neve. Il tuo principe non verrà a salvarti. -

- Che cosa gli hai fatto? -

- Io niente. - ridacchia. - Su, girati. -

Mi volto lentamente, cercando di ingoiare il groppo che ho in gola. Riccardo è in fondo alla stanza, seduto su un divanetto. Indossa il suo solito completo blu, la solita camicia bianca e la solita cravatta rossa. E riconoscerei quelle scarpe tra un milione. Sono le stesse che mi hanno rotto i polsi.

HEAL MY PAIN - TancrediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora