CAPITOLO 32 - Tancredi

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So che Nives si è sentita a disagio, con mia madre. Non ha toccato nemmeno il caffè. Per un momento, l'ho vista isolarsi completamente da tutto e da tutti. Stava pensando a sua madre e al rapporto che, evidentemente, non hanno mai avuto.

- Forse sono stata invadente? -

- No, no. - accarezzo il braccio di mia madre, seduta accanto a me sul divano. - Non sta attraversando un bel momento con la sua famiglia. -

- Brando mi ha raccontato qualcosa, di una coppia che ve ne ha dette di tutti i colori. -

- Solo la donna, in realtà. La signora Scott. -

- Quindi erano i suoi genitori. -

- Sì. Sua madre... - esito. Ma devo parlarne con qualcuno. So che mia madre saprebbe darmi i consigli giusti. O comunque schiarirmi le idee. - Prometti di non dirle nulla, nemmeno per sbaglio. -

- Che succede, Tan? -

- Promettilo. -

- Te lo prometto. Ora parla, però. -

- Mentre ero in Thailandia, la madre di Nives è entrata in casa mia. Lei era lì. -

- Ha aperto Nives? Non capisco. -

- No. - scuoto con decisione la testa. - Aveva le chiavi. Ho dovuto far cambiare tutte le serrature. -

- Ma cosa... - sbatte le palpebre, sconvolta. - Come faceva ad averle, scusa? -

- Riccardo. -

- Sono in contatto? -

- Non solo. Riccardo li mantiene. Fa il buon samaritano con loro, ma sta uccidendo il padre di Nives, Henry. -

- Lo hai conosciuto di persona? -

- Sì... - abbasso lo sguardo. - Mi ha ricordato papà. -

- Davvero? -

- I suoi occhi, soprattutto. Quell'uomo è buono, mamma. Davvero. Ma non ha diritto di parola. Si sente un fallito, per colpa di Riccardo e, anche se non lo ha ammesso chiaramente, c'entra anche sua moglie. Ha detto di star aspettando la tomba, capisci? Io mi sono sentito così, quando ero a Torino. -

- Ci sono tante cose di Torino che non mi hai detto. -

- Sono cose brutte, non serve raccontarle. -

- Ma io sono tua madre. Ho visto in che condizioni eri ridotto, quando sei tornato a Palermo. Ti sei nascosto nel lavoro e hai smesso completamente di avere una vita. I rumori forti ti mettevano a disagio, vedevo il panico perenne nei tuoi occhi. -

Mi vergogno. Se ne è accorta, ma non mi ha mai chiesto nulla. Non ha mai fatto domande, per non riaccendere quel dolore. - Mi dispiace... -

- Dispiace a me, Tancredi. - si mette una mano sul cuore. - A me. Hai capito? A me. Perché non sono stata in grado di proteggere mio figlio. Tuo padre non poteva, ma io sì. Io avrei dovuto capire. Avrei dovuto impedirti di sposare quella donna, anche a costo di farti soffrire. E farò di tutto, adesso, per costringerla a firmare il divorzio. Devi liberarti di lei. Tutti dobbiamo liberarci di lei. E di Riccardo Costa. Ho visto gli occhi di Nives, quando le ho detto che sapevo quello che le aveva fatto. Si toccava i polsi. - ma ora sono i suoi occhi a riempirsi di lacrime. - Lo vedo che è una brava ragazza. Ma non posso sopportare il dolore che ho letto in quello sguardo. Non la conosco, di lei so solo quello che mi raccontava Gemma, la zia di Riccardo. E sì, ero sua amica, ma solo perché lei poteva dirmi qualcosa su di te. -

Ora capisco meglio.

- Gemma diceva che Nives era pazza, che si faceva del male solo per attirare l'attenzione. Che Riccardo le aveva pagato gli studi, che l'aveva addirittura raccomandata in uno dei migliori ospedali del Piemonte, ma che lei aveva rifiutato perché voleva fare la mantenuta. -

HEAL MY PAIN - TancrediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora